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Venerdì, 27 novembre 2015

Riprendiamoci le mezze stagioni, Per noi e per il Pianeta. Tutti alla marcia per clima

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Non ci sono più le mezze stagioni. E mai come oggi questo detto popolare è diventato amara realtà. Ognuno di noi percepisce un clima che cambia in modo inaspettato: estati sempre più torride, acquazzoni tropicali e, spesso, troppo spesso, con conseguenze disastrose che si traducono in morti e danni economici devastanti. Pensate: dal 2000 abbiamo assistito ai 13 dei 15 anni più caldi della storia dell’umanità. Ma non è il clima ad essere improvvisamente impazzito, siamo stati noi a farlo impazzire: che questi anni siano solo frutto di un caso è una possibilità su 27 milioni.

Ovviamente non è stato il caso: studi scientifici da anni segnalano la pericolosità dell’innalzamento delle temperature e pongono alla politica il tema dei cambiamenti climatici. Che sono causati dall’uomo, da politiche di sfruttamento esasperato delle risorse e delle persone, e che oggi segnano tutta la loro inadeguatezza. Si chiama capitalismo, bellezza. Per anni ci hanno propagandato che mercificare l’ambiente e le persone avrebbe portato benessere. E invece ci siamo ritrovati un mondo in cui le disuguaglianze tra il Nord e il Sud del mondo sono diventate imbarazzanti, dove 85 persone detengono ricchezze pari a quelle di 3,5 miliardi di persone, oltre a livelli di inquinamento mai visti e multinazionali graziate dai governi che ricattano le persone perché “un lavoro prima di tutto, anche a rischio di morire”. Pochi si sono brutalmente arricchiti, al resto delle persone – il cosiddetto 99% – sono toccate in sorte solo precarietà, povertà e disoccupazione, da affrontare in un mondo completamente a rischio.

Le politiche di sfruttamento delle risorse senza limiti hanno causato danni epocali all’ambiente e fatto crescere le disuguaglianze, scatenando disperazione, guerre, conflitti, violenze e morti. Per capirci: dal 2001 ad oggi in Afghanistan sono morti in 14 anni 350 mila civili, in 3 mesi per il clima in Europa sono morte 77 mila persone. Per non parlare dei profughi climatici o delle guerre causate dal petrolio che tanto hanno a che fare con questi tristi giorni.

Pure l’Italia vive una situazione drammatica a causa dei cambiamenti climatici e delle inadeguate politiche del governo Renzi. I dati parlano chiaro: la mobilità sostenibile o su rotaia scompaiono, la messa in sicurezza del territorio si basa su progetti datati, lo Sblocca Italia asfalta il Paese (ogni 5 mesi nel nostro Paese viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli) e trivella i nostri mari, le fonti rinnovabili sono colpite al cuore. La storia la possiamo riassumere così: mentre a Messina manca l’acqua si dice di voler costruire l‘inutile Ponte sullo Stretto.

Tra pochi giorni, a Parigi, si terrà la Conferenza sul clima Cop21: 196 Capi di Stato e di Governo discuteranno della necessità di raggiungere un accordo vincolante che conduca ad una drastica riduzione delle emissioni di CO2, al fine di scongiurare l’innalzamento di 2°C delle temperature e le conseguenze spaventose che ne deriverebbero. L’esito non è affatto scontato, anzi. Al momento l’evento parigino sembra delinearsi come la solita parata inconcludente. Per questo abbiamo bisogno di iniziative che spingano i governi a prendere impegni chiari e coerenti, in netta discontinuità con quelli adottati in questi anni. Serve una mobilitazione che promuova una spinta propulsiva verso un cambiamento forte e radicale. Per questo è importante partecipare alle marce per il clima che si terranno in tutta Italia, a partire da Roma domenica 29 novembre alle ore 14 a Campo de’ Fiori.

In questi anni, la sinistra ha capito poco o nulla della questione ecologista, relegandola a questione marginale o privilegiando il lavoro ad ogni costo. Oggi, qualunque governo, qualunque politica e qualunque sinistra che vuole chiamarsi tale non può fare altro che proporre un nuovo paradigma. Di sviluppo, di politiche pubbliche, di adattamento ai cambiamenti climatici, di gestione dei rifiuti, di utilizzo delle fonti energetiche, di agricoltura. Bisogna ripartire dalla giustizia climatica. Perché dentro non c’è solo il rispetto dell’ambiente, ma anche lavoro di qualità, tutela della salute e tutto ciò che permetterebbe di ridurre le disuguaglianze. A vantaggio del pianeta, a danno dei pochi privilegiati che si stanno arricchendo alle spalle della vita e della salute di tutti gli altri. Perché, in fondo, il punto è proprio riprendersi la nostra vita. E pure le mezze stagioni.

 Video di Giulia Ragonese

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