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Venerdì, 25 luglio 2014

E se SEL rivedesse le sue forme organizzative?

Le recenti vicissitudini che hanno coinvolto Sinistra Ecologia e Libertà generano in me una necessaria riflessione.
Perché, in uno stesso Partito, dunque in uno stesso contenitore possono vivere così diversificate anime e divergenti modi di intendere l’agire politico?
Premesso che la differenza è una forza e che non auspico per SEL un futuro fatto di omologazione e appiattimento intellettuali, quello che mi chiedo si riferisce solo ed esclusivamente alle modalità personali di vivere la Politica.
Cerco di analizzare gli accaduti con gli strumenti euristici che mi appartengono: SEL, come qualsivoglia Partito politico, è a tutti gli effetti accomunabile nella sua struttura ad un’Impresa altresì definita Organizzazione.
Quest’ultima può avere diverse configurazioni organizzative e può essere gestita nei modi più disparati ma, nell’attuale Società definita della Conoscenza, essa è sempre una Learning Organization (Organizzazione che apprende).
Mi permetto di dire che i problemi in e di SEL nascono proprio dalla sua struttura: esso è gestito in modo tradizionalmente verticistico/piramidale – struttura tipica della Chiesa, delle Organizzazioni Militari e dei Partiti politici – che concentra i suoi poteri al vertice e tiene in modo controproducente i livelli più bassi lontani dalla regia politica.
Tale gestione rema contro la stessa prosperità politica del Partito poiché, limitando la partecipazione, corrode l’appartenenza; strategia ancora più pericolosa perché rivolta ad adulti. Questi ultimi, nella maggior parte dei casi, sono spinti al cambiamento da una motivazione estrinseca ovvero proveniente dall’esterno. L’adulto cambia lavoro, famiglia, credo, idea perché ne riconosce una palese utilità (a differenza dei bambini che sono spinti al cambiamento da una motivazione intrinseca ossia la volontà di apprendere, conoscere e ampliare le proprie mappe mentali).
Letta così, i conti tornano perché è evidente che in SEL convivevano due anime:
1.quanti hanno lasciato questo Partito lo hanno fatto perché spinti dalla volontà di cambiamento utilitaristica, volta al raggiungimento di una qualche presunta utilità personale;
2.quanti trovano il proprio tornaconto utilitaristico nel semplice agire politico volto all’accrescimento del benessere collettivo.
Allo stato attuale, per rinsaldare quanto rimasto e tentare di accrescere il proprio consenso elettorale, ritengo sia necessaria, in prima battuta, una sferzata organizzativa.
È necessario quanto prima abbandonare la tradizionale struttura piramidale per abbracciare la più moderna ed inclusiva struttura reticolare per processi.
In tal modo SEL diverrebbe un gruppo poco gerarchizzato e molto partecipato, all’interno di cui ogni decisione è veramente consensuale. In tale struttura organizzativa, infatti, le diverse Assemblee (Nazionale, Regionale e Provinciale) sarebbero gli anelli del Coordinamento generale che avviene attraverso anelli intermedi (Coordinamenti territoriali e Circoli). Coordinamenti territoriali e Circoli, dunque, parteciperebbero all’intera sequenza di attività: dall’ideazione di azioni, alla scelta di strategie politiche, passando per l’organizzazione di iniziative ed eventi politici, divenendone totalmente e pienamente responsabili.
Mutuando termini organizzativi, si potrebbe dire che ogni anello – sia del Coordinamento Generale (Assemblea Nazionale, Regionale e Provinciale) che della base territoriale (Coordinamenti territoriali e Circoli) – sarebbe coinvolto nei, cosìddetti, processi di management (analisi e pianificazione strategica; formulazione delle alternative politiche e processi comunicativi).
Anche se può sembrare nodoso coinvolgere tutti, oggi è più fattibile che mai grazie al buon uso delle risorse informatiche (facebook, piattaforme on line, mailinglist ecc. ecc.).
Oltretutto, SEL non può e non deve, soprattutto ora, rinunciare alla formazione politica delle sue giovani generazioni che la rivendicano! Quando i giovani chiedono formazione è un delitto democratico tapparsi le orecchie e non trovare i modi per erogarla loro! Soprattutto in un momento in cui è necessaria una reale rigenerazione del e nel Partito.
Per concludere, grazie alla struttura reticolare per processi, SEL diverrebbe a tutti gli effetti una Organizzazione che apprende perché si alimenterebbe del vero contributo intellettuale di tutti i suoi membri, poiché la conoscenza della organizzazione non è solo la somma delle singole intelligenze, è qualcosa di più, è lo scambio delle stesse che, necessariamente, produce nuova conoscenza politica.

