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Domenica, 20 aprile 2014

Fecondazione eterologa e il sì della Consulta. I figli non sono mai “naturali”

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Il mito fondativo del Cristianesimo non sta forse nell’annuncio di una fecondazione eterologa, che più eterologa non si potrebbe, e di quel venire al mondo, biblicamente annunciato, del Figlio dell’Uomo, che di fronte alla comunità trova legittimazione solo grazie alla paternità sociale offerta dal falegname Giuseppe? Il riduzionismo biologico dell’essere madre o padre trova qui una straordinaria smentita. Scandagliare i miti potrebbe far bene anche a chi ripone in essi il senso della propria trascendenza o più semplicemente esistenza. La famiglia è soprattutto una costruzione sociale, non un incidente di natura, i legami d’amore e di affettività, quando ci sono, e sarebbe ovviamente fondamentale che sempre ci fossero, prescindono dal materiale genetico dell’origine. Figli per discendenza genetica, per adozione, per dono gratuito da ignoti donatori di gameti (ovuli o sperma): qual è la differenza nel susseguente processo di costruzione del legame affettivo? A chi se non agli interessati donne e uomini compete il giudizio sulla scelta da fare, a partire dal contesto delle loro vite e dei loro desideri, nell’epoca in cui le biotecnologie offrono una chance in più? Stando al mito fondativo di cui sopra, gli ingredienti per una discussione seria ci sarebbero tutti, tra posizioni certo diverse ma fuori dagli schemi di comodo, che negano la stessa evidenza del racconto evangelico. Ma è meglio che non ci siano – il nascondimento di ogni suggestione che fuoriesca dall’ingessata ortodossia della Chiesa ha grandemente contribuito a costruirne il primato nel mondo – e che niente dei problemi del mondo intervenga a produrre dilemmi intorno ai diktat etico-morali da là provenienti.

Nel 2003, la discussione sulla famigerata legge 40, alla cui legittimità costituzionale la Corte Costituzionale ha finalmente inferto l’ultima mazzata, raggiunse, fuori e dentro le aule parlamentari, toni da crociata, come se un’apocalisse fosse alle porte. Ma i dieci anni trascorsi dal febbraio del 2004, quando la legge fu definitivamente e malauguratamente approvata, con tutto il seguito di affanni umani che ha provocato, sembrano non aver scalfito per niente la tetragona volontà delle gerarchie cattoliche di mantenere il punto. “Ultima follia italiana” “Vera e propria fecondazione selvaggia”: questi sono alcuni dei giudizi che si possono leggere sul sito del giornale Famiglia Cristiana, dopo la sentenza di incostituzionalità sul un divieto che ha avvilito le attese di un grandissimo numero di donne e uomini e costretto troppe coppie a cercare fuori dall’Italia il il modo di far fronte all’impossibilità di mettere al mondo un figlio. Tornano i toni cupi di quel periodo, il fantasma dell’adulterio, nell’epoca in cui Eugenio Scalfari dichiara a destra e a manca di essere stato un bigamo di lunga durata e nessuno ha niente da dire. L’ipocrisia del potere non ha misura, in tutte le direzioni. Comunque il divieto dell’accesso all’eterologa è oggi incostituzionale, punto e a capo. Non si potrà più impedire la fecondazione a chi, per avere figli, ha bisogno di ricorrere a un dono di gameti (ovuli o sperma). E non si potranno quindi più discriminare coppie sterili di nessun tipo.

Personalmente non sono affatto contenta che sempre più spesso una Corte e i suoi giudici mettano sotto scacco il Legislatore. Perché si conferma che la rappresentanza è ormai debole e sfilacciata, casualmente formata, troppo spesso povera di competenze, senza significativi legami culturali con le trasformazioni profonde del mondo e senza risposte in grado di essere davvero tali. Più gruppi lobbistici che rappresentanti, più interessi particolari di ogni tipo che proposte politicamente connotate che vogliano dare un risposta ai problemi complessivi del Paese. Ma le cose ormai vanno così e nelle aule del Parlamento e soprattutto nel Paese, non pochi, donne soprattutto, fecero di tutto per mettere in evidenza che la legge 40 presentava gravi profili di incostituzionalità e che per questa via si sarebbe potuto procedere in vario modo per smantellarla. Ma il Parlamento andò avanti come un treno, guidati, i più, dalle convenienze politiche del rapporto col Vaticano nonché spesso da un personale pregiudizio ideologico, sfruttando, per questo, l’atavica paura che la certezza della discendenza, l’identità maschile e chissà che cos’altro, tutto insomma sarebbe stato messo sotto scacco dall’avanzata delle biotecnologie. Le gerarchie ecclesiastiche, in quei mesi arroventati, esercitarono una pressione ideologica e psicologica fortissima, con la volontà dichiarata di attivare un condizionamento etico-morale sulle coscienze come raramente era successo in altre occasioni. Agitarono per questo paure umane ancestrali, alimentarono il senso di spiazzamento di fronte all’idea della creatura venuta dal freddo, alimentando quell’idea con continui richiami al rischio del marketing con di materiale genetico, dell’eugenetica, di creature Frankenstein da costruire in laboratorio. Uno spirito di crociata che funzionò benissimo in occasione del referendum abrogativo della legge, che uscì sconfitto, anche per l’elevatissimo numero di non partecipanti e di astensionisti, nelle cui file trovarono una sorta di anonima auto-giustificazione molti uomini e donne che non avevano seguito il dibattito, non si erano fatta un’opinione personale sulla complessa materia della legge e non vollero mettersi in discussione, proprio per questo, con un voto di cui molti coglievano però il carattere dirimente.

Nel tempo la Corte ha smantellato varie parti della legge, in particolare quelle restrittive della conservazione degli embrioni, della diagnosi preimpianto e del numero di embrioni da impiantare nell’utero materno. Con l’ultima decisione cade il divieto simbolo della legge (il famigerato articolo 4, comma 3). L’augurio per il Paese è che ai giudizi stroncatori sulla sentenza della Corte, provenienti da alcuni importanti organismi e voci del mondo cattolico – più o meno scontati per altro – non faccia seguito l’ennesima campagna retrograda del benpensantismo politico, sempre pronto a vitalizzarsi in simili contesti. Il Paese di questo proprio non ha bisogno.

Commenti

  • Piero

    d’accordo

    spero che SEL, il mio partito, appoggi senza indugi la proposta che la senatrice a vita Elena Cattaneo avanza nella intervista a Pietro Greco su l’Unità del 19-4