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Giovedì, 30 luglio 2015

Mezzogiorno, dallo Svimez la fotografia di paese senza politica. Industriale e sociale

cantieri

Nulla di nuovo sotto il sole. Già l’anno scorso lo Svimez aveva presentato un quadro allarmante per il mezzogiorno d’Italia lanciando un pericoloso allarme per il rischio di desertificazione industriale e sociale che si sta determinando in tutto il Sud. E’ trascorso un anno e il quadro non è per nulla cambiato, anzi, stando ai dati diffusi oggi dallo stesso istituto, la situazione è drammaticamente peggiorata e quello che si paventa è il “rischio di sottosviluppo permanente”.

Questo ci dice quanto la ‘questione meridionale’ sia stata derubricata dall’agenda di governo e non venga considerata come la priorità sulla quale intervenire per provare a rilanciare politiche di innovazione e sviluppo che riescano a rimettere in moto l’economia. Si dice che non siamo più un Paese in recessione ma quando metà del Paese si trova nelle condizioni descritte dallo Svimez vuol dire che non vi sono le condizioni né sono state costruite le premesse per un’uscita dalla crisi e si condanna così l’Italia in una situazione di povertà permanente. In tredici anni, dal 2000 al 2013, l’Italia è stato il Paese dell’area Euro a 18 che è cresciuto meno, addirittura meno della Grecia.

Le anticipazioni del Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2015, sottolineano come la situazione sia decisamente più critica al Sud, che cresce nel periodo in questione la metà della Grecia e oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni dell’Europa a 28. A tal proposito lo Svimez è lapidario nel suo giudizio: “Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente”.

Anche lo studio di Confindustria che pur aveva evidenziato i segnali di ripresa mostrati dal Mezzogiorno (dal calo della cassa integrazione al recupero dell’occupazione), aveva anche aggiunto che bisognerà aspettare il 2025 (solo partendo dal presupposto che la crescita del Mezzogiorno si allinei alla crescita del resto del Paese) per recuperare i 50 miliardi di Prodotto interno dispersi negli anni della recessione.

Il numero degli occupati nel 2014 rimane quello più basso da quando l’Istat ha iniziato con le serie storiche: 5,8milioni, il livello più basso dal 1977. Al Sud, uno su tre è povero, al Nord sono uno su dieci. Al Sud, solo una donna su cinque lavora.

Anche la situazione demografica è allarmante: “Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l’Unità d’Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili”, dice il rapporto Svimez.

Lo studio dello Svimez purtroppo è soltanto la fotografia di una situazione che è già sotto gli occhi di tutti da tanto tempo, che Sinistra Ecologia Libertà ha sollevato sin dall’inizio di questa legislatura, chiedendo più volte che il Parlamento dedicasse una sessione specifica per discutere della crisi e delle difficoltà del Mezzogiorno.

Lo abbiamo fatto proponendo l’istituzione di un reddito minimo di cittadinanza.

Lo abbiamo fatto promuovendo un piano nazionale per il lavoro, un “Green New Deal”, che si pone l’obiettivo di creare un milione e mezzo di posti di lavoro in tre anni con un investimento pubblico di circa 17 miliardi da concentrare nel risanamento delle scuole, nella messa in sicurezza degli edifici pubblici e nella manutenzione del territorio contro il dissesto idrogeologico.

Misure che permetterebbero di dare ossigeno all’economia e allo stesso tempo produrre effetti benefici anche sull’ambiente. Solo se il pubblico interviene in economia si possono creare le condizioni per tornare a crescere. Abbiamo più volte fatto appello al governo per discutere su questi temi ma non siamo stati ascoltati e i dati di oggi dimostrano ancora di più, quanto avessimo ragione a giudicare il tema del lavoro e dello sviluppo una priorità.

E’ evidente quindi che manca la volontà politica per trovare le soluzioni e risolvere i problemi.

Il governo Renzi ha preferito intervenire sulle regole più che sulla capacità di attrarre e mantenere investimenti, insediamenti industriali e occasioni di sviluppo. Siamo un Paese senza una politica industriale che riesca a rilanciare le proprie eccellenze, ad attrarre capitali, ad individuare quali siano le priorità, gli interessi nazionali e i settori strategici sui quali intervenire. Le cessioni in atto nel settore civile di Finmeccanica, che ha un fortissimo insediamento al Sud, è solo uno degli esempi che dimostrano quanto il Mezzogiorno sia distante dalle attenzioni dell’esecutivo.

