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Sabato, 27 settembre 2014

Un 4 ottobre senza liturgie al servizio della sinistra

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La mani­fe­sta­zione indetta da Sel per il 4 otto­bre non deve avere nulla di scon­tato. Non può essere un fatto litur­gico di una pic­cola forza alla ricerca del suo orgo­glio. Il 4 otto­bre, in piazza, insieme a tanti e diversi, dovrà met­tersi in moto un fatto poli­tico. Un fatto poli­tico nuovo. E in effetti quel palco, da Mau­ri­zio Lan­dini a Pippo Civati, pas­sando per Cur­zio Mal­tese, Norma Ran­geri e, natu­ral­mente Ven­dola, allude esat­ta­mente ad un’urgenza da non peri­me­trare, una neces­sità poli­tica e pro­gram­ma­tica da far vivere accanto e fuori le attuali cri­stal­liz­za­zioni orga­niz­za­tive. Una pro­po­sta poli­tica che si ostina a met­tere insieme le parole sini­stra e governo, alter­na­tiva di governo, rifug­gendo le ten­ta­zioni apo­ca­lit­ti­che o le strade con­formi dell’essere inte­grati nella cor­nice della tec­no­cra­zia euro­pea.

I pros­simi mesi saranno attra­ver­sati da mobi­li­ta­zioni impor­tanti con­tro la deriva tec­no­cra­tica e popu­li­sta di Renzi. In que­sto con­te­sto, affin­ché l’autunno sia caldo dav­vero e non diventi la sta­gione delle foglie cadenti e delle pas­sioni tri­sti della sini­stra, biso­gnerà far vivere già dal 4 otto­bre lo spi­rito costi­tuente di un tempo nuovo. Arti­colo 18 si, ma anche red­dito minimo. Poli­ti­che indu­striali sicu­ra­mente ma den­tro il para­digma della con­ver­sione eco­lo­gica. Lavoro cer­ta­mente, ma anche cen­tra­lità del vivente, della sua dignità fuori e den­tro il ciclo della pro­du­zione post for­di­sta. Rap­pre­sen­tanza nei luo­ghi di lavoro, ma anche demo­cra­zia inte­grale capace di rimet­tere insieme sul piano comu­ni­ta­rio ciò che la crisi fran­tuma e divide. L’Europa dei popoli ma anche i popoli d’Europa con le loro spe­ci­fi­cità ter­ri­to­riali e paure ben oltre i limiti dello Stato nazionale.

Le forze poli­ti­che, i sin­goli, gli intel­let­tuali, le forze sin­da­cali, le lea­der­ship dovreb­bero pro­durre uno scatto capace di col­lo­carsi nel tempo pre­sente. Un tempo dif­fi­cile, non ordi­na­rio. Dove litur­gie, con­sue­tu­dini e abi­tu­dini non con­sen­tono di leg­gere la crisi di sistema in cui siamo immersi. Uno scatto di gene­ro­sità visio­na­ria. Le for­mu­lette del pas­sato non ser­vono a nulla, al mas­simo ci per­met­tono di ripe­tere gli errori di sem­pre. E’ neces­sa­rio diven­tare i vei­coli di un cam­bia­mento radi­cale di approc­cio alla rico­stru­zione della sinistra.

Intanto sarebbe già un grande passo in avanti se Sel dichia­rasse la pro­pria insuf­fi­cienza, il pro­prio met­tersi a dispo­si­zione di un pro­getto più grande, insieme a chiun­que senta ancora l’urgenza di dare forza e signi­fi­cato alla sini­stra, ai suoi valori al suo pro­gramma minimo. Sel dovrebbe avere la forza di non vivac­chiare in attesa degli eventi ma di avan­zare una pro­po­sta di ricom­po­si­zione di tutte le ener­gie che hanno voglia di cimen­tarsi con que­sta sfida, che è pre­va­len­te­mente sfida cul­tu­rale, di lin­guaggi e di prassi demo­cra­tica. In que­sto senso la bat­ta­glia al Senato è stato un pas­sag­gio esemplare.

Tutto azze­rato, una testa un voto, tutti eleg­gi­bili, tutti elet­tori per defi­nire carta dei valori, punti pro­gram­ma­tici e lea­der­ship plu­rale. La straor­di­na­ria vicenda della lista Tsi­pras è stata azzop­pata da un basi­smo auto­re­fe­ren­ziale senza limiti e, soprat­tutto, dalla ces­sione di sovra­nità verso l’alto, ai saggi, che più cor­ret­ta­mente avremmo dovuto chia­mare con parole con­tem­po­ra­nee, cioè tec­nici.

