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Giovedì, 9 giugno 2016

Cari compagni, prendiamo esempio dal sindaco Zedda

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Una sinistra capace di riflettere sul suo stato presente e sulle prospettive di domani dovrebbe tessere l’elogio politico di Massimo Zedda e delle donne e gli uomini della coalizione vasta che con lui, e attorno a lui, hanno rivinto a Cagliari al primo turno. Quel voto non ci consegna una formula alchemica, ma un dato di fatto, tutto politico, da cui partire e su cui occorre con urgenza tornare a ragionare. Un’alleanza ampia e plurale, dentro la quale ogni singola forza politica, col proprio autonomo profilo, dal Partito Democratico al Partito Sardo d’Azione alla Sinistra, trae un proprio incremento e lo mette a disposizione della coalizione.

Un’alleanza che si fa strumento di un’idea innovativa della città, dalla solidarietà sociale alla sostenibilità territoriale, fino alla concezione inedita di welfare urbano verso le fasce sociali più deboli ed esposte alla crisi, che morde il sud e la Sardegna ancor più che nel resto del paese. Ingredienti che portano a vincere, surclassando la destra e tenendo i 5 Stelle sotto le due cifre. Possiamo considerare tutto questo un caso e non piuttosto un insegnamento?

Viceversa, viene dato per scontato un risultato, e prima ancora un percorso, che va controcorrente rispetto alla situazione di stallo in cui si trovano tante città andate al voto e che riflette sulle amministrazioni locali, in maniera quasi ovunque negativa, le tendenze della politica nazionale. Politica nazionale che esce da questo voto amministrativo con una avviata, ancorché faticosa, riaggregazione della destra; con l’exploit, non solo di forte valenza simbolica, dei 5 Stelle a Roma e a Torino; con la netta battuta d’arresto del Partito Democratico e con una Sinistra che, come già alle elezioni europee, resta sospesa a metà di un percorso incompiuto tanto sul piano politico quanto su quello elettorale.

Possiamo partire da qui per ragionare attorno alle strategie politiche – e dunque al profilo di società – che possono disegnare il volto dell’Italia dei prossimi anni, il suo ruolo, determinante o marginale, nella complicata scommessa di ripensare a una nuova e diversa Europa? O consideriamo ineluttabile una contesa che, anche per effetto di una legge elettorale troppo debole nei pesi e contrappesi democratici, si giochi tra un “partito della nazione” allo stato già in difficoltà e un Movimento 5 Stelle in continua ascesa, con una destra che può scartare di lato e tornare egemone? Una destra xenofoba che, sia detto chiaramente, non deve vederci a casa nei ballottaggi in cui può conquistare le città.

Ma sono davvero questi gli equilibri politici in grado di dare non dico reale cambiamento, ma neppure stabilità ad un Paese che vive ormai da un decennio dentro una sofferenza sociale crescente e ancora non intravvede una via praticabile di sviluppo sostenibile? Cosa impedisce a forze responsabili, a gruppi dirigenti avveduti, di mettere a tema il capitolo del centrosinistra come prospettiva politica da imbastire e nel paese, proprio a partire dai chiaroscuri del voto amministrativo?

So bene che non si tratta semplicemente di ritessere il filo spezzato a ridosso del voto politico del 2013. Come so bene che vi è stato un peso diverso delle responsabilità e delle scelte, che dunque non metto indistintamente sullo stesso piano. Mi chiedo tuttavia sulla base di quale riflessione profonda, critica e analitica, si sia finito per azzerare per il futuro del paese una prospettiva che è ben più radicata nella coscienza politica e sociale di una parte consistente del paese di quanto non sia nelle corde della classe dirigente che oggi la rappresenta. E’ del tutto naturale che aprire questo capitolo significa non solo avere come obiettivo un nuovo quadro di alleanze ma, prima ancora, tornare sui nodi stringenti dell’agenda del paese. E quei nodi si discutono, col metro di misura dell’autonomia di ciascuno, non solo dentro il recinto dei partiti, ma nel corpo ampio della società, con interlocutori imprescindibili come il sindacato, l’associazionismo diffuso, le realtà cattoliche più aperte al sociale, dentro il nuovo magistero di Francesco.