Eleonora Napolitano, Circolo di Pomezia e Componente dell’Assemblea Area Metropolitana di Roma.

Commenti

  • ARTURO

    ..quindi a dire, il metodo Grillo, con le consultazioni in rete potrebbe essere uno strumento? Personalmente concordo con quello che hai scritto, la disaffezione alla politica della gente è proprio la consapevolezza di non contare niente. Le consultazioni di massa con le relative conclusioni potrebbero coinvolgere maggiormente chi ha voglia di impegnarsi nella politica….

  • Eleonora Napolitano

    Ritengo il metodo Grillo e il suo movimento una finta struttura, vuota di senso, che maschera una simil dittatura riempiendosi la bocca di partecipazione. La struttura che auspico per SEL – senza essere tacciata di elitarismo e chiusura – è si una struttura reticolare partecipata ma tra veri militanti; ragion per cui parlo della formazione delle giovani generazioni. In tale prospettiva, i medium digitali sono un supporto irrinunciabile per l’interscambio tra Circoli e Assemblee dislocati sul territorio nazionale. L’idea è quella di mettere in contatto – vero e continuo – anche se a distanza, le realtà territoriali, provinciali e regionali di SEL, al fine di condividere prassi, idee, iniziative senza delegare il momento di costruzione e confronto ai soli Congressi. L’una cosa non esclude l’altra ma, dopo un lavoro a distanza, i Congressi diverrebbero momenti di sintesi face to face, in una logica che prende il nome di Blended (in presenza e a distanza). Oggi – è inutile negarlo – sono necessarie entrambe in un continuo interscambio che – accrescendo la responsabilità politica dei militanti ne innalzerebbe la motivazione nonché l’appartenenza. La vera partecipazione – cosa che i pentastellati ignorano – si alimenta con la vera responsabilità e azione politica; non basta essere chiamati a decidere e/o votare in calce ad un processo, bisogna esigere di prenderne parte.

  • Massimiliano Mantovani

    Tutto il ragionamento funzionerebbe in un paese normale. Purtroppo viviamo in una nazione che da piu di tre generazioni valorizza e ricerca il proprio interesse personale. I partiti e il nostro non ne è esente, considera linea politica ciò che il Leader pensa. Il leader dovrebbe essere l’espressione della base invece a tutti livelli dal nazionale al circolo passa l’esatto contrario. Sel ha bisogno di mostrarsi e purtroppo perde di concretezza. Il mio partito di sinistra per il quale impegno parte del mio tempo (forse poco ma quello riesco a dare) ha molto da migliorare ma finche trovero persone nella base che credono di poter cambiare il mondo continuerò a sostenerlo. Quelle persone che oggi sono alla base un domani saranno i futuri dirigenti, con nomi diversi ma con stessi principi. Credo che “non” sia prioritaria la struttura organizzativa ma di vitale importanza i valori che la struttura deve trasmettere. UTOPIA forse ma non smettero mai di crederci come disse una persona che di sinistra si nutriva e faceva nutrire gli altri ” tavolta nella vita bisogna saper lottare, non solo senza paura, ma anche senza speranza ( Sandro Pertini)”. Un saluto Max

  • pasquale

    Ormai Sel ha la stessa struttura di forza Italia ed i gruppi dirigenziali sono in grado di difendersi da chi, in nome della partecipazione, cerca (come é successo a lecce) di modificare l’impostazione ferrea di partito. La partecipazione ed i laboratori dal basso non possono rimanere solo chiacchiere da bar

  • francesco

    I problemi di Sel non risiedono nella sua struttura, bensì nella sua linea politica fumosa, altalenante e ambigua.La forma organizzativa è conseguente agli obiettivi che si vogliono raggiungere.

