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Martedì, 26 maggio 2015

Il trasformismo li accomuna. Renzi e Salvini vedono un’altra Spagna

podemos

Ecco che Renzi e Salvini, maestri nel padroneggiare la comunicazione per piegare la politica ai propri interessi di bottega, usano, a una settimana dal voto italiano, le elezioni amministrative spagnole per saltare sul carro del vincitore. Li accomuna in questo quel tratto costante della politica italiana che Benedetto Croce e Antonio Gramsci ci hanno insegnato a chiamare con una parola divenuta costume, pratica, esercizio, tanto per mantenere il potere una volta governo quanto per conseguirlo dall’opposizione: il trasformismo.

Il capo del governo e l’istrione padano dovrebbero chiedersi, semplicemente, chi è in realtà il vincitore a cui inneggiano. Vedrebbero allora che a vincere è, oggi in Spagna, come pochi mesi fa in Grecia, quell’idea di Europa che nega alla radice le politiche di austerità fin qui praticate e anziché contrapporre ad esse il ritorno ai nazionalismi che erigono frontiere reclama quell’Europa sociale, quell’Europa dei popoli che costituisce, sin dall’inizio del suo avvento, l’unica risposta democratica alla lunga crisi che attraversa e sconvolge il nostro Continente.

Ma è appunto questa idea di Europa che essi, insieme,contrastano. L’uno con l’azione di governo che smantella il mondo del lavoro (Jobs Act), del sapere (la “buona scuola”), della rappresentanza democratica costituzionale (Italicum). L’altro con il ritorno al mondo di ieri, quello delle dogane e delle mille monete ad ogni confine, dei piccoli stati chiusi ognuno nei propri inconcludenti egoismi.

Renzi ammicca alla vittoria di Podemos dal fortino del suo governo di larghe intese con la destra italiana, pronto a fare del Partito Democratico di cui è segretario il Partito della Nazione, invocando sindacati unici e corporativi e cancellando una volta per tutte dal lessico politico italiano la parola sinistra. La sua è un’idea liberista di Europa, la stessa della Troika che contrasta a parole, la stessa del governo di Monti con cui si pone sempre di più in continuità, come s’è visto nella presidenza del suo semestre europeo dov’è non c’è un solo atto che si ricordi di rottura e di inversione con quelle politiche sociali e istituzionali imposte a suo tempo dalla Bce.

Salvini, specularmente a Renzi, ammicca a sua volta alla vittoria di Podemos definendola “una bella mazzata per l’Europa”, guardandosi bene dal dire che sul piano delle politiche sociali come di quelle immigratorie ciò che Podemos propone alla Spagna, oggi con le amministrative e a novembre con le elezioni politiche, è una svolta di sinistra, mentre le sue ricette e le sue alleanze, tra una settimana per le regionali e quando sarà per il governo nazionale, recano piuttosto l’impronta del nazionalista polacco Duda e del neofascista ungherese Victor Orbàn.Ma domenica prossima si vota in diverse e importanti regioni italiane e i due opposti populismi, quello di potere al governo e l’altro in auge in questo momento all’opposizione, ricorrono alla medesima pratica del trasformismo salendo sul carro del vincitore in nome di quel cambiamento che con questo voto la Spagna indica all’intera Europa e che né L’Italia di Renzi né quella di Salvini è in grado di realizzare. Del resto entrambi tacciono, al di là di alcune frasi di circostanza, verso quell’altro potente segnale di mutamento che viene dal referendum irlandese sulle nozze gay.

Per l’idea di Europa di cui i popoli hanno sempre più bisogno quell’esito altro non è che il risvolto della stessa medaglia del voto spagnolo, come le politiche sociali lo sono rispetto a quelle dei diritti civili. Segnali concomitanti e convergenti di un cambiamento possibile, di un’alternativa reale al dissolvimento, distanti anni luce dalle false monete che Renzi e Salvini con la loro politica populistica, conservativa e trasformistica mettono in circolazione da noi.

Dal Blog sull’Huffington Post

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