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Martedì, 8 luglio 2014

Ernest Urtasun: verdi europei, sinistra e socialisti critici possono lavorare insieme in Europa

Ernest Urtasan

«Un discorso deludente, improntato sulla retorica e non sui fatti concret». E’ duro il commento di Ernest Urtasun, neoeletto europarlamentare di Iniciativa Verts Catalunya membro del gruppo Verdi-ALE all’Europarlamento al discorso fiume del premier Matteo Renzi in occasione dell’ apertura del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea.

Incontriamo Ernest a Roma dove ha partecipato ad un’iniziativa sull’ambiente e l’Europa nell’ambito della festa di SEL che avrebbe poi ospitato il giorno dopo un’interessante dibattito con la partecipazione di rappresentanti di Syriza e Podemos. Il parlamentare di ICV, partito con il quale SEL ha da tempo una relazione stretta di interlocuzione e iniziativa comune ci spiega una delle modalità con le quali costruire in questo nuovo Europarlamento un fronte comune tra Verdi Europei e GUE, che dev’essere uno dei pilastri portanti per qualificare e rafforzare l’approccio all’AltraEuropa contrastando il governo di larghe intese in Europa, e presentando politiche alternative congiunte. Cosa possibile facendo leva sulla consistenza numerica dei due gruppi che assieme assommano ad un totale di 104 europarlamentari.

Questo il testo dell’intervista collettiva con la partecipazione di Francesco Martone, Paolo Cento, Loredana De Petris.

Francesco Martone: Ernest, dopo la fase di austerity ed il pareggio di bilancio ci troviamo di fronte al linguaggio della crescita, del rilancio del’economia sempre nel quadro della camicia di forza del fiscal compact. Ma oggi come riqualifichiamo la fuoriuscita dall’austerity? Con la crescita quantitativa illimitata? Le risorse naturali non sono infinite, il territorio in Europa è allo stremo. Come si può inserire in un’alternativa all’austerity, il tema del debito ecologico e della giustizia climatica? Oggi l’Europa non esita a sostenere l’ampliamento della frontiera estrattiva in Mediterraneo o Mar Adriatico, o a negoziare programmi per l’importazione di gas di scisto dagli USA o di fracking sul continente con alti costi sociali ed ambientali, E lo fa per non voler invertire la rotta verso un modello produttivio differente. Per questo oggi il tema del debito ecologico e della giustizia climatica deve essere al centro di una riconversione del modello produttivo, Come fare a mettere in relazione le comunità locali che resistono all’espansione della frontiera petrolifera e le politiche a livello UE e verso la Conferenza del Clima di Parigi 2015?

Ernest Urtasun: Non possiamo parlare più di tematiche ambientali come separate dal resto. Oggi per noi esiste un stretto nesso tra politche ambientali e welfare europeo del futuro, Un welfare che si costruisce sulla difesa dell’ambiente. In Spagna l’aumento della precarietà va di pari passo con la distruzione del territorio, per far spazio a progetti infrastutturali. Grazie all’indebolimento dei vincoli ambientali, le nostre coste saranno cementificate per costruire villaggi turistici, ad esempio, Oggi c’è bisogno di formulare offerte politiche che rispondano a ci chiede lavoro, protezione sociale. L’idea del Green New Deal dovrà essere la nostra bandiera per i prossimi anni, giacché definisce l’ambiente come opportunità di competitività del futuro, mentre oggi la competitività in Europa è intesa come riduzione di salari e fine del welfare europeo. Il che innesca rigurgiti fascisti e crisi sociale. E per quanto riguarda le politiche energetiche, ed il risparmo energetico, dobbiamo uscire dal rigore, abbiamo bisogno di mobilitare risorse attraverso una politica fiscale diversa. Per questo credo che la politica europea di Renzi oggi non sia corretta, lui resta nel quadro di riferimento fiscale europeo, nel quale non c’è Green New Deal possibile.

Francesco Martone: Tu sarai nella Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo. Ci sono due questioni a noi care, una che riguarda le politiche migratorie nel Mediterraneo, FRONTEX in primis e l’altra la necessità di un nuovo “deal” con i paesi del Maghreb, valorizzando ciò che di importante è venuto dalle primavere arabe, ovvero il concetto e la pratica della democrazia reale. C’è bisogno di ricostruire relazioni che finora l’Europa ha sempre letto sotto la chiave della sicurezza, quella degli investimenti delle proprie imprese, e dei propri confini sostenendo anche regimi liberticidi quali quelli di Mubarak e Ben Ali. Tu vivi in una regione che è una delle grandi sponde del dialogo mediderraneo, non a caso il processo di Barcellona è stato il primo tentativo di costruzione di uno spazio comune euromediterraneo. Quali sono secondo te gli elementi chiave per la costruzione di un Mediterraneo mare di solidarietà e pace? Penso ad esempio al rapporto tra partiti e movimenti verso l’appuntamento del forum Sociale Mondiale di Tunisi del 2015

