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Lunedì, 2 novembre 2015

Ha vinto Erdogan, ha perso la democrazia

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Ha vinto Erdogan, ha perso la democrazia. Non solo per i probabili brogli, che non cambiano l’esito politico di questo voto, ma perché nella paura in cui è maturato la Turchia ha perso l’occasione, che le era stata consegnata a Piazza Taksim, di cambiare il corso della sua storia.

Festeggeranno i governi europei “la stabilità” coi piedi di argilla del potente alleato. Una stabilità anche comoda come lo è sempre stata quella dei Rais. Perché questo è diventato Erdogan, e la Turchia uno qualsiasi dei paesi mediorientali. Il Rais guardiano del Bosforo come lo definisce Alberto Negri sul sole 24 ore, o se preferite a guardia di una una delle porte d’Europa, quella orientale.

Infatti fa comodo a tutti un alleato che esternalizza le nostre frontiere e tiene lontani dai nostri occhi e dalle nostre coscienze le facce delle donne e degli uomini che attraversano a piedi i continenti.

Fa comodo un alleato militare in un’area sempre più esplosiva. Talmente comodo che possiamo tornare a chiudere gli occhi sulla questione curda, su un popolo che vive un apartheid alle porte di un’Europa che rischia di smarrire la propria strada.

L’esito di questo voto ed i festeggiamenti dei nostri governi ci raccontano di una Turchia che si allontana dall’Europa, ma anche di un’Europa che si avvicina sempre più alla Turchia.

Per questo oggi è ancora più importante stare al fianco dell’HDP, di quel partito del “Confederalismo Democratico” che sta dando una lezione al mondo per la capacità di costruire una nuova idea del fare politica, dell’impegno civile e della gestione del potere.

Per questo oggi sono felice di essere stato qui a Cizre, sulla frontiera di questa guerra asimmetrica per testimoniare che un pezzo d’Europa non ha dimenticato questi uomini e queste donne che reclamano libertà democrazia.

 

 

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