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Venerdì, 1 agosto 2014

La Convenzione di Istanbul è legge. Ma il Governo continua a perdere occasioni per fermare la violenza di genere

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Durante la fiducia al primo governo delle larghe intese del premier Enrico Letta sono stata la prima parlamentare a chiedere la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. A 460 giorni da quella data la Convenzione è finalmente legge.

Si tratta di uno strumento internazionale vincolante che crea un quadro giuridico completo sul femminicidio e rappresenta il primo trattato internazionale che riconosce la violenza di genere quale violazione dei diritti umani e forma di discriminazione. Prevede misure importanti come il risarcimento alle vittime, il controllo dell’azione dei governi per la prevenzione della violenza sulle donne, il potenziamento e il miglioramento della rete dei servizi, fondi ai centri anti violenza.

Il Governo, oggi retto dal presidente del Consiglio Renzi, ha perso parecchie occasioni durante quest’anno e mezzo per dimostrare una reale voglia di cambiare le cose: a partire dal propagandistico decreto “contro il femminicio” – un pacchetto sicurezza che conteneva all’interno misure per stadi, notav e furti di rame – che affrontava il fenomeno della violenza solo da un punto di vista repressivo. Il piano d’azione contro la violenza di genere, previsto sia dalla Convenzione di Istanbul che dall’art. 5 bis del decreto convertito in legge (Legge 119/2013), non è ancora stato redatto.

Mentre non possiamo affermare che i femminicidi in Italia siano in calo: come ogni fenomeno strutturale continuano ad essere tante le donne uccise dalla violenza maschile. E la politica che fa? Dopo la caduta del premier Letta, il Governo non ha nominato né un ministro alle Pari opportunità né un sottosegretario con delega alla violenza di genere. Non solo, l’ex decreto femminicidio ad oggi rischia di far chiudere i veri centri antiviolenza e cancellare un bagaglio di esperienza e competenze. I Cav, che si trovano da anni senza fondi come ho potuto attestare durante il mio viaggio nei centri #RestiamoVive, non potranno contare nemmeno sui 17 milioni, finora congelati dall’esecutivo, a loro destinati. Tali fondi verranno con molta probabilità distribuiti alle regioni, in base ad una mappatura per niente trasparente, che non rispetta né criteri qualitativi né le linee guida della Convenzione di Istanbul.

Oggi la Camera dei deputati più rosa della storia, presieduta dalla terza presidente donna, Laura Boldrini, deve affrontare finalmente la violenza di genere come fenomeno strutturale, non con ennesimi provvedimenti contraddistinti da approcci securitari ed emergenziali. Si punti sulla prevenzione, a partire dall’art.14 della Convenzione che sottolinea l’importanza dell’introduzione dell’educazione all’affettività nei programmi scolastici. Per questo è importante discutere la proposta di legge, di cui sono prima firmataria, per l’inserimento dell’educazione sentimentale nelle scuole di primo e secondo ciclo. Insieme a me lo chiedono quasi 30mila italiani che hanno firmato la petizione #1oradamore su change.org.

Un ultimo appello al Presidente del Consiglio Matteo Renzi: assegni immediatamente, con la “velocità” che lo contraddistingue, la delega alle Pari opportunità. Non c’è più tempo da perdere.

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