Per pas­sare dalla Monar­chia alla Repub­blica serve una inie­zione di demo­cra­zia par­te­ci­pata e una buona dose di con­flitto. Sot­to­porci a un bagno di rile­git­ti­ma­zione demo­cra­tica per sce­gliere idee, cul­tura poli­tica e per­sone è l’unica strada che pos­siamo per­cor­rere. Fare tutto que­sto senza chie­dere abiure, abban­doni e senza misu­rare il tasso d’integrità alla causa di nes­suno per­ché non abbiamo stru­menti capaci di que­sta misura. Insomma un salto di sog­get­ti­vità capace di coniu­gare corag­gio e respon­sa­bi­lità. Capace di sfi­dare la prudenza.

Rilke nei qua­derni di Malte Lau­ri­dis Brigge ci esorta a non far morire il desi­de­rio, a essere capaci di vedere ancora le stelle filanti, di con­ti­nuare a cer­care e vedere quel che ancora non c’è. Desi­de­rare signi­fica rico­no­scere den­tro di sé la dimen­sione del tempo che è futuro. Se muore il futuro muo­iono i desi­deri d’infinito e restano in vita quelli micro­sco­pici. Insomma tor­nare ai fon­da­men­tali, senza rete, fuor di poli­ti­ci­smo, ricer­care le ragioni del cam­bia­mento che è pas­sione e spe­ranza. Met­tersi in gioco espo­nendo le pro­prie fra­gi­lità rifug­gendo ran­core, muscoli e asce di guerra. Scrive Euge­nio Bor­gna, «una pie­tra non è fra­gile per­ché soprav­vive a tutti gli urti. Invece i desi­deri, spe­ranze e anche tri­stezza sono fra­gili per­ché non sanno resi­stere alle aggres­sioni dell’indifferenza. Vanno in pezzi. E qui sta il loro valore enorme. Sono infi­ni­ta­mente più pre­ziose le emo­zioni e le parole che si rom­pono di quelle incon­si­stenti che non si rom­pono mai».

Con­ti­nuare a cer­care è un atto di esi­stenza in vita, farlo insieme può darci corag­gio, muo­vere verso campi ignoti porta con sé per­sino una pos­si­bi­lità di suc­cesso. Per­ché non pro­varci a par­tire da ora?

Dal quotidiano Il Manifesto del 27 settembre 2014

Commenti

  • antonio staffiero

    per essere credibili i nodtri leader devono rinunciare ai privilegi di questa parziale ed effimera democrazia, mettendo a disposizione della collettività servizi e strutture per la difesa dei diritti previsti dalle norme e di quelli da conquistare per chi non c’è l’ha. Se non si capisce questo credo che si sia in malafede.

  • Claudio Paolinelli (Ancona)

    Non andrò a Roma il 4 ottobre alla manifestazione di Sel, perchè se
    dovessi andare dovrei contestare ancora una volta questa pseudo politica
    di lotta (poca) e di governo (degli altri) i cui si è impantanata SEL.

    Credo che le scelte fatte per le elezioni regionali in Emilia Romagna e
    soprattutto in Calabria siano totalmente sbagliate. Bisognerebbe capire
    cosa unisce Sel al Pd in questa fase così drammatica del Paese.

    Bisognerebbe mettere per iscritto una posizione politica, una linea,
    attraverso una discussione che nemmeno durante il congresso si è voluto o
    riusciti a fare, e permettere quindi a tutti i compagne e compagne di
    dibattere, discutere ed infine decidere.
    Decidere le alleanze ma
    anche decidere se Sel è ancora quel Partito a cui abbiamo dato le gambe
    con i l nostro lavoro. Capire chi siamo e chi rappresentiamo.
    Non
    andrò a Roma perchè sono stanco delle rappresentazioni personalistiche.
    Sono stanco di sventolare la bandiera rossa invano, sono stanco di far
    parte di quel sempre più esiguo esercito di militanti che non possono
    decidere niente ma che vengono chiamati a raccolta solo per fare
    ammuina.
    Avrei voluto che SEL fosse riconosciuta come forza politica
    dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, degli ultimi, invece
    purtroppo basta tendere l’orecchio nelle piazze e nei luoghi di lavoro
    per capire che SEL invece si configura perfettamente come forza
    politicista, ragioniera nel computare un posto da consigliere piuttosto
    che mettere a punto un piano efficace e convincente per cercare, almeno
    cercare, di mettersi di traverso alle micidiali regole neoliberiste di
    cui anche il pd si nutre. Siamo un partito opaco, quindi inutile!

