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Venerdì, 27 giugno 2014

Cambiare l’Europa e l’Italia: la strada non è semplice e tanto meno la più facile. Ma ne vale la pena

“Flessibilità interpretativa”. Stamattina ad Agorà, con questo titolo Debora Serracchiani cercava di spiegare con enfasi il grande risultato che secondo lei avrebbe ottenuto Renzi nelle trattative europee. Risultato che Renzi rivendica in conferenza stampa come un cambiamento epocale, citando più volte la parola “crescita” come novità del summit.

Peccato che la parola “crescita” non sia una novità, essendo obbiettivo previsto dai trattati europei. Gli stessi che rimangono intatti e che la impediscono. Peccato che non sia cambiato niente e e che quella “flessibilità interpretativa” del patto di stabilità e dei vincoli non corrisponda a niente di quanto sbandierato in campagna elettorale (il 19 marzo Renzi definì il vincolo del 3% “anacronistico”, conducendo poi la campagna elettorale all’insegna dell’Europa dei burocrati cattivi “da cambiare”).

“La flessibilità interpretativa” è già prevista dal Patto di Stabilità e dai vincoli europei. Non c’è niente di nuovo, non si modifica niente e Renzi non ha ottenuto niente. Si tratta solo di agire tra le maglie di un quadro già stabilito (come stabilisce il documento approvato), in cui si chiede con il cappello in mano alla signora Merkel di darci la possibilità di muoversi tra gli spiragli aperti e previsti da questi vincoli terribili che hanno causato 7 milioni di disoccupati in più negli ultimi 6 anni in Europa (solo per citare un dato). In pratica, stiamo chiedendo il permesso alla cancelliera di fare qualcosa che è già previsto.

Inoltre, la “grande rivoluzione” riguarderebbe, al momento e come detto dal Premier in conferenza stampa, essenzialmente due cose. La possibilità della pubblica amministrazione di saldare i propri debiti e il cofinanziamento dei fondi europei. Ossigeno, per carità, ma niente di più. Sono interventi congiunturali, non all’altezza di un quadro drammatico e che ha invece bisogno di investimenti strutturali che i trattati e i vincoli impediscono. Questi dovevano essere esenti dai vincoli: gli investimenti in infrastrutture, un piano per la conversione ecologica dell’economia e uno per il lavoro che contrasti la disoccupazione giovanile. Cioè, investimenti che potrebbero invertire il segno della crisi.

Una volta ancora, quindi, il titolo offusca il racconto.

“C’è un’Europa da cambiare” aveva detto Matteo Renzi. E aveva ragione. Peccato che l’Europa oggi non sia cambiata, che nessun trattato e nessuna politica di austerity sia stata messa in discussione, che Juncker, esponente del Partito Popolare, sia diventato Presidente della Commissione europea e tornino in voga nomi vetusti come Enrico Letta. Emblemi delle politiche di questi anni e che mai hanno messo in discussione.

Qui stanno le ragioni della sinistra, anche alla luce di quanto successo in questi giorni. Non si tratta semplicemente di svelare l’inganno di una speranza evocata ma che, purtroppo, non ha niente di reale. Le ragioni oggi della sinistra stanno piuttosto nel costruire, con tenacia e coraggio, il pensiero forte dell’alternativa possibile, italiana ed europea. Sapendo che non ci salverà uno slogan, che un posto di lavoro non lo creerà una battuta, che non basterà una slide per togliere una generazione dalla precarietà, che la forma non sostituisce la sostanza e che presto tutto questo verrà percepito dalla carne nuda delle persone. Da quelle che avevano riposto fiducia in Renzi a coloro che non hanno votato. Che poi sono il 40%, non quisquilie.

La strada non è semplice e tanto meno la più facile. Ma ne vale la pena, una volta ancora.

Commenti

  • massimo

    Sono felice di averti votato.

  • francesco

    La Bilderberg continua a imperare nel segno di Renzi e del “centrosinistra” italico.
    Chi si attarda a cercare interlocuzioni in quell’area politica intesa come “campo largo della sinistra” non fa che avallare il cinico disegno dei potentati economici europei a scapito delle masse popolari

  • claudio

    Eccola qui la “sinistra italiana”, sperare nela fallimento degli altri per avere una chance. Di ciò che viene fatto di positivo dagli altri, non potendo negare l’evidenza si sostiene che si tratta di “Ossigeno, per carità, ma niente di più” e che serve sempre qualcos’altro. Certamente serve anche altro ma se ce ne fossero state di più di boccate di ossigeno forse questo paese sarebbe messo meno male.
    Fatti e non parole, solo così la sinistra può ri-conquistare credibilità e consneso. Ma di fatti non se ne vedono e le sue, Furfaro (come quelle di Vendola e Frantoianni) sono solo parole, in buona parte condivisibili (e che condivido) ma solo parole e niente più.
    Ed a chiacchiere oramai stiamo a zero.
    Cordialmente

