La proposta di Sel: l’azienda delocalizza? Restituisca i contributi pubblici
Una lista lunga e dettagliata. Che elenca, in ordine alfabetico, tutti i 164 tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico. Con l’indicazione, per ciascuna impresa citata, del settore economico di attività, del numero dei dipendenti e della collocazione geografica. Il documento, redatto scrupolosamente e allegato dal gruppo di Sel alla Camera a una proposta di legge in materia di «contrasto alla delocalizzazione» all’estero delle aziende italiane.
Nel mirino di Sinistra Ecologia Libertà ci sono le disposizioni contenute nella Legge di stabilità 2014: colpire chi sposta le fabbriche all’estero, anche nell’Ue. Chiedendo di ridare i fondi statali ottenuti in passato. «Per troppo tempo la politica industriale del Paese è rimasta inerme».
«Per troppo tempo la politica industriale del Paese è rimasta inerme dinanzi al fenomeno della delocalizzazione», spiega a “l’Espresso” la deputata di Sel, Lara Ricciatti, prima firmataria della proposta: «Con questa iniziativa vogliamo lanciare un messaggio chiaro: l’Italia non è un Paese che spalanca le porte alle imprese che decidono di delocalizzare per inseguire guadagni e profitti facili». Un testo, intorno al quale, i parlamentari di Sinistra ecologia libertà hanno già raccolto disponibilità e numerose adesioni tra i colleghi della sinistra Pd (tra loro c’è anche Pippo Civati). E il capogruppo alla Camera, Arturo Scotto, sottolinea un altro aspetto: «Puntiamo a rimettere al centro del dibattito , con questa e altre proposte, il nodo della delocalizzazione che mette in discussione la capacità produttiva e a rischio i livelli occupazionali del Paese. L’obiettivo della nostra pdl è l’introduzione di un meccanismo di premi: stop agli incentivi per chi delocalizza, sostegno invece a quelle imprese che, nonostante la crisi, pur facendo sacrifici, hanno scelto di restare, investire e continuare a produrre in Italia».
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