    Ecco perchè non andrò a Roma il 4 ottobre. Nessuno se ne accorgerà e
    sentirà la mia mancanza. Come nessuno si è accorto o finge di non
    accorgersi che il partito non ha più iscritti, e che i circoli, i
    militanti ormai sono allo sbando più totale, stretti dalla tattica
    dell’anguilla di Vendola e da piccole quasi impercettibili smanie dei
    vari scarsi politici di periferia.
    Aspetto e sto a guardare….saltare sul carro si fa sempre in tempo e di solito si è anche premiati per questo.

  • Filippo Boatti

    La lista Tsipras (italiana) non aveva fin dall’inizio i presupposti di base per funzionare, per il resto bravo Smeriglio.

  • Mimmo

    Belle frasi,condivisibili,ma sono sfiduciato.Mi sembra chiaro che il centrosinistra sia una prospettiva che svanisce,viste le scelte del PD di Renzi..E’ da tempo che aspetto una sorta di Stati Generali della Sinistra.Se non sbaglio Smeriglio è un dirigente di Sel.Ha una responsabilità..Per favore,si tolga il freno a mano finchè c’è qualche possibilità di ripartire,come sembrava al congresso.

  • Palmieri Gino

    Da poco si è chiusa la direzione del partito democratico, ed è evidente la volontà di superare l’articolo 18.
    A questo punto s’impone davvero senza tergiversare una stagione degli stati generali della sinistra in cui si faccia chiarezza partendo proprio dal lavoro e dalla dignità dei lavoratori; una libertà non negoziabile .

  • nino

    vendola e il gruppo dirigente di sel per anni hanno affermato che il rapporto col pd fosse necessario per costruire un centrosinistra alternativo al centrodestra.Ora che il pd ha oltrepassato il guado e si è esplicitamente detto favorevole a cancellare l’art. 18, come la destra, cosa può legare sel col pd? E’ evidente che non si tratta di programmi. Allora cosa ancora li lega, considerato che sel in varie regioni in vista delle regionali andrà con il partito di renzi?

  • luca

    forse l’errore che abbiamo fatto come base ,.è quello di non aver cacciato questo gruppo dirigente che in fatto di democrazia ha peccato sin dall’inizio.
    Le alleanze con il PD sia a livello locale che nazionale si sono decise sempre a Roma tra Vendola, Ferrara , Migliore etc la base non è stata mai convocata nonostante fosse evidente che i mal di pancia della base erano forti, l’alleanza col PD nessuno la voleva tranne quelli che poi questo partito l’hanno lasciato e sfasciato , tanto ver oquanto i pochi voti che SEL ha raccolto nelle varie elezioni locali vedi sindaco di Napoli dove la base ha votato De magistris e non il solito Pdino siete ancora in tempo a fare un passo indietro e lasciare campo a chi ha idee diverse e tende a runire la sinistra e non ad andare a dx col PD stiamo a vedere

  • Peppe Parrone

    Titolo della manifestazione: “una nuova politica economica”. Giusto. Dopo anni di politiche economiche fatte di tagli e controriforme, vogliamo convincerci che la madre di tutte le questioni è l’emissione del denaro e la sua gestione??. Anche Draghi (finalmente) dice che per aiutare le Piccole e Medie Imprese (MPI) occorre che i governi spendano soldi di Stato. Ma come può fare lo stato italiano ad aiutare le PMI, se solo di interessi sul debito, spende oltre 80 miliardi di euro all’anno???. Per poterlo fare , l’Italia dovrebbe fare come fa la Germania con la SUA banca, la KfW, le cui azioni sono per l’80% in mano allo Stato federale, e il 20% alle Regioni, che applicando una regola del Trattato sul Funzionamento Europeo (TFUE), art.123 comma 2, le consente di accedere alla liquidità necessaria al suo fabbisogno, direttamente dalla BCE, che attualmente è al tasso dello 0,05%. Lo Stato italiano invece continua a spendere oltre 80 miliardi di euro all’anno sul costo degli interessi sul debito pubblico, perché non c’è un Ente Creditizio in mano allo Stato. Inoltre, vogliamo domandarci perché Alessandro Profumo, Amministratore delegato di MPS, ha detto che se lo Stato italiano nazionalizzasse una banca, a rischiare “non sarebbe soltanto MPS, ma rischierebbe di crollare tutto il sistema bancario italiano”???. La mia risposta è che una banca in mano allo Stato, che avrebbe accesso alla liquidità direttamente dalla BCE, non sarebbe più costretta a prendere in prestito il suo fabbisogno dalle banche commerciali, risparmiando così oltre 70 miliardi l’anno soltanto sugli interessi sul debito, invece di continuare a finanziare questo marcio sistema bancario. Vogliamo cominciare a riflettere su questo sistema bancario e monetario che ci sta massacrando????. Grazie per l’attenzione, e auguro un buon 4 ottobre.

