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Giovedì, 17 settembre 2015

L’attualità dei valori della sinistra

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Per inter­ve­nire nel dibat­tito assai inte­res­sante pro­mosso dal mani­fe­sto parto da un dato che mi pare scom­parso troppo rapi­da­mente, quasi rimosso, dalla discus­sione poli­tica degli ultimi mesi: il pesante calo dell’affluenza regi­strato alle ultime Regio­nali.

Sono per­cen­tuali che devono con­ti­nuare a tenere in ansia tutti coloro che cre­dono ad una con­ce­zione non for­ma­li­stica della demo­cra­zia, ed in par­ti­co­lare la sini­stra ita­liana che dei tassi di par­te­ci­pa­zione elet­to­rale tra­di­zio­nal­mente alti ha fatto per decenni, e giu­sta­mente, una sua bandiera.

A que­sto impo­ve­ri­mento della vita pub­blica non ci si può rassegnare.

Né con­vince la spie­ga­zione che vor­rebbe spac­ciarlo come “alli­nea­mento alle dina­mi­che occi­den­tali”. Serve invece un coin­vol­gi­mento pieno dei cit­ta­dini, dei corpi inter­medi, delle rap­pre­sen­tanze asso­ciate. Credo si debba dare visi­bi­lità e rap­pre­sen­tanza poli­tica alle forme di par­te­ci­pa­zione vec­chie e nuove, com­preso quell’attivismo digi­tale capace di costruire cam­pa­gne che arri­vano a farsi sen­tire e ad inci­dere anche nelle stanze delle istituzioni.

Insieme ai dati elet­to­rali, c’è un’altra per­cen­tuale che uso come chiave di ana­lisi e di orien­ta­mento poli­tico. E’ quella che ricorda Michele Ainis in un suo libro di qual­che mese fa: «In Ita­lia la dise­gua­glianza fra le classi sociali è cre­sciuta del 33% dopo gli anni Ottanta, con­tro una media Ocse del 12%. Insomma, il tri­plo». Una situa­zione così bloc­cata che «il 53% degli ita­liani rimane intrap­po­lato nel suo ceto d’origine».

Vor­rei che la sini­stra ita­liana, nelle sue mul­ti­formi arti­co­la­zioni, non dimen­ti­casse mai que­ste poche cifre, e tro­vasse in esse una delle ragioni essen­ziali del neces­sa­rio impe­gno comune.

Non ha nulla di nove­cen­te­sco, il cri­te­rio delle dise­gua­glianze sociali: in forme nuove, man­tiene una duris­sima cen­tra­lità che la bat­ta­glie “anti­ca­sta” e “anti­bu­ro­cra­zia” non devono offu­scare. Ad una sini­stra che sia con­sa­pe­vole dei pro­pri valori e della loro attua­lità, si offre oggi un campo di azione poten­zial­mente per­sino più ampio che in passato.

Un campo di azione che – ormai lo stiamo com­pren­dendo tutti – non può più avere i con­fini degli Stati nazio­nali. Il ter­reno sul quale la sini­stra, anche ita­liana, deve dimo­strare la sua vita­lità è sem­pre più quello europeo.

Negli ultimi mesi ce lo hanno detto due vicende di por­tata epocale.

Da un lato la crisi greca, dove l’incontrovertibile fal­li­mento dell’austerità messa in atto negli anni scorsi non è tut­ta­via bastato ad assi­cu­rare un’inversione nelle poli­ti­che eco­no­mi­che dell’Unione. L’Europa, que­sta Europa, non sa ancora assu­mere come metro di valu­ta­zione delle scelte finan­zia­rie il loro impatto sociale, e con­ti­nua a tenere al lac­cio di un rigore miope le espe­rienze nazio­nali più pena­liz­zate dal modello “troika”.

Dall’altro la que­stione dei rifu­giati, che sui libri di sto­ria ricor­de­remo un giorno anche attra­verso il com­mo­vente titolo “Niente asilo” con cui avete reso omag­gio al pic­colo Aylan.

E’ evi­dente che nes­suno Stato può rispon­dere da solo: serve una poli­tica comune dei 28 Paesi, tale da con­sen­tire un’equa distri­bu­zione di oneri e respon­sa­bi­lità. Ed è altret­tanto chiaro che, sul filo spi­nato della fron­tiera unghe­rese, l’Europa si gioca una parte deter­mi­nante della sua cre­di­bi­lità come terra dei diritti e delle libertà.

Per que­sto, alla domanda che fa Norma Ran­geri nel “deca­logo” che ha avviato que­sto dibat­tito — «l’idea degli Stati Uniti d’Europa ha ancora una forza trai­nante?» — rispondo con il sì più netto.

Se resta così com’è, l’Europa affonda tra la disaf­fe­zione dei cit­ta­dini e gli assalti pro­pa­gan­di­stici dei dema­go­ghi. Ma tor­nare den­tro gli Stati nazio­nali è ana­cro­ni­stico e illusorio.

Serve uno scatto deciso verso l’integrazione, verso un’unione fede­rale di Stati in cui l’economia sia al ser­vi­zio delle scelte poli­ti­che e dove la dimen­sione sociale assuma indi­spen­sa­bile cen­tra­lità, se non vogliamo che le nostre demo­cra­zie collassino.

Su que­sti temi, così come sulle que­stioni della cit­ta­di­nanza e delle unioni civili, mi pare che le varie anime della sini­stra ita­liana abbiano più ragioni di dia­logo e di azione comune che non di scontro.

Resto con­vinta, come ripeto da ini­zio legi­sla­tura, che sia inna­tu­rale la col­lo­ca­zione su fronti oppo­sti di forze che hanno ideali e obiet­tivi lar­ga­mente comuni. Dai ter­ri­tori, dalle espe­rienze fatte in impor­tanti Comuni – a par­tire dalla Milano di Giu­liano Pisa­pia, che ha svolto e svolge un ruolo di “ponte” essen­ziale anche a livello nazio­nale – viene una lezione che va messa a frutto innan­zi­tutto nelle Ammi­ni­stra­tive della pri­ma­vera prossima.

Commenti

  • nicola Colombo

    vorrei intervenire sull’ultimo punto della riflessione della Boldrini: la questione delle alleanze nelle elezioni amministrative. Ritengo giusto il fatto che la Sinistra, nella sua articolazione attuale ( io auspico un ricongiungimento e una riunificazione), debba trovare un momento di sintesi e di equilibri attorno alla ” quistione” pd. Nel senso che mi sembra riduttiva e perdente una idea schematica di essere sempre contro/ essere sempre e comunque a favore. le alleanze specie se alle amministrative si misurano sulle volontà politiche che i soggetti del centro-sinistra esprimono, sui programmi concordati e condivisi, sui candidati/e proposti/e. Dunque considero necessario un confronto preliminare su questi aspetti. Nè scorciatoie e né demonizzazioni. Se ad esempio il pd renzianizzato intende imporre alleanze spurie, allargate e miste, del tipo partito della nazione, allora io credo che ben poco ci sia da discutere. ma se nei vari pd locali dovessero prevalere idee di alleanze per come si è costruita la stagione che ha portato alle vittorie di Pisapia, Doria ecc allora io credo che il confronto debba farsi, la quadratura del cerchio debba trovarsi. ps: in questo contesto, per essere più forte e credibile la Sinistra che auspico, non potrà avere cento volti dalle mille voci. Necessita pertanto che la forza politica nuova della Sinistra si costituisca da subito. affrontare le prossime scadenze elettorali senza simboli immediatamente identificabili e strategie unitarie chiare sarebbe l’ennesimo errore, stavolta esiziale! dunque se non ora quando?