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Venerdì, 9 ottobre 2015

Sponsor pericolosi per l’Italia in Iraq

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L’Italia ha sempre puntato le sue carte interventiste sulla Libia senza riuscire a creare le condizioni per un intervento che avrebbe voluto guidare. E fortunatamente potremmo dire, visto il risultato del precedente impegno militare. Ma per l’Italia – ex «potenza» coloniale che proprio per questo dovrebbe rimanerne fuori – è una questione di orgoglio nazionale: riprendere la supremazia sul controllo delle risorse energetiche libiche, che ora sono in mano alle varie milizie armate più che ai governanti.

Comunque pare che la strada per Tripoli – dove è arrivato anche l’Isis – passi per l’Iraq.

La ministra della difesa Roberta Pinotti, dopo l’incontro con il capo della Difesa Usa Ashton Carter, ha espresso totale coincidenza di vedute e se la coalizione e il governo iracheno lo chiederanno l’Italia è pronta. Ha promesso che comunque se ne discuterà in Parlamento, quando la decisione sarà già presa, come al solito. Del resto – strana coincidenza – proprio ieri in senato è passato l’articolo secondo il quale lo stato di guerra deve essere approvato dalla maggioranza assoluta, ma solo dei votanti.

Da quando non si sente parlare di Iraq in Italia?

Eppure tutta la zona sunnita è da tempo occupata dall’Isis e persino l’Italia è già impegnata a Erbil nell’addestramento dei militari kurdi e in Kuwait con 4 tornado da ricognizione. Ma il passaggio ai bombardamenti è altra cosa. E non basterebbero quattro tornado, per ora non armati, a colpire l’Isis. E chi darebbe le indicazioni sul dove colpire se non vi è più un’intelligence sul terreno in grado di dare indicazioni? Forse si chiederebbero indicazioni ai militari di Baghdad che sono scappati con l’avanzata dell’Isis.

E magari si andrebbe a colpire un ospedale kurdo, visto che nella provincia di Anbar in questo momento non può installarsi nessun aiuto umanitario.

Perché gli Usa sponsorizzano l’intervento italiano in Iraq? Perché il governo iracheno (sciita) ha rotto con gli Stati uniti favorendo l’alleanza con gli iraniani e i russi, quindi l’occidente è fuori dal paese, a parte il Kurdistan. Anche in questo caso, come in Afghanistan, dopo una guerra che ha lasciato il paese devastato e diviso.

Per l’Italia è dunque la prova del fuoco.

Ma come ha detto il patriarca di Baghdad, monsignor Luis Sako, che pure non è contrario a un intervento militare per proteggere chi è nel mirino dell’Isis – ma organizzato dall’Onu con l’aiuto dei paesi arabi –, soprattutto occorre sconfiggere la loro ideologia «che vuole cambiare il mondo e la storia».

Chi si è mai posto il problema di analizzare la loro ideologia e di contrapporvisi?

Solo i kurdi del Rojava, che infatti sono riusciti a infliggere pesanti sconfitte all’Isis sostenuti da un progetto di società laica, democratica completamente opposta a quella fascista dei fautori della morte. Eppure l’occidente ha permesso che la Turchia bombardasse e bombardi le basi dei combattenti kurdi con il pretesto di combattere l’Isis.

L’unica preoccupazione occidentale sembra quella di denunciare gli obiettivi colpiti dai caccia russi. La Russia non ha mai nascosto il proprio sostegno ad Assad e probabilmente colpisce anche gli oppositori dell’Esercito libero siriano, rimasto un fantomatico riferimento dell’occidente che non riesce a trovare un interlocutore più credibile. Sebbene il regime di Assad sia assolutamente insostenibile con qualcuno bisognerà pur trattare la transizione, persino per farlo fuori. Ma per garantire un futuro alla Siria non si può fare con Assad come si è fatto con Gheddafi o con Saddam. A proposito ha detto ancora il patriarca Sako: «Guardi cosa è accaduto da noi, perché cambiare un regime con uno peggiore?»