  • alberto ferrari

    Ma veramente pensi che il problema di Sel sia organizzativo e non piuttosto di linea politica. Una azienda ( per usare i tuoi riferimenti) che fosse anche ottimamente organizzata, ma mancasse di prodotto non farebbe molta strada perché girerebbe a vuoto. Il pluralismo delle opinioni ( progettualità), che è comunque una risorsa, non produce molto se non trova una qualche sintesi. E, sempre per restare al tuo linguaggio, a Sel manca quello che in politica si chiamava ” manifesto politico” e nella cultura aziendale si chiama missione aziendale. Il problema di Sel è stato fin dall’inizio quello di “unire la sinistra, che francamente sembra più un obiettivo quantitativo, e di addetti ai lavori, che qualitativo, mentre invece più correttamente, nel momento in cui in Italia, con la nascita del PD , non sembrava più esserci una forte partito di sinistra, avrebbe dovuto essere quello di costruire un progetto “di sinistra” non per una sola classe, ma per un intero paese che stava e sta andando alla deriva.

  • Eleonora Napolitano

    Il presupposto alla base della mia analisi sul riassetto organizzativo di SEL consiste nel credere che, nel nostro Partito, esistano – più di quanto si creda o si voglia far credere – compagne e compagni che militano (qualitativamente) nell’ottica della costruzione di un progetto di sinistra e che, con il loro agire, declinano un chiaro Manifesto Politico di Sinistra. Diciamo che, a dispetto del comune sentire, ritengo che in SEL ci siano anime che hanno ben chiara sia la missione che la visione organizzativa e che – pur rappresentando buona parte della linfa politica di questo Partito – sembrano essere relegati al mero ruolo di “sommerso”. Non vi può essere un vero cambiamento di linea politica che non sia accompagnato da un vero cambiamento nella struttura interna, l’una cosa abbraccia l’altra. Temo che porsi i problemi in momenti diversi finisca per rivelarsi – per l’ennesima volta – un modo per non risolvere né l’uno, né l’altro, in un momento in cui l’ascesa di Renzi pone un’emergenza a Sinistra come vera alternativa politica.

