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Martedì, 13 dicembre 2016

Annalisa Pannarale: Lavoro e precarietà non sono stati neanche citati nelle sue linee programmatiche

Parlamento, stipendi più alti d'Europa

L’intervento in aula della parlamentare di Sinistra Italiana/Sel durante il voto di fiducia al governo Gentiloni
Grazie, Presidente. Presidente Gentiloni, signore e signori del Governo, ci saremmo aspettati una qualche severità verso se stessi, un po’ di umiltà o, almeno, di buonsenso. Ci saremmo aspettati che qualcuno di voi avesse avvertito quello scossone potente che questo Paese ha dato alla politica e al Governo con il voto referendario, un voto profondamente politico, sociale, generazionale; un voto marcatamente segnato dal disagio in tutte le sue forme, in tutte le sue età, in tutti gli angoli di questo Paese.
Oggi guardo ai banchi del Governo – di un Governo nuovo nato già vecchio – e mi sembra che manchino completamente gli occhi per vedere questo disagio, per vederne quella reazione rabbiosa che ha saputo trasformarsi in una grande opposizione democratica e costituente. Ho ascoltato con attenzione ogni sua parola, Presidente Gentiloni, nella speranza di rintracciare una soluzione esplicita di responsabilità, uno sforzo di giudizio critico sul proprio operato, ma l’autocritica, si sa, è esercizio rivoluzionario.
Oggi, invece, siamo davanti alla rimozione di tutto quel terreno di sofferenze e di precarietà che è stato allargato e definito dalle politiche antisociali del Governo Renzi. Lavoro e precarietà non sono stati neanche citati nelle sue linee programmatiche, come se fosse possibile ignorare il voto di una così grande moltitudine di persone. È cambiato lo stile, certo, Presidente, indubbiamente (un approccio meno arrogante, meno autocentrato), ma cosa cambia di indirizzi politici fallimentari che hanno sottratto diritti e moltiplicato disuguaglianza ? Dov’è quello scarto capace di farsi carico di responsabilità così gravi ? Il suo Governo, Presidente Gentiloni, è una risposta sorda e sbagliata. La riconferma nei Ministeri degli stessi autori delle riforme più invasive del Governo Renzi appare un insulto ad un esercizio costituzionale così importante come il voto di milioni di persone a tutela della Carta costituzionale, della propria sovranità, del diritto a decidere del proprio futuro.
Non più tardi di ieri i dati ufficiali del Ministero del lavoro hanno certificato il fallimento del Jobs Act: quasi il 19 per cento di contratti a tempo indeterminato in meno nell’ultimo trimestre del 2016, rispetto al trimestre dell’anno precedente. Lo avevamo detto: con la fine degli incentivi si sarebbe sgonfiato il mercato drogato dei nuovi contratti. Persino l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con contratto di collaborazione non è stata confermata per il 2017. Presidente Gentiloni, la riconferma del Ministro Poletti è la sua dignitosa risposta ai precari e agli sfruttati dei voucher ? Ha parlato di green economy, ma questo capitolo, che noi consideriamo strategico per il futuro sostenibile del nostro Paese, pensa davvero di scriverlo con quello stesso Ministro dell’ambiente che in questi mesi ha continuato a firmare autorizzazioni alle compagnie petrolifere per trivellare i nostri mari e la qualità del nostro territorio ? Ha citato la Costituzione come bussola che guiderebbe il nuovo Governo, eppure tra i banchi del Governo siede ancora chi, mettendo la sua prima firma sulla riforma costituzionale appena bocciata, ha tentato un attacco senza precedenti alla Costituzione, trasformandola in un campo militare di lacerazione velenosa del Paese.
O la Ministra Madia, che ha appena conquistato l’incostituzionalità della Corte con la sua riforma che privatizza tutti i servizi sociali !
Non avete cambiato nulla, perché rivendicate tutte le politiche che hanno impoverito il Paese e legalizzato lo sfruttamento moderno del lavoro. In realtà una pedina l’avete modificata, la Ministra del MIUR. Bene, Presidente, forse avete compreso la rabbia e la mortificazione che avete seminato nel mondo della scuola, però non basta cambiare la Ministra se poi si decide di non spendere una sola parola sulla scuola, sul mondo universitario, sul diritto allo studio, sullo smantellamento della ricerca pubblica. Non esiste futuro possibile se il sistema scolastico ed universitario continuano ad essere marginalizzati, ma nelle sue priorità programmatiche di questa mattina, Presidente, non abbiamo trovato traccia di tutto questo, e questo è un po’ folle. La legge n. 107, la riforma che avete sarcasticamente chiamato «Buona scuola», è quella che ha definito per legge la precarizzazione della figura del docente, che ha negato la libertà costituzionale di insegnamento ed è quella che continua a tenere nell’immobilità migliaia di insegnanti precari. Non ho sentito nulla sulla crisi profonda del nostro sistema universitario, che in dieci anni ha visto il Fondo di finanziamento ordinario ridursi del 22 per cento, le immatricolazioni calare del 20 per cento, il personale docente ridursi del 17 per cento ! Nulla sulla sottrazione permanente di risorse per la ricerca ! E in questo quadro generale così preoccupante, la situazione nel Mezzogiorno è ancora più pesante. Saremo vigili, molto vigili, con la nuova ministra Fedeli, che avrà il dovere di cambiare radicalmente passo. Lo deve agli studenti, lo deve ai docenti umiliati, lo deve ai ricercatori ancora e troppo dimenticati.
Avete scelto in realtà di risolvere una crisi di palazzo – questo è stato – dimenticandovi della crisi vera, quella del Paese reale. Ma questo Paese, pur sofferente, è vivo, vigile, reattivo. Quei 20 milioni di «no» hanno chiesto la restituzione di un Paese nel quale il popolo torni ad essere sovrano, torni ad essere controllore della democrazia. Allora, Presidente Gentiloni, se le politiche restano le stesse, si faccia almeno garante dell’autonomia del Parlamento, dell’urgenza di ridare rappresentatività alle istituzioni. Continueremo a pretendere politiche nuove, differenti, e continueremo con attenzione e saggezza alla stesura di una legge elettorale che possa finalmente ridare rappresentanza e sovranità a questo Paese reale attraverso le elezioni. La strada è questa; quella invece scelta da lei, Presidente, e da questo Governo è quella più corta e sbagliata.