Si è preferito svalutare i salari e il lavoro, intervenire sui diritti delle persone come se rendere il lavoro meno garantito potesse, da solo, servire a rilanciare l’economia e l’occupazione.

Si è preferito aderire alle politiche di austerità imposte dall’Europa e si è scelto di ingabbiare gli enti locali nella morsa del patto di stabilità, da una parte, che impedisce lori di spendere le risorse disponibili, e dall’altro sono state progressivamente ridotte le risorse dirette e indirette destinate a Regioni e Comuni, paralizzando di fatto l’azione amministrativa delle periferie.

In questo quadro c’è da dire anche che il Sud non è tutto uguale. Seppur nelle difficoltà date dal contesto nazionale che non favorisce lo sviluppo delle regioni meridionali, ci sono state esperienze di governo che hanno introdotto elementi di novità e discontinuità che hanno prodotto dei risultati positivi. Penso alla Puglia nei dieci anni di governo Vendola e per esempio dell’utilizzo intelligente e oculato che ha fatto dei fondi europei. Fondi che, a differenza di altre regioni, sono stati utilizzati per investimenti nell’innovazione, nello sviluppo, nella tecnologia. Questo dimostra che le soluzioni per contrastare la crisi esistono e si possono applicare, come ha fatto Vendola in Puglia, seppur in un complesso quadro di difficoltà economiche.

L’Italia non può procedere a due velocità e con tale distanza tra nord e sud, o si cresce tutti quanti insieme o tutto il Paese sarà condannato al declino perenne. Servono politiche concrete per lo sviluppo e la crescita.

 

Commenti

  • francesco

    Con tutto il rispetto Ferrara ma il suo punto di vista non è convincente e soprattutto piuttosto contraddittorio. Dice giustamente che anche al sud “soluzioni per contrastare la crisi esistono e si possono applicare” citando l’esempio virtuoso della Puglia governata da Vendola ma poi quando si tratta di analizzare più in generale le ragioni dell’arretratezza del sud la colpa ricade su Governo nazionale ed istituzioni europee.

    Lungi da me ritenere che Governo e Istituzioni europee siano esenti da errori e limiti (specie il governo nazionale) ma se in Puglia un “buon governo regionale” ha fatto la differenza allora forse qualce responsabilità (molte più di alcune) per l’arretratezza generale diu questa parte d’Italia non ce le hanno forse i rispettivi governi locali e chi (i cittadini di quelle regioni) li hanno demandati (votandoli) al governo dei propri territori (non di rado sulla base di una logica, reale o presunta, di scambio)?

    Come ho già avuto modo di far notare ad un’altro esponente di primo piano di SEL (Martone), se tanti discorsi retorici sui diritti (da assicurare sempre e solo con il lavoro e l’impegno di altri) iniziassero con elencare ciò che prima deve impegnarsi a cambiare il soggetto della causa che peroriamo (rivolgendosi prima a lui anzichè accusare gli altri) sarebbe più credibile e probabilmente più ascoltato. Perchè a fare i generosi ed i difensori di diritti con i soldi e le fatiche egli altri siamo buoni tutti. Ed oltre ad essere ipocrita dubito anche che sia veramente di sinistra.
    Francesco l’altro

  • alberto ferrari

    Il dato della Puglia che, se pure a fatica , ha iniziato ad invertire il trend negativo delle regioni del meridione, grazie agli anni di governo Vendola, smentisce in parte la riflessione di Ferrara. Il Governo avrà le sue colpe, ma colpe altrettanto gravi le hanno i governi regionali ( e i partiti che li esprimono) che da decenni saccheggiano il sud. I dati Svimez poi sono sicuramente corretti, ma temo esprimano solo ciò che appare. Forse sarebbe utile aggiungere altri dati come la ricchezza depositata nelle banche. E’ possibile che nel meridione sia aumentato, e di molto, il lavoro in nero e quindi l’elusione fiscale. Perché se i dati reali fossero solo quelli dello Svimez dovremmo attenderci un meridione continuamente in rivolta.