  • francesco

    Oggi 28 giugno, manifestazione a Roma contro i “Trattati e i diktat dell’Unione Europea”.
    I soggetti che hanno aderito sono i seguenti: USB, il Sindacato è un’altra cosa/cgil, Ross@, Forum dei Movimenti per l’acqua pubblica, militanti del Movimento No Tav, Alba nazionale e nodo di Roma, Movimento Immigrati e Rifugiati, Rete No War, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito dei Comunisti Italiani, Partito della Rifondazione Comunista, Rete dei Comunisti, Sinistra Anticapitalista, Carc, Piattaforma Comunista, Comunisti Adesso, Collettivo Palestina Rossa.
    Praticamente in piazza scende tutta la galassia della sinistra antagonista.
    Unica assente Sel.

  • Daniele

    Purtroppo i fatti di RenziPd sono questi e sono fortemente dubitativo che servano realmente al nostro Paese. Da qui a poco quel quasi 40,80% che l’ha votato, forse (e SOTTOLINEO forse) se ne accorgerà… oppure continuerà a dormire il sonno dei “giusti” (roooooooooooooooonf… :( )
    In attesa della prossima (TTIP-huge-)fregatura.

  • rino malinconico

    Quello che vorrei

    di Rino Malinconico

    Io che ho votato la lista Tsipras, e che ho provato a convincere altri a farlo, in qualche caso forse riuscendovi, vorrei stavolta che le cose andassero come è giusto che vadano.

    Vorrei, cioè, che nessuno avocasse a sé il risultato, né Rifondazione, né Sel, né il partito dei professori, né il partito della sinistra dispersa. Il piccolo risultato raggiunto è da ascrivere, infatti, a tutti: ma proprio in quanto “tutti”. Se non si fosse proceduto tutti assieme, e se non fosse stato percepito che stavolta si trattava appunto di un “tutti-assieme”, è pressoché sicuro che non avremmo avuto 1.100.000 e passa persone disposte a votare una lista di sinistra-sinistra.

    Vorrei anche che gli eletti si sentissero costantemente espressione di tutti gli elettori e le elettrici della lista, mettendo in mora, nel loro ruolo di rappresentanza istituzionale, le proprie legittime convinzioni, e soprattutto le loro legittime affiliazioni culturali e organizzative.

    Vorrei anche che continuassero a vivere i comitati territoriali della lista, e che anzi si moltiplicassero, in modo che dalla Altra Europa si passi all’Altra Italia, alla Altra Campania, Altro Veneto, Altra Toscana, Altra Milano, Altra Bologna, e via dicendo, chiamando a partecipare tutti coloro che si sono riconosciuti attivamente nella lista, o che comunque sono disponibili a muoversi nella direzione delineata dal programma della “sinistra europea”.

    E vorrei che in questi comitati nessuno entrasse con “vincoli di mandato” ma esattamente come specifica persona, e che si operasse senza logiche correntizie e preconcette.

    Penso anche che l’insieme dei comitati abbia bisogno di un punto di coordinamento nazionale, e io vorrei che questo coordinamento fosse costituito, per tutta questa prima fase, esclusivamente dai 73 candidati delle elezioni europee.

    Vorrei, infine, che le questioni politiche decisive (tra queste anche la partecipazione dell’Altra Europa alle elezioni regionali prossime venture) venissero discusse sempre in modo pacato, senza anatemi ed invettive, considerando legittime, in partenza, tutte le ipotesi operative. E che alla fine si decidesse nella maniera più democratica possibile, sulla base di una consultazione generale aperta a tutti i comitati, e però con una sintesi politico-organizzativa affidata al coordinamento nazionale.

    Vorrei anche che si cogliesse appieno come il combinato-disposto costituito dal successo elettorale degli euroscettici e dal tendenziale superamento della crisi economica a scala globale determini, oggi, un reale indebolimento della logica della austerità e della pressione sui bilanci statali da parte della Germania. La qual cosa apre uno spazio obiettivo anche alla spinta per cambiare le politiche europee in direzione del lavoro e dei diritti.

