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Sabato, 4 luglio 2015

Con Tsipras e con la Grecia per l’Europa e la Democrazia

Se a Laio, re di Tebe, l’oracolo di Delfi non avesse predetto che in un futuro prossimo sarebbe stato ucciso dal primogenito, il quale avrebbe poi sposato la propria moglie Giocasta, il giovane Edipo non sarebbe mai stato adottato dal re di Corinto, mai ne sarebbe fuggito, mai avrebbe ucciso Laio, ignaro fosse suo padre, e mai avrebbe sposato Giocasta, ignaro fosse sua madre.

In questi giorni, più che in ogni altro momento della loro storia, le Istituzioni che compongono la Troika provano ad affidare il destino della Grecia e dell’Europa ad una profezia simile a quella di Sofocle, capace di auto-avverarsi per il solo fatto che ognuno, assalito dall’istinto di sopravvivenza e dalla paura, potrebbe credervi.

Nascono da questa intenzione due equivoci ampiamente smentiti dai fatti: il primo vorrebbe un popolo egoista, che vive di tutele ingiuste a scapito degli altri Stati. Il secondo, addirittura, vorrebbe la Grecia intenzionata a non onorare il debito e ad abbandonare l’Euro attraverso il voto del prossimo 5 luglio

Per quanto riguarda la prima menzogna, i numeri raccontano una situazione economica disperata e palese nei suoi effetti, non dissimili rispetto a quelli che avrebbe prodotto una guerra. Dopo l’intervento dei creditori (dal 2011 quasi tutte istituzioni pubbliche) la situazione è drammaticamente peggiorata: una persona su quattro e un giovane su due non lavorano, il prodotto interno si è ridotto di un quarto. Questo brusco calo ha aggravato progressivamente il rapporto col debito, oggi insostenibile non a causa di un eccesso di spesa pubblica, ma della sconsiderata riduzione imposta. A questo si aggiunge che la mortalità infantile è aumentata di quasi la metà e che il tasso di abbandono dei nascituri è triplicato da quando le misure imposte dalla Troika hanno determinato tagli orizzontali allo stato sociale e alla sanità.

E’ nella cornice di questa emergenza umanitaria che si colloca la scelta del referendum, peraltro già contenuta nel programma elettorale di Syriza. Una consultazione che affonda le sue ragioni in un principio irrinunciabile, che l’Europa dei commissari ha smarrito: l’economia è uno strumento democratico al servizio della felicità dell’uomo e non viceversa.

Sul secondo punto, invece, allo stravolgimento della realtà contribuiscono tanto i creditori quanto alcuni sherpa dell’euroscetticismo, in gran parte gli stessi che vorrebbero chiudere le frontiere dei rispettivi Stati.

La Grecia farà di tutto per rimanere nell’Euro, e la vittoria del No il prossimo 5 luglio consentirebbe a Tsipras di tornare ai negoziati con un mandato rinnovato, per chiedere all’Europa e alla Troika di ristrutturare il debito mediante un livellamento delle diseguaglianze sociali e non attraverso l’ulteriore taglio delle garanzie minime ai meno abbienti. Perché sia chiaro: anche in questa trattativa il tema del contendere non riguarda economia e saldi di bilancio irrisori, ma la politica. Non è un caso che premi Nobel ed economisti di ogni parte del mondo stiano producendo appelli di vicinanza a Tsipras e al popolo greco, perorando la causa del dissenso al ricatto imposto. In tutta Europa, la cura imposta alla crisi finanziaria ha prodotto enormi scompensi sociali, allargando la forbice fra i ricchissimi e il resto della popolazione.

La scelta non è quindi fra la permanenza e l’uscita dall’euro, ma fra continuare ad amplificare le diseguaglianze o restituire l’Europa alla democrazia. Ed è per questa stessa ragione che l’establishment europeo sta usando ogni arma disponibile per indebolire la stabilità del Paese ellenico: se la Grecia riuscisse ad affermare attraverso il voto che un altro modo di intendere l’Europa è anche possibile, oltre che necessario, in ogni Stato i popoli potrebbero chiedere di fare altrettanto, esprimendosi e rovesciando le politiche di austerità e i tagli ai diritti imposti dai rispettivi Governi.

La solidarietà che in queste ore si sta producendo, e che stiamo producendo, è indispensabile ma insufficiente, se intendiamo il voto greco come lo specchio di una possibilità che parla anche del nostro Paese.

Non solo per costruire anche in Italia quel soggetto di sinistra e di alternativa che serve come l’aria, ma per restituire al nostro Paese la possibilità di liberarsi dalle misure lacrime e sangue imposte dai governi delle larghe intese senza alcun mandato democratico.

Per questo affermiamo l’urgenza di poter decidere sul nostro destino e di poterci esprimere, anche in Italia e democraticamente, su tutte le misure legislative che hanno recepito le imposizioni della Troika, arrivando talvolta a modificare addirittura la Costituzione. Se è stato possibile in Grecia, lo sarà anche nel nostro e negli altri Paesi europei.

Questo venerdì abbiamo affollato le principali piazze del Paese per ribadire vicinanza ad Atene e il più profondo dissenso rispetto alle politiche di austerità. Dopo il voto di domenica, che potrebbe consentire a Tsipras di negoziare il debito con un nuovo mandato del popolo greco, torneremo a mobilitarci per chiedere con più forza di poterci esprimere allo stesso modo. Per chiedere con più forza Europa e democrazia.

