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Mercoledì, 25 marzo 2015

Reddito minimo garantito, audizione al consiglio regionale

Autore coordinamento regionale Sel Basilicata

Si è svolta nei giorni scorsi presso la sede del Consiglio Regionale di Basilicata l’audizione davanti alla IV Commissione Consiliare del Comitato romotore della Proposta di legge di iniziativa popolare sul Reddito Minimo Garantito (Fiom-Cgil, SeL, SuiGeneris, Prc, Libera, Cilap e Apn) depositata in consiglio regionale oltre tre anni fa insieme a oltre cinquemila firme.

Un incontro arricchito anche dalla presenza di Maria Pia Pizzolante – presidenta nazionale della rete intergenerazionale TILT – che ha dato la possibilità innanzitutto di denunciare quella sorta di ‘truffa semantica’ che il governatore Pittella e la sua maggioranza stanno portando avanti con il reddito d’inserimento che ha molto a che fare più con forme di sfruttamento del lavoro – come i mini job introdotti in Germania – e poco o nulla con una misura universale per la fuoriuscita dalla povertà e dalla ricattabilità che contraddistingue sempre più migliaia di donne e uomini.

Reddito Minimo Garantito quindi come misura universalistica a domanda individuale in primis per avvicinare il nostro paese a tutti gli altri paesi europei, considerando il fatto che l’Italia e la Grecia sono gli unici paesi europei a non prevedere nessuna forma di sostegno in questa direzione; ma anche per provare a dare una risposta che non sia di tipo assistenzialistico e/o paternalista – con risvolti clientelari e di filiera – a quante e quanti, non avendo nessuna forma di reddito, scivolano sempre più verso soglie di povertà relativa (10 milioni è la platea di quante e quanti vivono oggi in Italia una condizione di povertà relativa) e/o assoluta (circa 5 milioni). Una misura per non cedere definitivamente alla ricattabilità in cui si è trasformato il mercato del lavoro, livellando sempre più verso il basso i salari e cancellando sempre maggiori fette di diritti e di tutele; o per sottrarre manodopera alle organizzazioni criminali che oramai in tutto il paese fondano proprio sulle elevate sacche di povertà e sugli alti tassi di disoccupazione e inoccupazione la loro capacità attrattiva.

Nell’audizione, così come nella conferenza stampa che ne è seguita, i promotori della proposta di legge popolare hanno inoltre snocciolato i dati sul fallimento che hanno assunto alcune misure fin qui intraprese – tra tutte il ‘copes’ e gli 80 euri del bonus renziano – utili solo a disperdere energie importanti, magari ad appannaggio non già di chi scivola sempre più verso i gradini più bassi della piramide sociale in costruzione, ma nelle nutrite casse di enti di formazione e quant’altro.

Ovviamente l’intenzione non è quella di polemizzare sempre e comunque con il governo regionale, che viene sfidato proprio nel voler apprezzare quella tensione in favore dei più deboli che dice di voler assumere con il reddito d’inserimento. Una sfida ma anche una interlocuzione per dire di dismettere le ‘furbizie semantiche’ che rischierebbero di precipitare verso un baratro senza fine chi oramai non ha più reddito e forme di sostegno a questo da mesi. Si assuma una misura universalistica cominciando una sperimentazione a partire da quelle fasce sociali la cui indigenza oggi si è fatta particolarmente insostenibile… si assumano come platea sperimentale i fuoriusciti dal ‘copes’ e i cosiddetti ‘ammortizzati in deroga’ e si sperimenti su questa platea ristretta una misura di reddito reale capace di sottrarre da forme di sfruttamento lavorativo che si presenta sotto mentite spoglie.