Sei in: Home › Attualità › Notizie › Pomezia, la pietra e lo scandalo
Mercoledì, 21 maggio 2014

Pomezia, la pietra e lo scandalo

mensa

Il diavolo si nasconde nei dettagli. Ma il sindaco pentastellato di Pomezia più che un diavolo è un incapace a ricoprire quel ruolo. E il fatto, poi, non è neppure un dettaglio, bensì un esempio, un caso rappresentativo di quel che ora succede lì, a sud di Roma, e ben presto potrebbe capitare là e poi ancora più in là, estendersi come macchia nera di pece pressoché ovunque nella penisola. Come ai tempi di Oliver Twist, prima metà dell’Ottocento, si nega ad un bambino la cui famiglia non se la può permettere la quotidiana razione di dolce alla mensa della scuola elementare. E come ai tempi di Oliver Twist non c’è attorno a lui una istituzione pubblica, quella comunale nella fattispecie, che lo tuteli dal constatare sin dalla più tenera età e con l’acquolina in bocca che quando si è poveri la vita ha un sapore più amaro. In attesa di fare la rivoluzione che rovescerà il sistema e ci farà tutti liberi e uguali, il sindaco grillino restaura nel suo territorio la distinzione tra le classi sociali, collocandola nel punto più simbolico, concreto ed essenziale che ci sia: il piatto dove far trovare il cibo. Ad alcuni sì, ad altri niente.

Per far cadere le sue certezze il ragazzotto poteva farsi una semplice domanda: ma cosa farà Enrico nel momento in cui il suo più fortunato amico Stefano addenterà la pastiera napoletana? Si girerà di lato? Si alzerà dal tavolo con quelli che come lui hanno chiuso il discorso con i sofficini? Scarterà dalla cartella il pezzo di ciambellone fatto dalla vicina di casa per non farlo sentire discriminato? Storie da Oliver Twist, storie da prendere maledettamente sul serio, storie da rovesciare gettando il piatto per aria ed urlare il proprio rifiuto. Non sappiamo cosa abbia fatto fin qui, nell’anno in cui sta lì, questo “cittadino” del movimento che prefigura il nuovo mondo. Supponiamo per un istante che abbia operato al meglio, cercando di rimettere in piedi un’amministrazione che ha ereditato dopo lo scioglimento del precedente consiglio e il conseguente commissariamento.

Questo, il più odioso degli atti che poteva compiere, sta semplicemente a dirci che ha fallito. Ha giurato sulla Costituzione (articolo 50, comma 1, del Testo Unico degli Enti Locali) senza aver colto il senso dei primi tre articoli, ha pilatescamente dato la colpa a quei genitori che non hanno scelto tra il dolce si e il dolce no ai propri bimbi ma hanno preso atto di dove può arrivare la loro busta paga, ha rinunciato a rappresentare, come sindaco, tutti i cittadini che amministra, e particolarmente quelli più deboli e bisognosi. La sua registrazione maniacale dello scontrino gli impedisce di vedere come e dove scorre la vita dei cittadini che governa.

I nipotini di Petroselli, di La Pira, di Valenzi non saranno dei giganti, sommersi come sono dalle vessazioni cui sono sottoposti i comuni in tempi di crisi, ma indossano la fascia tricolore con dignità. E con la fantasia creativa, che non potrà certo risolvere alla radice i problemi ma almeno risparmia l’umiliazione nell’età in cui si è più indifesi per contrastarla. Faccia una semplice cosa, il ragazzotto. Chiesa scusa a quei bambini e provveda a riparare il torto. Dividendo la torta. Si, faccia una delibera ad hoc, di suo pugno. “Da oggi nella mensa della scuola elementare del Comune dispongo che la torta venga divisa in due, metà a Enrico e metà a Stefano. I due, e tutti gli altri, possono anche fare a turno, un giorno uno e un giorno l’altro. Ma niente discriminati e nessuna discriminazione a quell’età. Ci sarà già la vita che li attende a pensarci, purtroppo.” Si chiama principio di cooperazione e non costa nulla, lo scontrino da rendicontare è lo stesso, stia tranquillo il sindaco. Mussolini nel Trentotto arrivò in quella terra dell’Agro Romano e depose pettoruto la prima pietra. Non poteva che seguire lo scandalo. A Pomezia ce n’è stato più di uno nel corso del tempo. Questo del dolce ad alcuni ed altri no è uno, se ci si pensa bene, dei più amari.