  • Antonio Bitti

    Un altro contributo alla discussione è quello di Sel Lazio che riporto qui che si intreccia con la riflessione di Smeriglio e apre una discussione che appare sempre più necessaria.

    Scriviamo questa nota dopo un’estate di passione malinconica, dentro ad un quadro che ha fatto esplodere, rivelato, problemi e lacerazioni al nostro interno che non immaginavamo portassero addirittura alla formazione di un nuovo gruppo parlamentare. Non sappiamo nemmeno come definire tutto ciò. La nostra spaccatura è apparsa – e non solo a noi – incomprensibile. Lontana da contenuti sostanziali, extrapolitica. Segno dei tempi.

    Tutto ciò dentro ad un quadro in cui l’aggravarsi di una condizione di crisi sistemica ha investito ulteriormente il Paese e l’Europa, svuotando il terreno della rappresentanza e dei corpi intermedi. Tutto ciò dentro ad un quadro che ha ormai determinato nuove forme di sovranità e prodotto dinamiche recessive/deflattive e il dilagare di nuove forme di povertà che minano la tenuta e la coesione di interi territori. Tutto ciò rende necessario un salto di qualità nella costruzione di un’alternativa alle politiche dellaTroika ormai completamente sposate dall’attuale governo Renzi. Un’alternativa che, per quanto riguarda l’Italia, si ponga l’obiettivo di ricostruire una soggettività di sinistra con ambizioni di governo.

    Per far questo, il ruolo, il profilo e la prospettiva politica di SEL vanno ridefiniti con nettezza. Dopo la battaglia parlamentare contro la riforma del Senato che ha ridato visibilità pubblica al nostro partito e dopo le due assemblee estive della lista Tsipras che hanno reso evidenti le difficoltà in cui si muove quel progetto politico, SEL fatica a riprendere un proprio protagonismo di prospettiva.

    Da qui nasce la nostra proposta. Una situazione problematica che ha poco a che fare con la recente spaccatura del gruppo parlamentare e che, invece, attiene alla difficoltà di recuperare una visione strategica, una lettura credibile della società italiana ed europea nel tempo della crisi e a fare i conti con il carattere autoritario e pervasivo della dimensione del “governo per il governo”, rappresentata oggi dal renzismo. Una situazione dove il conformismo e l’omologazione spingono ogni pensiero critico nella palingenesi della iattura. Stiamo al palo, al centro la necessità di ridefinire la nostra identità, fattasi liquida e impercettibile, nell’azione e nella cultura complessiva. SEL rischia di apparire una forza “piantata sulle gambe”. Con una proposta politica incerta. Ridefinire la nostra identità, assumere il terreno della democrazia radicale come cifra di cultura politica appaiono necessità improcrastinabili. Abbiamo sbattuto anche noi contro una resistenza nel rinnovare. Anche questa dipartita di parte del gruppo parlamentare fa riflettere per gli stessi “inconoscibili” contenuti se non quelli di un riposizionamento tattico individuale dentro al mercato elettorale. Vogliamo finalmente prendere atto anche di “passaggi a vuoto” dai quali, non ripetendoli, si può ripartire?

    Le periferie sono il cuore dello scivolamento della classe media verso forme di sopravvivenza fino a pocotempo fa sconosciute. Le ricadute sui comuni della politica dei tagli messe in campo dagli ultimi governi sono devastanti. Il destino dei comuni è dato per irreversibile? Il necessario lavoro di opposizione parlamentare ai provvedimenti del governo – a partire dal cosiddetto Jobs Act, dalla delega sul lavoro e dalla riforma della scuola, nonché dalle ulteriori misure di tagli che si preannunciano sulla sanità e sulle pensioni – deve accompagnarsi ad un investimento, forte e visibile, che parli al Paese, ai suoi malesseri, al suo dolore sociale e che abbia una capacità di attrazione e di ricomposizione rispetto ai molti dissensi che il pensiero unico renziano sta producendo. Una produzione di soggettività politica, fortemente caratterizzata sul terreno della democrazia (una testa / un voto, sulle scelte di fondo e sulle persone), in grado di riannodare i fili di un processo aggregativo e di evitare il rischio che l’intera dialettica politica si esaurisca all’interno del “partito/Stato” di Renzi, per di più nel momento in cui sia sul piano nazionale con lo scontro durissimo sul lavoro e con la difficoltà a reperire i 20 miliardi per la legge di stabilità, sia sul terreno europeo – cosa ne è delle mirabolanti promesse che avrebbero dovuto accompagnare il semestre di Presidenza italiana dell’Unione? – il governo appare in grave difficoltà.