  • Aldo Gazzetti

    Rispondo con ritardo, perchè non l’avevo letto prima. Sicuramente hai centrato il problema. La struttura organizzativa è importante come la verifica delle pratiche concrete. Io personalmente quest’anno non rinnoverò la tessera, perchè ho verificato che la struttura attuale non permette una effettiva partecipazione. Per partecipazione non intendo solo la rituale alzata di mano alle assemblee provinciali o alle riunioni di circolo, non la prestazione volontaria alle salamelle (di cui non disdegno) ma proprio la possibilità di contribuire alla elaborazione dei programmi e della loro effettiva realizzazione. Quella che tu chiami alimentare l’organizzazione con il contributo intellettuale di tutti. Insomma da ognuno secondo le sue conoscenze ed esperienze in un circolo virtuoso di apprendimento e condivisione. Invece la struttura verticale dota una gruppo ristretto di dirigenti o di eletti nelle istituzioni una preventiva autorevolezza mai verificata prima né verificabile poi. Ad esempio la vicenda dei forum è esemplare in quando la loro funzione sempre subordinata o al massimo ritenuta come consultiva alle decisioni dei vari coordinamenti. La complessità della società attuale, il flusso enorme di dati e conoscenze, la difficoltà di produrre analisi originali e veritiere, il necessario distinguersi dalla diffusione incessante di notizie particolareggiate e di parte è secondo me una delle ragioni della difficoltà delle organizzazioni politiche a funzionare e permettere una possibile partecipazione democratica. La linea politica oscilla da quella che molti hanno definito “missione” o in termini aziendali mission o vision alla pratica di proporre soluzioni a piccoli problemi (rispetto a quelli generali) magari quelli più a cuore o comprensibili agli stessi dirigenti . L’attività istituzionale assorbe e fa diventare centrale la ritualità delle istituzioni e degli argomenti in esse trattati. E’ come se la stessa democrazia determini degli spazi autonomi di potere: Quello effettivo rappresentato dai poteri economici e quello democratico che spesso non è il riflesso di questi o una rappresentazione che non incide se non attraverso la rappresentazione delle varie lobby. Mi scuso ma vorrei fare una citazione di Habermas che illustra tre modelli di azione sociale: teleologico, regolato da norme, drammaturgico. Il primo l’attore singolo o collettivo realizza uno scopo nel mondo reale scegliendo dopo aver valutato. Diventa strategico quando si considera anche le scelte degli altri attori. il secondo è quello di chi condivide come membro di un gruppo o di una organizzazione seguendo norme. Il terzo è quando si è pubblico e teatro per l’altro o per gli altri. Mi sembra che in SEL emergano come dirigenti chi oscilla tra il secondo e il terzo agire. Anzi sembra che le narrazioni, l’iperbole retorica e gli ossimori siano lo strumento di selezione e oggetto di emulazione. Si pensa che la ripetizione del mantra della linea politica basti a modificare la realtà. Citazioni di canzoni sono alcuni tra i vari strumenti di affabulazione. Risentite gli interventi dei congressi o delle assemblee. Scorrete i documenti (considerati taumaturgici). Si trovano pochi numeri e pochi collegamenti con un’analisi scientifica della realtà. I programmi elettorali sono fatti all’ultimo momento e poi rimangono lettera morta (autoconsolandoci dicendoci non possiamo essere tuttologhi). Io mi interesso di sanità e penso di avere delle conoscenze in merito avendoci lavorato per qualche decennio, oltre che interessandomi di tutto quello che è successo nella Regione Lombardia prima, durante e dopo Formigoni. Pensate che i diritti dei malati e degli anziani siano tra i primi pensieri dei dirigenti regionali e milanesi per non dire nazionali? Pensate che l’ondata di scandali abbia mosso qualche curiosità nei deputati eletti nella nostra regione? In questi tre anni di partecipazione a SEL mi ha spaventato la nostra inefficienza ad affrontare prontamente i problemi e a condividere le scelte. La scorciatoia verticistica permette l’autoriproduzione dei gruppi e dei gruppetti dirigenti e delle proprie carrierine, ma paralizza ogni sviluppo sia organizzativo sia delle capacità di essere in sintonia con i problemi della gente. Concludo e confermo, anche se non è importante, esco da SEL non perchè non sia in sintonia con quasi tutta la linea politica, non perché considero il progetto di SEL inadatto e non più attuale. Esco perché mi considero inutile e inutilizzato come risorsa umana ed intellettuale e non vedo al suo interno la volontà di rivoluzionarsi e di modificarsi per essere efficienti ed efficaci per affrontare la complessità dei compiti che ci siamo affidati. Poi ci sono varie mie piccole disavventure con il gruppo dirigente lombardo e milanese. Quando ho chiesto il bilancio, mi hanno detto che era inopportuno chiederlo e quasi offensivo e pericoloso. E’ anche un problema organizzativo e politico l’utilizzo delle varie risorse che in larga parte sono soldi pubblici. Per cui il rendiconto dovrebbe essere più che trasparente più che confinato in una tabellina di bilancio tipo bocciofila (e senza nemmeno una relazione allegata come una semplice società o con un bilancio sociale tanto in uso negli enti locali).