Anche Hollande ora dice che la trattativa va fatta con Assad e l’Esercito libero siriano. Il problema è avere degli interlocutori sul terreno, altrimenti, dall’esterno, tutte le azioni saranno fallimentari e disastrose. Soprattutto se le varie forze militari intervengono in ordine sparso, con il rischio di colpirsi l’un l’altra. E poi occorre un bilancio imparziale dei risultati ottenuti, non ci si può affidare ancora una volta alla propaganda di guerra.

Altrimenti si finisce per combattere per quattordici anni i taleban come è successo in Afghanistan e adesso loro stanno riconquistando città come Kunduz e a finire sotto le bombe sono i medici e i pazienti di Medecins sans frontieres.

Il manifesto 9 ottobre 2015

 

Commenti

  • nino

    siccome non si permette di dire la propria nell’articolo dedicato a marino, mi servo di questo spazio per farlo.
    La lettera di cento chiarisce che per sel marino non deve andare a casa per aver pranzato alle spalle dei romani, ma perchè ha scaricato il partito di vendola nel mese di luglio. Inoltre fa capire che se marino volesse ricominciare con sel, lo potrebbe fare, ritornando al programma originario.
    Assodato che anche senza le dimissioni il sindaco andrà a casa perchè c’è un amplissima maggioranza che gli voterà la sfiducia, quello che si vuole sapere da sel è: ma siete così convinti che marino ricandidato alle elezioni di primavera vi porterà voti? E’ un personaggio che con il traffico degli scontrini si è bruciato politicamente. Ebbene un simile soggetto, che ben presto sarà avvisato per peculato, sel lo vorrebbe candidare di nuovo a sindaco? Sel non solo non ammette di aver sbagliato a scegliere marino ed il pd come alleati, ma vuole continuare nell’errore di appoggiare una persona, che, dopo aver detto di dimettersi, non lo fa,aspettando lunedi.

  • francesco

    Mi scuso se approfitto dello spazio che ti sei ripreso.
    Marino è sicuramente vittima della faida intestina che investe il PD,ma ha responsabilità precise sul piano sociale. E’ un sindaco un pò anomalo, pervaso però da una concezione della cosa pubblica coincidente con quella dei potentati economici , incluso il Vaticano.
    Così si spiega la refrattarietà e il muro contro muro nei confronti di quasi tutte le maestranze romane: dipendenti comunali, autisti dell’Azienda Trasporti (ATAC), maestre dei servizi educativi, dipendenti del Colosseo. Tutti posti ingiustamente all’indice e abbandonati al pubblico ludibrio.
    Un sindaco ossequiante , al di là delle apparenze, di fronte agli interessi privati, ricattato dalle lobby che vogliono tenere a tutti i costi le “mani sulla città”.
    L’atteggiamento dei rappresentanti romani di Sel, possibilisti per un Marino bis, non è dissimile da quello di altre latitudini(per esempio Bologna), protèsi come sono unicamente alla conservazione delle poltrone. Su questa linea si possono disseminare solo macerie, altro che un nuovo soggetto politico della Sinistra. Non siamo disponibili a favorire un nuovo ceto istituzionale a prescindere..

  • francesco

    anch io approfitto di questo spazio per parlare di marino, ancora una volta sel continua a mancare di coraggio nel distinguersi dal pd.Mesi fa , quando il pd osteggiava marino in tutti i modi sel si è limitata ad un appoggio esterno privo di qualsiasi senso politico, era quello il momento di attaccare il pd e difendere marino da quegli attacchi volti a screditare un sindaco che con l avvicinarsi dei lavori del giubileo avrebbe impedito certi intrallazzi invece lo si è lasciato solo contro gli attachi di mafiosi e del vaticano che lo volevano eliminare e ci sono riusciti con gli scontrini di pochi euro rispetto ai milioni che si mangeranno con l inizio dei lavori. ora che purtroppo con queste spese la figura di marino è compromessa, sel lo difende, quando capiranno che senza una dura opposizione al pd gli elettori li prenderanno poco in considerazione. francesco l originale