    In questo contesto SEL non può accontentarsi della mera sopravvivenza. La manifestazione del 4 ottobrenon può ridursi ad un passaggio rituale – la manifestazione autunnale – ma deve diventare l’occasione per investire con forza su questo processo di ricostruzione. Non una precipitazione organizzativistica, ma un passaggio per la costruzione di reti e di relazioni tra diversi da far vivere anche nella prevista conferenza di programma, fatto di pratiche di buon governo e di conflitto sociale, di paziente tessitura di politiche istituzionali e di rapporti con i movimenti, di pratiche amministrative in grado di misurarsi con il necessario cambio di paradigma e di modello di sviluppo e la sperimentazione di modalità organizzative, in grado di ricostruire legami sociali e di ricomporre la separatezza tra spazio della rappresentanza politica e frantumazione sociale, costruendo mutualismo, autorganizzazione, vertenzialità diffusa, socialità. Senza un rilancio delle nostre ambizioni, il nostro progetto politico rischia di non farcela.

    Lo diciamo da un territorio, il Lazio, dove SEL è una forza di governo – abbiamo posizioni di rilievo allaRegione, al Comune e in tutti i Municipi di Roma, al Comune di Rieti, in quello di Formia e in quello di Priverno, in quello di Ladispoli, tanto per citare le realtà più grandi – che, quotidianamente prova a misurarsi con la sfida del locale nel tempo della crisi, attraverso la costruzione di politiche di prossimità, frutto di mediazioni faticose, mobilitazioni sociali, intuizioni ed intelligenza politica. Un patrimonio di pratiche e di insediamento territoriale che prova a tenere insieme rivendicazione sociali e dinamiche di governo. Come si governano gli effetti territoriali che la globalizzazione scarica nei nostri quartieri senza produrre da subito un orizzonte di senso che al collasso sociale provi ad offrire una prospettiva diversa dalla disperazione? Quanto sta avvenendo a Corcolle e a Torpignattara, è un fatto sociale con il quale una politica di cambiamento ha il dovere di misurarsi.

    La necessità di un cambio di passo nell’azione di SEL, nasce da questa consapevolezza. Dobbiamo metterci al servizio di un processo di ricostruzione con quanti sono disponibili a mettersi in gioco.

    Il tempo è adesso.

    Facciamo appello al gruppo dirigente nazionale affinché la manifestazione del 4 ottobre sia attraversata da questo spirito. Come primo passo.

    Giancarlo Torricelli Segretario Regionale SEL Lazio
    Maurizio Zammataro Segretario Area Metropolitana SEL Roma
    Giuseppe Fortuna Segretario Provinciale SEL Frosinone
    Maurizio Camerini Segretario Provinciale SEL Rieti
    Paola Marchetti Segretario Provinciale SEL Viterbo
    Beniamino Gallinaro Segretario Provinciale SEL Latina
    Gino De Paolis Consigliere Regionale Lazio
    Luigi Nieri Vice Sindaco Comune di Roma
    Gianluca Peciola Capogruppo SEL Comune di Roma
    Annamaria Cesaretti Consigliere Comunale Roma
    Andrea Catarci Presidente VIII Municipio Roma
    Susi Fantino Presidente IX Municipio Roma
    Enrico Luciani Presidente Compagnia Portuale Civitavecchia
    Simone Petrangeli Sindaco Comune di Rieti
    Angelo Delogu Sindaco Comune di Priverno
    Bengasi Battisti Sindaco Comune di Corchiano
    Maria Rita Manzo Vice Sindaco Comune di Formia
    Francesca Di Girolamo Assessore Comune di Ladispoli
    Gianluca Marra Coordinamento SEL Lazio
    Gaetano Capuano Coordinamento SEL Lazio
    Sara Graziani Coordinamento SEL Lazio
    Tonino Bitti Coordinamento SEL Lazio

    Carlo Varlese Coordinamento SEL Lazio
    Enrico Chiavini Coordinamento SEL Roma
    Marina D’Ortenzio Coordinamento SEL Roma
    Massimiliano Ortu Coordinamento SEL Roma
    Ismaele De Crescenzo Coordinamento SEL Roma