Non ne deriverebbe una rivitalizzazione democratica del campo oggi disperso e frantumato del centrosinistra, un riavvicinamento tra politica e società, un’iniezione di speranza per chi l’ha perduta e si mette in disparte? Vorrei che, argomenti sul tavolo, mi si dicesse che no, che la strada è segnata e va da tutt’altra parte, per quelli come me che sentono il bisogno di dare vita a una sinistra autonoma, ancorata fortemente al mondo del lavoro e dell’ambiente, per quelli del PD che tracciano il perimetro della loro autosufficienza politica come risposta da dare al paese, per quelli, tanti, che non stando né con gli uni né con gli altri, finiscono per non avere rappresentanza alcuna. Ma vorrei anche che se ne discutesse a fondo, prima di dare una risposta ultimativa. E se da una simile discussione emergesse una possibilità, vorrei infine che si avesse il coraggio, la stoffa, la reciproca lealtà di praticarla.

Commenti

  • claudio

    Condivido la riflessione e l’interrogativo che Ferrara pone, mi permetto solo di far notare a Lui ed a chi legge che “quelli del PD che tracciano il perimetro della loro autosufficienza politica come risposta da dare al paese” sono la larga maggioranza del corpo elettorale di quel partito (l’ascesa di Renzi non è la causa ma la conseguenza della maturazione di questa posizione negli elettori del PD) e che tale posizione (di diffidenza sempre più profonda) verso i partiti alla sua sinistra nasce dallo scarso affidamento che quaste forze hanno tenuto nei confronti degli impegni assunti all’interno delle coalizioni di centrosinsitra alle quali hanno negli anni partecipato. Certamente tale “inaffidabilità” non è frutto di un mero capriccio arbitrario e ha invece (il più delle volte) ragioni non certo prive di fondamento (ed in taluni casi financo profonde), tuttavia è evidente che ciò che pesa in misura determinate a favore della diffidenza che si è nel tempo sempre più consolidata verso i partiti di sinistra è la loro incapacità a fare una scelta di campo, preferendo di volta in volta cambiare collocazione e rapporti con l’illusione di mantenere così più consenso di quanto ne sarebbe derivato dall’assumersi (assieme ad altri) l’onere di decisioni difficili e spesso impopolari. La prima risposta dunque che SEL deve darsi è se è disposta a fare una scelta di campo definitiva che la collochi o la escluda dal perimetro del centrosinistra in via definitiva. Può ancora farlo, ovvero è proprio adesso davanti al bivio su quale strada imboccare. Può scegliere se entrare a far parte del PD trasformandolo in un soggetto articolato con sensibilità diverse con la prospettiva di rendere le proprie posizioni egenomi o al contrario riunirsi al PRC (è secondario se si mantenga o meno quel simbolo e quel nome) ricostruendo un nucleo antagonista di un minimo di spessore. In entrambi i casi SEL non ha futuro autonomo, la sua ragione di esistere è definitivamente finita e più continuerà a “barcamenarsi” tra queste due posizioni e più si disgregerà fino a scomparire. Rimandare ulteriormente questa dolorosa scelta non credo sia possibile, come non credo sia più possibile una sintesi unitaria che mantenga unita tutta la dirigenza e l’elettorato di SEL. Forse è arrivata l’ora di diventare (politicamente) adulti assumendosi ciascuno la responsabilità di scegliere da che parte stare, divorziando consensualmente prima che il disprezzo reciproco diventi la cifra di questo partito.

  • Claudio Paolinelli

    Esempio per esempio, preferisco di gran lunga quello di Napoli.

