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Lunedì, 5 ottobre 2015

Afghanistan, dove la guerra è infinita

msf

Nato per uccidere: questo è il commento al vetriolo con cui il Manifesto ha pubblicato in prima pagina la fotografia dei bombardamenti dell’Alleanza Atlantica sull’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz, città del Nord Afghanistan, vicino all’Iran. La città di Kunduz, strategica per le comunicazioni con l’Asia centrale e per il potenziale agricolo di cui gode, è stata conquistata nei giorni scorsi dai talebani, che hanno via via preso il controllo dell’ospedale e degli edifici del Consiglio provinciale, dei servizi segreti (Nds), dell’Alto consiglio per la pace e della rappresentanza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) e di altro ancora, comprese alcune banche private. Insomma molti dei punti nevralgici della città.

E’ la prima volta dal 2001 che i talebani conquistano Kunduz, e ciò è avvenuto contro tutte le prevalenti previsioni di duratura stabilizzazione di quella parte dell’Afghanistan che l’Amministrazione statunitense e i comandi Nato da tempo diffondevano.

L’espressione “Nato per uccidere” è stata usata altre volte dal Manifesto, a commento di vicende analoghe: i cosiddetti, secondo il cinico lessico militare, danni collaterali. Per quel che personalmente ricordo, l’espressione non è mai sta usata a sproposito dal giornale e certamente, mai come in questa occasione, quel “Nato per uccidere” è del tutto pertinente. Sono chiamati senza vergogna danni collaterali le uccisioni di civili inermi, spesso creature indifese e donne con loro. La scusa è sempre stata che talebani e terroristi di ogni scuola e di ogni luogo si nascondano tra i civili, se ne facciano scudo e nel tentativo di snidarli – spiegano gli esperti militari – può verificarsi un errore di valutazione del dove sparare. Il carattere pretestuoso della spiegazione è stato in passato sempre evidente ma in questo caso appare addirittura provocatorio. Il giudizio dell’Onu è stato severissimo: crimine di guerra l’ha definito nel suo comunicato. L’ospedale di MSF, dicono gli addetti ai lavori, è notissimo nell’intera zona. Da un anno inaugurato, lavora a pieno ritmo, offrendo assistenza a una vasta fetta di popolazione. Come sempre, in zone disastrate dalla guerra, i bambini e le bambine rappresentano una parte importante degli assistiti e come sempre ancora una volta i bambini sono stati le vittime predestinate. Nel bombardamento infatti, dei dodici pazienti uccisi, tre erano bambini, uccisi insieme anche a sette tra medici e infermieri. Poi ci sono, come sempre, i feriti e i dispersi.

La pretestuosità della spiegazione, la falsità delle scuse della Nato, la complicità mediatica di troppe voci occidentali, non hanno bisogno di grandi spiegazioni. Nell’era satellitare del penetrante e pervasivo controllo globale, offrire al mondo la spiegazione che si è trattato di sbaglio è il frutto del perverso combinato disposto di cinismo e crudeltà, di cui si nutrono le guerre che abbiamo ereditato dall’avventura imperiale di George W. Bush, che i comandi militari brandiscono come destino ineluttabile, per la sicurezza dell’Occidente, e che lo stesso presidente Obama non ha saputo, potuto, voluto disinnescare. Il bombardamento contro l’ospedale è andato avanti per più di un’ora e, denuncia Medici Senza Frontiere, tutti sapevano l’ubicazione della struttura ospedaliera – erano state fornite tempestivamente le coordinate Gps – e l’ospedale ha disperatamente continuato a segnalare quello che stava accadendo . C’erano terroristi nascosti nell’ospedale, si sono affrettati a sostenere le autorità afghane della Provincia, mentre la versione americana lascia in sospeso la questione della presenza di terroristi e, per bocca del segretario alla Difesa la Casa Bianca, annuncia l’apertura di un’indagine. La spiegazione dell’errore – forse così pensano gli strateghi del Pentagono – si può in qualche modo sostenere se si lascia perdere la questione della presenza di terroristi nascosti, che renderebbe evidente l’ipotesi di un atto deliberato da parte della Nato. Questa è il convincimento del direttore di MSF Italia Gabriele Eminente, che ne parla senza fronzoli né eufemismi al Manifesto. Tutti sapevano tutto perché comunichiamo tutto, è la nostra prassi ed è la condizione fondamentale per potere lavorare secondo i nostri criteri.

Ma occorre andare al cuore della questione geopolitica che il bombardamento su Kunduz mette in evidenza. Quella questione infatti mette in chiaro il perdurare di un incerto destino per l’Afghanistan. C’è da ricordare l’ininterrotta sequela di tentativi da parte dei talebani di riprendersi le roccaforti da cui erano stati cacciati dalla guerra di Bush e a cui hanno cercato continuante di ritornare, con le loro campagne di primavera, quando la stagione cambia, le nevi si sciolgono e diventano agibili gli scoscesi percorsi dell’Hindu Kush . La conquista di Kunduz da parte talebana, per la posizione geografica della città, per le sue dimensioni, per il peso strategico che tutto questo comporta, ha assunto un enorme significato simbolico, oltre che politico-militare. La Nato non può arretrare e gli Usa non possono permettere che la Nato arretri, perché sull’Afghanistan si è giocato, a un certo punto della guerra, il rilancio dell’Alleanza atlantica, il ridisegno del suo profilo strategico, dopo la fine della geopolitica di Yalta e l’evidenza che si sarebbe dovuta chiudere una partita durata tutto il tempo che è durata. Troppo.

E invece no. La Nato, nei vari summit che si sono succeduto negli ultimi quindici anni, ha continuamente cercato di affinare un nuovo concetto strategico per giustificare la sua esistenza. Attore globale, nelle strategie globali di Washington, e attore con ruolo di supplente politico-militare dell’inesistente politica estera e di difesa dell’Europa.

Per questo, nel lontano 2003, a due anni dall’inizio della guerra di Bush e complici le mille difficoltà incontrate della missione Enduring Freedom, la Nato fece la sua comparsa in Afghanistan e sta ancora là. Storia infinita come infinite sono le difficoltà a imporre una stabilizzazione duratura al Paese e come infiniti rischiano di essere ancora i danni collaterali. La provincia di Kunduz, dal 2003 al 2013, fu sotto il controllo della Germania, come Herat, per esempio, dell’Italia. Anche per questo la Nato non può arretrare, perché significherebbe coinvolgere nella disfatta gli alleati europei.

Le cronache ci informano che per la prima volta da quando Obama ha deciso il ritiro quasi totale delle sue truppe da quella zona, la U.S. Air Force ha ricominciato a giocare proprio là un ruolo di primo piano.

Insomma à la guerre comme à la guerre. Con tutti i prevedibili danni collaterali e nel perdurare del silenzio da parte di chi finge ancora di non capire che molti dei disastri attuali, che destano in Europa panico e insicurezza hanno avuto tra le impervie montagne afghane il loro incipit.

Commenti

  • leopoldo

    Ma qual’è la linea di politica estera di SEL? Cosa diciamo riguardo ai cambiamenti dei scenari di guerra sul suolo siriano? Abbiamo una conoscenza degli accordi dietro le quinte tra Obama e Putin? E qual’è la nostra posizione, dopo la ripresa delle rappresaglie israeliane contro Gaza, a fronte della mozione del governo italiano che votammo favorevolmente in parlamento sul contenzioso israeliano-palestinese? Siamo favorevoli o contrari al superamento della NATO, diventata ormai una struttura militare anacronistica da guerra fredda, che crea solo tensioni per sopravvivere?