  • Francesca P. Di Girolamo

    Le parole di Smeriglio, come quelle usate nel contributo alla discussione sottostante (SEL Lazio) mi convincono. Per modernità, fuga dagli schemi classici della liturgia politica (o politichese), temi e prospettive. Non sono dell’idea che si possa fare di tutta l’erba un fascio; è inutile chiedere di cambiare in blocco la classe dirigente di SEL se a cambiare prima non sono i termini del confronto, il respiro che sappiamo e possiamo dare a questo percorso affinché possa trasformarsi in altro da se, modificando i processi politici e formativi, tornando all’elaborazione, al pensiero, alla traduzione di questo in azioni concrete. Dobbiamo riappropriarci di una visione altra, lunga, capace di contrastare in termini di elaborazione la velocità (categoria politica renziana) con cui si susseguono le ‘ere’ della politica contemporanea. Sel nasceva con l’intento di riaprire una partita e non di creare un partito, l’ennesimo piccolo satellite nella costellazione della sinistra nostrana. Ad oggi c’è da ammettere i limiti di entrambi i percorsi: quello di ci ha lasciati ‘cercando un altro Egitto’, come cantava De Gregori, e trovando forse non piú di qualche spicciola strategia di sopravvivenza personale (ognuno si salvi come può) e quello di chi, pur restando, sembra aver perso le coordinate, nella nebulosa di un silenzio assordante, di una presenza abulica, come se lo spettro di qualcosa che ‘avrebbe potuto essere’ si aggirasse nelle assemblee, nelle uscite pubbliche, nei salotti dei talk show a cui siamo disordinatamente invitati a partecipare. Per ripartire, credo, non si può che iniziare guardando oltre noi, superando la tentazione (peraltro piuttosto misera) all’autosufficienza sia in termini contenutistici che logistici, mettendo in discussione Sel per ciò che non sta rappresentando, per le occasioni che continua a perdere anche rispetto alle scelte di un PD che sempre più chiarisce il suo antitetico percorso. Per ripartire bisognerebbe valorizzare le realtà in cui malgrado tutto si è continuato a crescere, all’interno di esperienze eterogenee sia di lotta che di governo. Non ci sono solo spazi, compagni; credo esista soprattutto il bisogno di sentirsi ancora vivi, categoria che aggiungerei alla politica, sostituendola a quelle dell’insulto, del rancore, della dietrologia.

  • francesco

    Ma bravi! Così continuate scientemente a coprire a Sinistra il PD replicando di fatto il ruolo di ruota di scorta di un Partito socio della Troika.E il tutto per qualche cadreghino in più, come nei casi della Calabria e dell’Emilia Romagna. Che triste parabola.

  • francesco

    Ostrega, li lega la cadrega!

  • francesco

    Attenzione Mimmo, il problema non è solo Renzi, ma tutto il PD. Infatti allo stato attuale Renzi ha fatto meno danni del PD di Veltroni e Bersani.Ogni tanto è bene rinfrescare la memoria sulle malefatte dei governi Monti e Letta grazie al sostegno del PD e all’opposizione “responsabile” della presunta Sinistra interna.

  • Maurizio Camerini

    Ottimo Smeriglio, è il momento di agire e di mettere in evidenza il valore politico di SEL rimarcando il concetto di una sinistra che pone al centro i diritti dei lavoratori e si schiera prendendo una posizione chiara e decisa, ponendosi come faro tra le nebulose proposte di un PD che ha perso lo slancio dialettico nei confronti degli strati sociali più fragili e bisognosi di ascolto e rappresentanza. Bisogna ripartire da qui per dare una spinta pratica al movimento, per continuare a fare e a dare speranza, in un continuum di valori e di ideali che non sono solo linfa vitale per le nostre proposte ma rappresentano il fondamento di ogni azione politica efficace e al servizio della comunità.

  • Enrico Matacena

    Non mi fa paura la pochezza dei voti che prendiamo, ma la pochezza delle nostre idee e delle nostre proposte. SEL deve liberarsi dal complesso del nano . Se abbiamo buone idee i numeri verranno, come iscritti e come voti e potremo pesare ed imporre le nostre idee. Se pensiamo sempre che siamo in pochi e che dobbiamo aggregarci subalternamente a qualcosa di più grande , non abbiamo ragione di esistere e allora è giusto che noi si sparisca, anche se invece lo spazio per un grande partito della sinistra SEL ,se ha coraggio, può conquistarlo tutto.

