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Battiamoli nelle urne

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Che la si chiami salita in politica o discesa in campo, la scelta di Monti di candidarsi a leader della neonata coalizione centrista scioglie le ambiguità politiche della sua premiership.

Avevamo detto (http://italia2013.org/2011/11/16/transizione-o-rottura/#more-1809) che il governo Monti era per alcuni la strada necessaria per perseguire la transizione postberlusconiana, per altri l’incubatore di un progetto politico: la costruzione di una destra “perbene”, credibile nello scenario internazionale e capace di rassicurare i mercati e di cambiare tutto per non cambiare nulla del trentennio neo-liberista finito con la crisi economica e finanziaria del 2008.

Tempi, modi e parole dello schierarsi di Monti hanno reso chiara la natura del suo progetto politico: contro la sinistra europea, contro Bersani, prima ancora che contro Vendola e la Cgil (che pure e impunemente si dichiara di voler tacitare, nella migliore tradizione autoritaria delle elites italiane). Scrive Emanuele Macaluso su l’Unità di lunedì 7 gennaio: “Monti ha fatto la scelta centrista dopo un’aperta sollecitazione del Ppe, interessato a ripulire la sua immagine in Italia imbrattata da Berlusconi”. Una scelta di campo, per competere con il Partito socialista europeo e con la possibilità che un suo leader vinca le elezioni di febbraio e governi questo paese, magari in sintonia con Hollande e con le altre forze della sinistra interessate a ripensare le politiche europee. Il progetto politico è far fallire questa concreta possibilità aperta oggi in Italia grazie a una coalizione, Italia Bene Comune, che i sondaggi danno in crescita e vincente.

Dice bene ancora Macaluso “Non ricordo una coalizione “centrista”, “moderata”, addirittura “degasperiana” che partecipasse alle elezioni non per governare ma per non far governare“. Non far governare e non far scegliere. Destra e sinistra sono superate. L’unica strada è quella già segnata, non ci sono visioni che si contrappongono e chiedono di essere votate dagli elettori. La crisi economica ha messo fine a tutto ciò, c’è un’unica strada, e guai a lasciarla, pena il tradimento della patria. Questo mix di vocazione centrista e idolatria tecnocratica è oggi Monti. Forte del fallimento della destra populista del nostro paese e dell’erosione che ha compiuto della democrazia e delle istituzioni pubbliche, Monti agisce anche la leva populista (“abbasserò le tasse”) per perseguire il suo scopo, depotenziare la politica e rendersi indispensabile per il governo .

Barbara Spinelli lo ha chiamato Fattore P (http://www.repubblica.it/politica/2012/11/17/news/fatto_p_re_negligenti-46821322/), il fattore politica, da escludere per lasciare spazio alla preminenza dei tecnici.

Tutto questo è in gioco nelle prossime elezioni: tornare a essere noi, cittadine e cittadini italiani, i decisori politici. Per farlo abbiamo bisogno di rappresentanti non affetti da nolitio, non-volontà (ancora Barbara Spinelli), ma decisi a governare e a rompere l’autoreferenzialità e il trasformismo delle classi dirigenti di questo paese. Abbiamo bisogno di nuove classi dirigenti, di uomini e donne decisi a governare sulla base di un’idea di giustizia sociale, di libertà e diritti delle persone. Il centrosinistra ha un popolo da far vincere, quello che ha partecipato alle primarie di novembre, ma assai più ampiamente quello che ha vinto i referendum sull’acqua pubblica e il nucleare, quello che ha sconfitto la destra nella sua (ex) roccaforte milanese, quello che ha denunciato lo scambio berlusconiano tra sesso e potere, quello che lotta per il posto di lavoro e contro la precarietà, per la scuola e l’università pubblica, per la cultura come investimento, per i diritti civili, per la dignità dell’Italia, per un’Europa più giusta.

Una nuova destra, elitaria e tecnocratica, suadente ed educata si propone come indispensabile per l’Italia del dopo Berlusconi: battiamoli nelle urne.

Cecilia D’Elia

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