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Lunedì, 18 gennaio 2016

Turchia, fanno appello per la pace coi curdi: arrestati prof universitari

Turkish Prime Minister Recep Tayyip Erdogan

Retata in diverse Università turche, dove la polizia ha arrestato diversi docenti universitari, accusati di aver firmato un appello per la fine delle violenze nel Kurdistan turco.

L’appello firmato dagli accademici arrestati è stato lanciato dal gruppo “Accademici per la pace” con il titolo “Noi non saremo parte di questo crimine!”, in riferimento alle operazioni condotte da Ankara contro il Pkk nel sud-est a maggioranza curda, in cui dalla scorsa estate sono morte centinaia di persone, tra cui molti civili.

Siglato finora da 6.492 persone, l’appello resta aperto alle sottoscrizioni fino a questa sera e ha raccolto il sostegno di docenti e ricercatori di decine di università anche straniere, tra cui Noam Chomsky.

Di seguito l’appello, per sottoscriverlo qui.

APPELLO (Firmato dal 1128 Accademic* in Turchia)

Noi, gli accademici e le accademiche e gli scienziati e le scienziate di questo paese non saremo parte di questo crimine!

Lo Stato turco, a Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre e in molte altre località, attraverso coprifuoco della durata di settimane, condanna i suoi cittadini e le sue cittadine a morire di fame e di sete. In condizioni di guerra, interi quartieri e città vengono attaccati con armi pesanti. Il diritto alla vita, all’incolumità fisica, alla libertà, all’essere al sicuro dagli abusi, in particolare il divieto di tortura e maltrattamenti, praticamente tutte le libertà civili che sono garantite dalla Costituzione turca e dalle Convenzioni Internazionali vengono violate e abrogate.

 

Questo modo di procedere violento messo in pratica in modo mirato e sistematico, manca di qualsiasi fondamento giuridico. Non è solo una grave ingerenza nell’ordinamento giuridico, ma lede le normative internazionali come il Diritto Internazionale, che sono vincolanti per la Turchia.

 

Chiediamo allo Stato di mettere immediatamente fine a questa politica di annientamento e espulsione nei confronti dell’intera popolazione della regione, che tuttavia è rivolta essenzialmente contro la popolazione curda. Tutti i coprifuoco devono essere immediatamente revocati. Gli autori e i responsabili di violazioni di diritti umani debbono renderne conto. I danni materiali e immateriali lamentati dalla popolazione vanno documentati e risarciti. A questo scopo chiediamo che osservatori indipendenti nazionali e internazionali abbiano libero accesso alle zone distrutte per poter valutare e documentare la situazione sul posto.

 

Invitiamo il governo a creare le condizioni per una soluzione pacifica del conflitto. A questo scopo il governo deve presentare una roadmap che renda possibile un negoziato e che tenga conto delle richieste e della rappresentanza politica del movimento curdo. Per coinvolgere l’opinione pubblica in questo processo, al negoziato debbono essere ammessi osservatori indipendenti provenienti dalla popolazione. Con questo manifestiamo la nostra disponibilità a prendere parte di nostra libera volontà al processo di pace. Ci opponiamo a tutte le misure repressive mirate all’oppressione dell’opposizione sociale.

 

Chiediamo l’immediata cessazione della repressione dello Stato contro le cittadine e i cittadini. Come accademici e accademiche e scienziati e scienziate, così manifestiamo che non saremo parte di questi crimini e prenderemo iniziativa nei partiti politici, in parlamento e nei confronti dell’opinione pubblica internazionale, fino a quando le nostre richieste troveranno ascolto.