  • Enrico Luciani

    La volontà di costruire una grande forza di sinistra, fuori da schematismi obsoleti, aperta e plurale, ha rappresentato il punto di partenza nella costruzione di SEL. Lo slancio che ha mosso molti di noi ad affrontare questo percorso consisteva, e consiste tuttora, nel bisogno sincero di occupare quello spazio a sinistra per troppo tempo rimasto vuoto. Purtroppo l’illusione di un grande PD, capace di contenere insieme anime profondamente diverse, ha portato molti di noi ad arrestare questa corsa, bloccando il nostro progetto in una sorta di fermo immagine. Noi siamo rimasti sostanzialmente immobili e le persone non hanno potuto seguirci; intanto
    nasceva il movimento di Grillo ed il PD andava inesorabilmente a destra,
    guidato dal peggior esponente di un partito che di sinistra, ormai, ha veramente poco.
    La deriva populista e reazionaria magistralmente interpretata da Renzi e dal suo governo sta smantellando i nostri diritti e svilendo la dignità di giovani e lavoratori; pertanto sono pefettamente in linea con Massimiliano Smeriglio e con i tanti compagni/e del gruppo regionale e spero che anche questo documento possa contribuire a riattivare quella sana pratica politica e sociale che sempre ci ha sempre contraddistinto.

    Enrico Luciani, presidente Compagnia Portuale Civitavecchia

  • Davide Mele

    Temi per portare avanti una reale discussione a sinistra ce ne sono tanti e purtroppo questo governo di spunti cè ne dà davvero troppi ad iniziare dalle politiche del lavoro per arrivare alle inesistenti politiche economiche che sono proiettate ostinatamente nell’ombra dell’austerity. E sabato a roma cè una manifestazione.
    Si scende in piazza… e serve scendere in piazza solo per cercare un appartenenza identitaria servirebbe. a ben poco. In piazza ci saremo caro massimiliano ma lontano da mari aperti … lontano dalle terre di mezzo … lontano da recinti e anche da campi ignoti. Sinistra ecologia e libertà deve obbligatoriamente trovare una linea certa, sicura, definita e perseguirla per avere una prospettiva che in questi mesi sembrava persa, eccezion fatta per la parentesi che ci ha visto più che protagonisti nella battaglia parlamentare contro la riforma del Senato. Sabato saremo in piazza e ci guarderemo nuovamente negli occhi per trovarci per riprovarci per crederci ancora.

  • Mimmo

    Sono abbastanza d’accordo.So bene che nel Pd c’e tuttora una quota di iscritti che, diciamo così, non sono omologati neoliberisti, ma nei fatti non contano granché. Da un pezzo non mi aspetto significative spaccature etc.nel Pd.
    Pensavo di assistere, con la scelta Tsipras, ad un tentativo serio di ricostruzione, o ripensamento, della Sinistra.Ma se siamo ancora ad aspettare Il buon Civati, finiremo per aspettare Godot, che non è mai arrivato.No mi sembra una gran strategia.Bah…

  • Pier Paolo Brunetti

    Sono
    convinto che nella prima riga di questo articolo, ci sia riepilogato tutto il
    nuovo percorso, che questa fase politica obbliga SEL ad intraprendere, il 4
    ottobre deve essere il giorno che da l’inizio ad un percorso nuovo, che come
    giustamente come dice l’articolo non può più essere liturgico, e aggiungo
    autocelebrativo per “pochi ma buoni” non credo che convenga più a nessuno, nella
    lista includo tutti dal simpatizzante tesserato al dirigente nazionale, far
    finta di non capire che per come è strutturata adesso SEL essa è condannata ad
    essere e rimanere in influente nelle scelte politiche di cui il paese ha
    estremo bisogno.

    Giustamente
    viene evidenziato come l’autunno che ci apprestiamo a vivere sarà attraversato
    da una crisi che non appare come la solita crisi che ogni anno ci viene
    sbandierata a quattro venti dai massimi quotidiani e i mass media più popolari,
    forse questa stagione verrà annoverata tra quelle indimenticabili, e il governo
    Renzi, già dai suoi primi cento giorni di mandato non ha fatto niente per non
    avvalorare la mia e la tesi di altri.

    Penso che l’attuale
    governo con il suo operato apra per una sinistra davvero riformatrice degli
    spazi ampissimi, una sinistra che abbia, requisito fondamentale, il coraggio di
    “sporcarsi le mani” sui veri problemi che affliggono il paese.