  • Enrico Matacena

    Credo che sia assolutamente necessario superare il dilemma subalternità al PD – settarismo. Sinistra Italiana (SEL è ormai in via di superamento) deve avere una sua proposta autonoma e fare anche alleanza con chiunque condivida tali proposte, ma le condivida veramente ! Ciò significa rifiutare alleanza con il PD nel 90 % e più dei casi e sbarazzarci degli strapuntinisti opportunisti che svendono la dignità della sinistra per un tozzo di assessorato . A Cagliari con Zedda , ma anche in Puglia con Emiliano è possibile allearsi anche con quei residui di sinistra del PD, e ciò non ci rende ambigui, se l’ azione di governo è davvero di sinistra. Il problema è che abbiamo tante altre situazioni dove invece, coma a Modena città (che conosco perché abito nella provincia di Modena) o altrove dove SEL si è calata le braghe accettando vergognosamente le politiche liberiste e di privatizzazioni del PD. In alcune realtà dove ai ballottaggi sono giunti il PD e la lega nord, ci si può anche tappare il naso e votare il candidato PD come il male minore, ma dove ci sono al ballottaggio PD e 5 stelle credo che l’astensione dal voto o la scheda bianca siano l’ unica cosa seria che possiamo fare. Io spero che claudio fava che ha detto che a Roma voterà per giacchetti, se ne vada a fare alla leopolda con migliore e gli altri venduti come lui.

  • francesco

    Inutile girare attorno al nocciolo della questione. E’ Sel (o SI, chiamatela come volete) che è implosa. E’ come una puttana che si concede al migliore offerente senza tariffa fissa.
    A Milano con Sala, l’altra faccia da manager della borghesia milanese. A Torino (la quasi totalità) con Fassino, l’uomo di fiducia dei palazzinari e del circuito bancario. A Cagliari ,il sindaco Arancione Zedda, con il Partito Sardo d’Azione, fino a ieri culo e camicia con Forza Italia del cavalier Berlusca ( in cambio di che?). Devo continuare?
    francesco, il primo.

  • Gastone Francini

    Io sono stato con Sel fin dall’inizio, ma ora inizio a essere stufo, basta con questa manfrina per ritagliarsi un posto nel lettuccio caldo ai piedi del PD, fatelo voi, me me la questione è chiusa, mai col PD, meglio da solo che con quella cosca ignobile.

  • francesco

    Già, ma a Napoli la giunta De Magistris pullula di comunisti. E la gran parte dei dirigenti di Sel-SI non ne sopporta la “puzza”. Preferiscono le scorregge del PD renziano…
    francesco, il primo .

  • francesco

    L’Alleanza “ampia e plurale ” che concepisci non è altro che un singolare trogolo dove chiunque intinge la sua fetta biscottata…
    Ritirati come ha fatto Vendola. Hai fatto il tuo tempo.
    francesco, il primo.

  • Dario Liotta

    L’analisi di Ferrara e miope oltre che monca…
    Per non essere monca dovrebbe anche raccontare il disastro Milano, speculare al successo di Cagliari… Come mai un avvertito dirigente, non analizza le differenze ?
    Perchè il suo teorema di “una vasta e plurale alleanza” cadrebbe… Dovrebbe poi analizzare Bologna, Sesto Fiorentino o Brindisi dove la sinistra si afferma autonoma e alternativa al PD, come già era successo in Liguria.
    E’ un’analisi miope perchè non vede ciò che c’è di macrscopico, l’astensionismo che poco si intercetta, sia dove siamo “governo”, Cagliari, sia dove siamo “alternativi e autonomi” e che non si intercetta affatto dove siamo completamente subalterni al “trasformismo” renziano, Milano.
    E’ miope perchè non misura e calcola il dato politicooggi per noi più contraddittorio: essere capaci di dare risposte concrete ora e subito alle persone, praticando l’idea del governo dei territori… ma senza essere confusi o confonderci noi stessi nell’alchimia politica in quel mondo di alleanze e bilanciamente che le persone hanno ormai inviso… Come spiegarsi altrimenti il persistere del M5stelle o l’aumento dell’astensionismo ?
    Mi permetto un ultimo appunto sono stanco di tutti i dirigenti che ci hanno sempre (letteralmente) lasciati soli nei circoli, sui territori, hanno occupato le loro poltrone, per ultimo hanno promesso l’apertura di un nuovo percorso a sinistra (Cosmopolitica) e in questi mesi sono scomparsi, non un indicazione, non un documento, non una presenza a far crescere questo percorso… Basta cambiamo aria !