Ernest Urtasun: Dal 1995 l’idea di spazio di solidarietà e pace del partenariato euromediterraneo non ha avuto seguito. La sicurezza è l’unico aspetto che è andato avanti nel rapporto di Barcellona e nelle relazioni Euromediterranee, attraverso accordi individuali con i paesi della sponda sud, con un focus puramente liberista dimostratosi disastroso, e di sicurezza nel sostegno di regimi autoritari di quei paesi. Credo ci sia bisogno di voltare pagina in questi ultimi anni di rapporti tra UE e paesi arabi, giacché esiste nei paesi arabi molto risentimento verso l’Europa, A riprova basti pensare che i movimenti delle primavere arabe hanno chiesto il supporto di Washingron piuttosto che di Bruxelles perché vedevano l’Europa troppo collusa con i regimi. Mi preoccupa che ora, a fronte del fallimento del processo di democratizzazione in Egitto, l’Europa si riabitui a relazioni priviliegiate con regimi liberticidi. Questo atteggiamento deve cambiare in sostegno ad un multilateralismo che sia fatto di dialogo su diritti umani e democrazia, temi mai affrontati dal processo Euromed. Sul tema dei flussi migratori, la proposta per un Tribunale internazionale di opinione sui crimini di lesa umanità nel Mediterraneo (NdT, che verrà presentata giovedi 10 luglio alla sala stampa della Camera) mi pare una grande idea che deve avere un respiro europeo, Basti pensare alla strage di migranti di Ceuta, quando sono annegati venti migranti senza che nessuna autorità competente ne abbia pagato le conseguenze. A me pare che oggi per superare l’approccio securitario sia necessario togliere la competenza della gestione dei flussi migratori dalle competenze dei ministri degli interni e delle polizie. Quando si parla di una politica europea di migrazioni, sono sempre i ministri degli interni a riunirsi e decidere di non decidere. Io sono a favore di una politica europea, ma non gestita dai ministri degli interni. A quanto capisco le intenzioni di Renzi sono quelle di rafforzare Frontex, forse aumentando la capacità di operare salvataggi in mare ma alla fine per chi viene salvato restano le espulsioni ed i CIE. Credo che una lotta comune tra Spagna, Grecia e Italia possa essere quella della chiusura dei CIE nei nostri rispettivi paesi.

Paolo Cento: Oggi abbiamo avuto una serie di importanti incontri, anche all’assemblea della lista Tsipras. Il punto politico che dobbiamo lanciare nelle nostre rispettive forze politiche è quello di capire assieme come costruire a livello europeo uno spazio comune che metta assieme i Verdi Europei, la GUE ed anche un profilo che riguarda l’organizzaizone sociale, evitando precipitazioni di tipo organizzativo, Esiste la possibilità, tenendo conto il dibattito nei Verdi Europei, gli sviluppi nella Lista Tsipras ed anche la fase delicata che sta attraversando SEL , di immaginare che dall’Europa e non dai livelli nazionali possa venire una proposta di coordinamento politico e non solo scambio di relazioni tra forze diverse? Forze che possono assieme guardare all’AltraEuropa come possibilità di lavoro comune per fermare le politiche di larghe intese?

Ernest Urtasun: Credo che dobbiamo farlo, e che il gruppo dei Verdi Europei ed il GUE possano stimolare questa dinamica. Ne ho già parlato personalmente con Tsipras e con Ska Keller, vicepresidente del gruppo Verdi-ALE al Parlamento Europe. So che avete intenzioni di invitarli ad un dibattito dopo l’estate alla festa internazionale di SEL a Bologna a settembre, e ne ho parlato anche con Barbara Spinelli. Io farà tutto il possibile assieme anche ai deputati di AltraEuropa per far si che questo processo possa prendere piede anche in altri paesi. I due gruppi dovranno anche essere capaci a livello europeo di generare non solo una dinamica parlamentare ma anche sociale , Qua la lista Tsipras è un’esperienza importante, che racchiude partiti politici ma anche movimenti, E credo che questa prospettiva di “movimento” debba essere estesa anche a livello europeo.

Loredana De Petris: A prescindere dall’accordo tra PSE e Popolari la gravità della crisi può permettere la creazione di un fronte più ampio contro l’austerity, che faccia leva su un rapporto pià stretto tra Verdi e GUE. Questa legislatura sarà assai più dinamica in tal senso. Secondo te la possibilità di un coordinamento europeo si può aprire anche ad un fronte più ampio ad esempio guardando alle componenti più critiche dei socialisti europei?

Ernest Urtasun: Certo. Noi in Parlamento Europeo lavoreremo a due cose. Ad un coordinamento tra GUE e Verdi e ad un intergruppo che si chiama “Left Caucus”, che ha già operato nella legislatura precedente ed è un integruppo tra Verdi, GUE e socialisti critici con le grandi intese. Left Caucus si riunirà la prossima settimana a Bruxelles. Sarà l’inizio di un percorso comune.
(a cura di Francesco Martone)

nella foto Ernest Urtasun in un manifesto elettorale

Commenti

  • Guido Conti

    Queste sono le motivazioni per cui la politica può decidere e incidere. La miscela interculturale che si congiunge in una politica comune che vede nel governo delle cose l’alternativa al governo dell’esistente…
    Uscire dall’immaginario preconfezionato della narrazione mediatica del luogo comune che magari non intercetta o devia il consenso elettorale ma tende a sopire o depoliticizzare…
    La strada della Governance come dogma insostituibile può disvelarsi e divenire una questione da avversare non come gruppi elitari ma come agire comunitario e partecipativo dei soggetti politici, qualunque sia la provenienza, naturalmente stando nella traiettoria ideale del Governo alternativo al capitalismo, oggi liberista e antidemocratico….
    Con queste azioni politiche a livello continentale può emergere la Rappresentanza come concetto democratico indispensabile nel concreto della vita delle persone, per cambiare, per ricollettivizzare i pensieri soggettivi, le differenze conoscitive, la passione politica…perché le tendenze poteriste e militarpensanti di ogni schieramento si palesino come problema e non come risoluzione del problema.
    Un saluto speranzoso!