 

Commenti

  • Cosimo De Nitto

    Solo chi non capisce niente di scuola, anche se ci sta dentro, non sa che la mensa scolastica non è una mensa aziendale qualsiasi, né un self service, pago quanto mangio e mangio quanto pago. Tutto nella scuola ha un valore diverso per il semplice fatto che si è in un luogo di educazione e formazione. Ignorare la ricaduta pedagogica ed educazionale sui bambini di qualsiasi azione si compia vuol dire non capire la differenza tra il dentro e il fuori della scuola, tra il mondo degli adulti e quello dei bambini, tra le logiche e le scelte degli adulti e il modo in cui vivono queste scelte i bambini e soprattutto le ricadute che certe scelte che paiono “normali”, logiche, ragionevoli agli adulti hanno sui bambini, soprattutto quando non possono darsi risposte, quando sono portati a sentirsi inferiori senza una ragione, che almeno tale paia a loro. Almeno nella scuola, per il loro bene, per una loro buona crescita facciamoli sentire soltanto bambini. Non di serie A non di serie B. Solo bambini. E se il mondo scolastico fosse governato da loro, dai bambini e non dagli adulti che pensano al loro posto, scelgono per loro in base a propri personali punti di vista, in base alle proprie paure, sensi di colpa, aspirazioni, idee circa l’educazione, io credo che questi fatti non si verificherebbero. I genitori educhino, augurandoci che ne siano capaci, i propri figli nelle mura domestiche. Nella scuola, in una dimensione sociale dell’educazione le cose non stanno così. Valgono altre regole, altri principi, altri approcci, altre finalità da raggiungere. Mi dispiace in generale che non si capiscano queste elementari cose. Se poi a non capirle è un insegnante la cosa è molto più grave.

    I bambini non possono dividersi in due categorie: quelli a mensa arricchita di dolce e quelli a mensa ridotta. In realtà si dividono i genitori in base alle loro possibilità economiche. Mettiamo caso che un bambino a mensa ridotta voglia il dolce (cosa molto possibile), cosa gli sarà detto? No, tu no. I tuoi genitori non vogliono dartelo, non hanno i soldi, siete dei disgraziati, impara che non c’è il diritto a sfamarsi, se paghi mangi, se non paghi guardi gli altri, o cosa?

    Il sindaco cerca di giustificarsi trincerandosi dietro la volontà dei genitori e in questo modo peggiora la sua situazione perché lascia intendere la stessa idea di scuola della Giannini, che infatti si è prontamente dichiarata d’accordo anche se non sa bene i fatti.

    L’idea è quella di una scuola on demand, mensa on demand, programmi on demand, insegnanti on demand. Sembrerebbe il massimo della libertà dei cittadini. Ad ognuno la sua scuola, i suoi contenuti, la sua merendina particolare che tanto piace a cicci cicci di mamma, ad ognuno la libertà di considerare porno o no le immagine sul cell. che non può essere requisito dall’insegnante altrimenti si ritrova l’avvocato di mammina al quale dovrà rispondere di furto. La scuola è un “servizio” a domanda, come Sky, come un ufficio postale, uno sportello bancario. Per il customer satisfaction cosa non si fa. E’ l’idea dei leghisti, di Comunione e Liberazione per cui ogni comunità si fa la scuola che vuole con gli indirizzi che vuole, chiama chi vuole, mette le regole che vuole. Che fosse anche l’idea di scuola dei “cittadini” del M5S francamente mi dispiace prenderne atto.

    C’è un sindaco che vuole compiacere parte o tutti i genitori non è dato saperlo e venire incontro ai loro desiderata perché così è democratico. E questo in generale è corretto, ma è diverso quando si parla di scuola e di educazione scolastica. Intanto c’è da dire che non si capisce dall’articolo del M5S se sono stati investiti del problema anche gli insegnanti, se sono stati ascoltati. Non si capisce cioè se la condivisione include anche gli insegnanti, oppure no e per quale ragione, dal momento che è vero che i genitori sono i genitori, ma è anche vero che il compito e la responsabilità educativi nella scuola ce l’hanno gli insegnanti. Il sindaco in ciò che ha fatto e in ciò che ha dichiarato sul suo organo di stampa dimostra di essere digiuno di queste competenze, di queste problematiche. Per uno come lui che vuole cambiare il mondo è un grave handicap. Prima di cambiarlo il mondo devi conoscerlo in tutte le sue sfaccettature, in tutte le sue dimensioni. Ripeto, fintato che la classe dirigente, vecchia e nuova fa lo stesso, ma anche i diretti, non capiranno che la scuola non è un ufficio, una caserma, un generico luogo di acculturazione, un dopolavoro, un’azienda, un servizio pubblico a domanda, un luogo di sola istruzione, un oratorio ecc. non andremo avanti. Fintanto che non si avrà piena consapevolezza e coscienza che operare con i bambini in sede educativa e formativa è un’operazione molto delicata, in cui tutto ha un senso, un particolare senso, un senso centrato sul bambino, non sull’adulto, sulle regole dello sviluppo dell’età evolutiva, non su quelle che si danno gli adulti per regolare le loro relazioni personali, sociali, lavorative, politiche ecc. Il bambino non è un adulto in miniatura, non è la proiezione né il depositario di tutte le ansie, paure, frustrazioni, sogni, illusioni, progetti degli adulti. Siano anche essi i genitori. Se vogliono essere buoni genitori.