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Martedì, 14 aprile 2015

L’edilizia scolastica è una vera emergenza nazionale e il governo promette interventi ma taglia i fondi

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Ieri l’ennesima crollo di un soffitto, nella scuola elementare di Pessina, che si aggiunge ad una lista incredibile di incidenti. Ieri “solo” due bambini feriti, ma un anno fa il diciassettenne Andrea De Gabriele perse la vita precipitando nel vuoto per una griglia ceduta all’improvviso, e sette anni morì il coetaneo Vito Scafidi colpito dal controsoffitto in un liceo di Rivoli. E l’anagrafe nazionale degli edifici scolastici, istituita da quasi vent’anni con la legge 23/96, non è ancora operativa.

Anche l’ultimo rapporto di Legambiente, ‘Ecosistema scuola’ (dati relativi alle scuole dell’infanzia, elementari e medie di 94 città) rileva che il 32,5% delle scuole necessita di interventi di manutenzione urgente. Purtroppo nulla di nuovo:

– il 41,2% degli edifici si trova in aree a rischio sismico, ma solo il 22,2% degli edifici scolastici ha effettuato la verifica di vulnerabilità e il 58% delle scuole è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974;

– il 9,8% degli edifici si trova in aree a rischio idrogeologico e l’8,4% è esposto a rischio vulcanico;

– solo il 53,1% delle scuole ha il certificato di agibilità e appena il 30,9% degli edifici ha il certificato di prevenzione incendi.

Se poi passiamo ai dati relativi agli edifici che ospitano le scuole superiori (5179 con 117.300 classi e circa 4000 palestre per 3226 Istituti Scolastici frequentati da due milioni e mezzo di alunni), le condizioni peggiorano.

Altro dato allarmante infine è la sperequazione territoriale tra il nord e il sud del nostro paese: infatti le prime 20 posizioni occupate nella graduatoria dei Comuni e delle Province virtuose in edilizia scolastica sono localizzate nel centro nord. Nel Nord la media degli investimenti per la manutenzione straordinaria è quasi tre volte quella del Sud, nonostante la maggiore necessità di interventi legata al rischio idrogeologico, sismico e vulcanico.

Con la L.56/2014 (Decreto Delrio che ha trasformato le Province in Enti di secondo livello), le province mantengono competenza e funzioni relative all’edilizia scolastica superiore , ma hanno perso 2,5 miliardi di euro a causa dei tagli insostenibili delle manovre finanziarie 2011/2014, cui si aggiungono quelli riservati ai Comuni nel periodo 2007/2014: meno 16 miliardi (8 in termini di patto di stabilità interno ed altri 8 in riduzione dei trasferimenti statali) per il risanamento della finanza pubblica.

Il Governo dunque le chiama #scuolebelle, #scuolesicure, ma la realtà non è cambiata: edifici non sicuri, non agibili, spesso sporchi e poco riscaldati, inaccessibili alle persone con problemi di disabilità, assolutamente inadeguati alla domanda di scuola del nostro Paese.

La Galimberti, coordinatrice della struttura di missione di Palazzo Chigi per l’edilizia scolastica, ha dichiarato che nel 2014 sono stati avviati 633 interventi per la messa in sicurezza delle scuole (progetto #scuolesicure), 400 cantieri del progetto #scuolenuove e due decreti ministeriali per interventi antisismici: una goccia nel mare considerando che, secondo Legambiente, ancora più di 41 mila edifici scolastici italiani hanno bisogno di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza, e secondo la Protezione civile sarebbero necessari 13 miliardi per ridurre concretamente l’emergenza. Tanto che perfino De Mauro nell’inchiesta di Repubblica smontava l’entusiasmo da ashtag: “Sul sito i numeri sono ottimisti e annunciano svariati cantieri chiusi. I resoconti aggiornati, ottenuti informalmente, ridimensionano, però, sia il numero dei lavori eseguiti che l’ottimismo.”

Le Province avevano presentato al governo circa 1600 progetti di riqualificazione scolastica per un costo di circa un miliardo e trecentomila euro, ma di questi erano stati resi disponibili circa 300 milioni.

Anche il 2015 è partito all’insegno dell’annuncismo: a gennaio la Malpezzi dichiara “Con il piano #Scuolenuove, #Scuolesicure e #Scuolebelle verranno fatti complessivamente interventi su 21.320 edifici scolastici”, e poi la doccia fredda di venerdì scorso: dal Def (Documento di Economia e Finanza) approvato dal Governo sono scomparsi 489 milioni per l’edilizia scolastica. L’ennesima prova di miopia e di millantato credito, insopportabile visto si tratta della sicurezza di milioni di ragazze e ragazzi.

Nel ddl ‘buona scuola’ con gli articoli 19 ‘Misure per la sicurezza e la valorizzazione degli edifici scolastici’ e 20 ‘Indagini diagnostiche su edifici scolastici’ (con relativo stanziamento di 40 milioni) si vogliono finalmente portare sotto una unica direzione il monitoraggio e gli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici in corso, ma senza un piano pluriennale sostenuto da risorse aggiuntive si continuerà a rincorrere l’emergenza e nascondere la realtà dietro gli slogan: dopo le scuole “nuove”, “sicure” e “belle”, ecco le scuole “innovative”, 30 scuole in tutto il paese da costruire nel triennio 2015 – 2017 per una spesa di 300 milioni.

La cosa più urgente che il governo deve fare, se vuole cambiare verso per davvero, se come dice a parole (parole smentite però dai numeri), crede ancora nella scuola pubblica quale priorità del Paese, è quella di smetterla con gli spot e attuare un piano serio per l’edilizia scolastica, individuando priorità e risorse, monitorando gli interventi:

– escludere dai vincoli del patto di stabilità interno tutti gli interventi che sono già progettati e consegnati al governo in tema di edilizia scolastica, per assicurare non solo la manutenzione degli Istituti, ma la loro messa a norma e sicurezza, la loro agibilità e la loro accessibilità e l’ igiene

– moltiplicare gli investimenti in scuole nuove ed adeguate soprattutto nel sud del nostro paese, ad alto efficientamento energetico e corrette con la normativa antisismica

– investire, al di fuori dei vincoli del patto di stabilità interno, in riutilizzo ed adattamento di edifici del demanio statale dismessi ed adattarli in nuovi istituti scolastici, senza quindi aumentare la cubatura di cemento già presente nel nostro Paese.

Ancora una volta vi chiediamo #osatecambiare.

 

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