Andrea Baranes, Raffaella Bolini, Luciana Castellina, Sergio Cofferati, Stefano Fassina, Nicola Fratoianni, Curzio Maltese, Simone Oggionni, Moni Ovadia, Mapi Pizzolante, Rosario Rappa, Marco Revelli, Claudio Riccio

Commenti

  • nino

    se tsipras riuscisse a negoziare il debito, significherebbe sconfitta acclarata dell’europa dei burocrati. Mi sembra , perciò, difficile che chi ha portato un leader a prendere una decisione così pericolosa per l’euro, dopo il no accetti la sconfitta senza fiatare. Penso, invece, che i macellai in doppio petto resteranno nella loro posizione di sempre, così che la grecia uscirà dall’euro e le loro mani cominceranno a stringersi su un altro popolo. Quello che è certo è che se in questi anni non hanno avuto forti resistenze popolar in tutta europa, da oggi le avranno.

  • francesco

    La situazione in cui si trova la Grecia è drammatica
    e non c’è alcun dubbio che le istituzioni internazionali, quelle europee in
    particolare siano state incapaci di gestire con equilibrio e sensibilità la
    difficile situazione che si sono trovati ad affrontare. Troppo attente alle
    ripercussioni nei rispettivi paesi per riuscire a proporre una soluzione
    coerente e adeguata all’ambizioso progetto (incompiuto) che l’Unione Europea
    dovrebbe essere.

    Ma sarebbe davvero sciocco concentrarsi solo sull’inadeguatezza
    di una parte (la “pagliuzza” Europa) per non vedere quella molto più
    macroscopica dell’atra (la “trave” del governo guidato da Tsipras).

    La cosiddetta “Troika” o come la vogliamo chiamare è
    sicuramente cinica ed insensibile, ma il Governo Greco si è rivelato quanto di
    più inadeguato e pericoloso per la propria popolazione (specie quella meno
    abbiente) potesse esistere e Tsipras e Varoufakis due pessimi ed incoscienti
    giocatori di poker.

    Hanno giocato una partita assurda ritenendo di
    godere di una posizione
    di rendita non attaccabile che avrebbe costretto i creditori a cedere, rivelando
    così nella loro reale intenzione non c’è
    mai stata l’opzione collaborativa, di discutere realmente nel merito durante
    questi cinque lunghi mesi di trattativa che sono costati davvero molto a tutti
    (soprattutto alla Grecia che ha vanificato quei pochi risultati positivi che
    una pur sbagliata e eccessiva cura, stava producendo).

    Soprattutto,
    con l’indizione del referendum Tsipras ed il governo di “sinistra” Greco, nel
    nome della democrazia ha deciso di usare il popolo greco come un’arma, non per
    farlo esprimere sui suoi interessi ma per cercare di schierarlo contro gli
    avversari, che sarebbero “rappresentanti del capitalismo europeo che ricatta i
    greci”, come piace tanto dire a sinistra (sorvolando sul fatto che senza l’aiuto
    di questi “sporchi, brutti e cattivi” la Grecia avrebbe fatta già da tempo una
    brutta fine).

    Convocando il referendum, più che dare la
    parola al popolo lo hanno usato come scudo per coprire la loro incapacità di
    assumersi le decisioni che ci si aspetta da chi è stato eletto per
    rappresentare i propri interessi, ovvero per coprire la propria incapacità di
    governare.

    E
    sinceramente non riesco proprio a capire come questi due giocatori cinici di
    poker possano rappresentare un modello da seguire per la sinistra italiana.

    Ma
    capisco bene che se oggi la classe dirigente della “sinistra” italiana è in
    pellegrinaggio in Grecia ad omaggiarli, vuol dire che dobbiamo ritenerci davvero
    fortunati (come cittadini italiani) se siamo diventati politicamente così
    marginali.

  • francesco

    Se ce ne fosse ancora bisogno, il francesco mio omonimo ha gettato definitivamente la maschera.
    Sta con i soloni di Bruxelles, con i massoni finanziari che vogliono costringere i popoli a ulteriori e pesanti sacrifici per mantenere intatti i loro privilegi e la loro esistenza di nababbi benedetta dal Vaticano.

    Tal francesco è un patetico, utile idiota di quella cloaca politica detta di “centrosinistra” che ha procurato danni enormi ai lavoratori italiani. Merita un OXI in faccia!

  • francesco

    i giudizi personali riservali a te stesso quando ti guardi allo specchio.
    E se parliamo di maschere allora guardiamo a quelle dei pantofolai che amano disquisire di diritti e libertà quando è in gioco quella degli altri, quando il dramma lo vivono altri e la soluzione dei problemi è solo un problema teorico su cui dividersi e contarsi.
    Se ti fà così schifo la società in cui vivi, se è così “cloaca” il paese in cui vivi allora perchè non sei coerente e vai a vivere in uno di quei paesi che (a parole, ca va sans dire) dici tanto di voler aiutare.
    E’ facile, quanto inutile ed ipocrita, voler essere di sinistra con i soldi degli altri.
    francesco l’altro