    Le battaglie per il lavoro e per i diritti a scala europea implicano che vengano messe in primo piano alcune delle proposte già presentate durante la campagna elettorale, in particolare sulla innovazione ecosostenibile delle produzioni, sulla valorizzazione delle vocazioni produttive territoriali e sulla attivazione delle politiche di solidarietà sociale; implicano, soprattutto, che i ragionamenti sull’Europa e i ragionamenti sull’Italia vadano di pari passo, e che al centro dell’iniziativa politica della sinistra-sinistra ci sia costantemente il vivere quotidiano delle persone.

    Ovviamente, qui in Italia, soprattutto in questo periodo, i comitati per l’Altra Italia sono chiamati a dire la loro anche sulla questione degli assetti istituzionali e del cosiddetto “capitolo delle riforme”. A tal proposito, io vorrei che bandissimo ogni tono apocalittico: nel senso che una architettura istituzionale vale l’altra se viene comunque garantita la pluralità della rappresentanza delle idee e delle culture politiche. Il che significa che il vero nodo dirimente, per noi, non può che essere la questione della soglia di sbarramento della ventilata legge elettorale del governo.

    C’è certamente anche un problema di architettura istituzionale; e se fossimo a sessant’anni o settant’anni fa, appena usciti da una vile dittatura e da una guerra scellerata, il bicameralismo perfetto dovremmo sostenerlo nella maniera più convinta e assoluta. C’era soprattutto una infida macchina dello Stato, corposamente segnata dal fascismo, di cui era giusto diffidare. In quel contesto, la logica del bicameralismo perfetto, e delle leggi attentamente ponderate due volte, acquistava una decisiva pregnanza democratica.

    Ma ora, a sessanta, settant’anni di distanza, quando la generale moltiplicazione delle assemblee elettive (dai consigli regionali alle municipalità dei grandi centri urbani) si è ampiamente tradotta in moltiplicazione di caste e sottocaste; ora che la stessa doppia discussione sui provvedimenti di legge è andata definendosi, nel tempo, come intreccio inestricabile di mercanteggiamento e manovre di palazzo; ora che la politica, attraverso la moltiplicazione di enti e sottoenti, è divenuta molto più un mestiere che una passione; ora che, insomma, noi siamo al punto in cui siamo, io vorrei proprio che i comitati per l’Altra Italia evitassero di impegolarsi sulla questione, costitutivamente ambigua e scivolosa, delle architetture istituzionali, e che badassero invece all’essenziale: appunto l’abolizione delle soglie per la rappresentanza, e l’attenuazione quanto più possibile del maggioritario nel sistema elettorale.

    E che badassero anche a un equilibrio tra poteri locali e potere centrale non aprioristicamente indirizzato a favore dei poteri locali. Succede sovente, infatti, che quanto più vicine sono ai cittadini, tanto più le istituzioni tendono a divenire arbitrarie, arroganti, ed in ultima analisi oppressive.

    E la chiudo qui, per ora, con quello che vorrei.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    “Se non si fosse proceduto tutti assieme, e se non fosse stato percepito
    che stavolta si trattava appunto di un “tutti-assieme”, è pressoché
    sicuro che non avremmo avuto 1.100.000 e passa persone disposte a votare
    una lista di sinistra-sinistra.”
    Eh no, bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Alle elezioni del 2013, Sel da sola prese 1.089.231 voti solo in Italia. Quindi, i voti della lista Tsipras sono venuti praticamente tutti da Sel, imbarcare i comunisti ma sopratutto la cosiddetta società civile è stato un grosso errore. I voti non sono aumentati di un’unghia, in compenso ci hanno fregato la totalità dei seggi.

  • francesco

    Non sai quello che dici. Per la cronaca la comunista Eleonora Forenza è stata eletta prendendo più voti del candidato di Sel proprio in Puglia, dove governa Nichi Vendola.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    I numeri sono lì che parlano, non c’è nulla da aggiungere.

  • francesco

    C’è da aggiungere che Sel (oggi a uno scarso 2%) ha dilapidato un patrimonio di voti intorno all’8%, grazie al ruolo di ruota di scorta del PD, e alla genuflessione dei suoi dirigenti (nessuno escluso) nei confronti del cosiddetto “centrosinistra”, Cavallo di Troia dei potentati economici.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Non so a quale patrimonio ti riferisca, le prime elezioni politiche a cui Sel ha partecipato sono quelle dell’anno scorso. Sta il dato di fatto che l’allargamento ai partiti comunisti e alla società civile non ha portato il becco di un voto. Il 3,5-4% attuale (che non è uno scarso 2%) sono tutti (o quasi) voti di Sel, i numeri sono di una chiarezza disarmante.

  • francesco

    E’ disarmante la mancanza di consapevolezza del terremoto in corso a sinistra, e sopratutto in Sel…