  • Gianni Perilli

    Fra
    l’altro, Ciccio Ferrara è l’ex coordinatore regionale SEL di Puglia, e in
    Puglia l’unico capoluogo di provincia chiamato al voto, Brindisi, ha
    registrato un bellissimo 14% di Rossi che si candidava a Sindaco con una
    sinistra unita, affiatata e credibile.
    Strano che sia sfuggito, proprio a lui…

  • Claudio Degl’Innocenti

    Certamente. E ricostruiamo con Renzi (Sala e Verdini) “un percorso unitario di centrosinistra”… Mi chiedo però come sia possibile trarre conclusioni, in vista del processo costituente, da queste amministrative. SI (o Sel che sia) ad eccezione di Napoli e Cagliari (ma anche Sesto Fiorentino e pochissimi altri comuni
    ) era fuori dalla contesa vera sul sindaco. Aveva fatto parte però di molte amministrazioni uscenti, accodata al PD, è stata con amministrazioni che hanno abbandonato a se stesse le periferie; e Sel, in particolare, ha perso il riferimento con i ceti popolari più esclusi e disagiati. Di qui un confronto impari, in particolare a Torino, ma anche a Roma, col M5s. In quest’ultima realtà poi abbiamo anche convissuto, sicuramente senza rendersene conto (ma non è un merito), con mafia-capitale. E con qualche “visita” in periferia dei nostri candidati Airaudo e Fassina non si può certo pensare di recuperare un'”alleanza” che ha bisogno di anni di lavoro per essere ricostruita.

  • francesco

    Non gli è sfuggito niente. La posizione di Ferrara non è strana per la semplice ragione che persegue ,unitamente alla maggior parte del gruppo dirigente di Sel, un progetto fallimentare (quasi un patto notarile fondativo) di un eterno ritorno al “centrosinistra detto nuovo”, senza la figura ingombrante di Matteo Renzi. Il quale non è l’ideatore e il promotore malefico dell’ultraliberismo sfrenato voluto dalla Troika e dai soloni di Bruxelles agli ordini di Schauble e della Merkel.E’ il guitto provvidenziale e conseguente della mutazione genetica del PD avvenuta già con Occhetto e D’Alema, consolidata da Veltroni (mai comunista!) e benedetta dal pacioso e utile idiota Pierluigi Bersani con il Fiscal-compact , il Pareggio di Bilancio,la controriforma Fornero e tutte le altre nefandezze imposte da Capitale.
    Chi vaneggia ancora di recuperare il PD a una politica di segno progressista, o non ha capito niente, o vuole semplicemente guadagnarsi un posto al sole nonostante la nebbia di Milano e i temporali torinesi…
    francesco, il primo.

  • Roberto Travaglini

    Prendiamo esempio anche nel NON dare una chiara indicazione sul NO al referendum di ottobre?????

  • piero bogliano

    Per ricostruire un centro- sinistra credibile occorre rafforzare la nostra autonomia politico programmatica nei confronti del PD. Quel partito deve farsi carico di ricostruire il c.s. su una base molto diversa. Le logiche del neoliberismo sono nemiche della democrazia e del lavoro. della cultura, dello stato sociale.