    Problematiche
    come la mancanza di lavoro sia per le fasce giovanili, sia per quelle ormai
    cronicizzate o per quelle che andrebbero ricollocate con nuovi impieghi, non
    credo che possano essere soddisfatte da le nuove misure governative attuali che
    sembrano ricalcare le tristi manovre del ventennio berlusconiano, alla società
    sono state scippate le fondamenta che la sorreggono, l’istruzione, la sanita,
    la cultura, tutti contenitori che sono ormai vuoti, contenitori che SEL o
    quello che diventerà possono mettere nella loro agenda come priorità da
    risolvere.

    Con chi?

    Con tutte
    quelle forze di sinistra che vorranno aggregarsi, appunto condivido che il 4
    ottobre possa succedere di tutto, si dovrà fare un generoso passo indietro e
    cercare di riconoscere che se stiamo navigando a vista e vivacchiamo al 3%, la
    colpa non può essere di uno solo ma neanche di tutti, che l’epoca dei recinti
    solamente ideologici è ormai tramontata.

    Sono
    fortemente convinto che si possa cercare di esportare il modello regionale che
    sta dando ottimi risultati nel Lazio, un mix tra forze realmente innovatrici
    anche se diverse ma con obiettivi comuni ben individuati che cercano di non
    lasciare al palo nessun cittadino.

  • Pier Paolo Brunetti

    Sono
    convinto che nella prima riga di questo articolo, ci sia riepilogato tutto il
    nuovo percorso, che questa fase politica obbliga SEL ad intraprendere, il 4
    ottobre deve essere il giorno che da l’inizio ad un percorso nuovo, che come
    giustamente come dice l’articolo non può più essere liturgico, e aggiungo
    autocelebrativo per “pochi ma buoni” non credo che convenga più a nessuno, nella
    lista includo tutti dal simpatizzante tesserato al dirigente nazionale, far
    finta di non capire che per come è strutturata adesso SEL essa è condannata ad
    essere e rimanere in influente nelle scelte politiche di cui il paese ha
    estremo bisogno.

    Giustamente
    viene evidenziato come l’autunno che ci apprestiamo a vivere sarà attraversato
    da una crisi che non appare come la solita crisi che ogni anno ci viene
    sbandierata a quattro venti dai massimi quotidiani e i mass media più popolari,
    forse questa stagione verrà annoverata tra quelle indimenticabili, e il governo
    Renzi, già dai suoi primi cento giorni di mandato non ha fatto niente per non
    avvalorare la mia e la tesi di altri.

    Penso che l’attuale
    governo con il suo operato apra per una sinistra davvero riformatrice degli
    spazi ampissimi, una sinistra che abbia, requisito fondamentale, il coraggio di
    “sporcarsi le mani” sui veri problemi che affliggono il paese.

    Problematiche
    come la mancanza di lavoro sia per le fasce giovanili, sia per quelle ormai
    cronicizzate o per quelle che andrebbero ricollocate con nuovi impieghi, non
    credo che possano essere soddisfatte da le nuove misure governative attuali che
    sembrano ricalcare le tristi manovre del ventennio berlusconiano, alla società
    sono state scippate le fondamenta che la sorreggono, l’istruzione, la sanita,
    la cultura, tutti contenitori che sono ormai vuoti, contenitori che SEL o
    quello che diventerà possono mettere nella loro agenda come priorità da
    risolvere.

    Con chi?

    Con tutte
    quelle forze di sinistra che vorranno aggregarsi, appunto condivido che il 4
    ottobre possa succedere di tutto, si dovrà fare un generoso passo indietro e
    cercare di riconoscere che se stiamo navigando a vista e vivacchiamo al 3%, la
    colpa non può essere di uno solo ma neanche di tutti, che l’epoca dei recinti
    solamente ideologici è ormai tramontata.

    Sono
    fortemente convinto che si possa cercare di esportare il modello regionale che
    sta dando ottimi risultati nel Lazio, un mix tra forze realmente innovatrici
    anche se diverse ma con obiettivi comuni ben individuati che cercano di non
    lasciare al palo nessun cittadino.

  • Fabio Paparella

    Spero che il 4 Ottobre sia un’occasione. Non per Ri-partire, ma per Partire. Perché la nave c’è già da tempo. Bisogna tracciare una rotta chiara, gli ufficiali devono renderla nota anche al resto dell’equipaggio e, poi, non resta che dar vento alle vele. Da tempo siamo bloccati fra due coste, vittime di un mare in tempesta. Ma la burrasca richiede decisioni immediate e nette, non continui temporeggiamenti. Sel deve superare la politica dei piazzamenti e capire che l’unico modo per fare il fiato é correre. La battaglia parlamentare sul JobsAct é una lanterna da seguire, senza esitazioni. Tuttavia ha bisogno di gambe, di voci che ne approfondiscano e ne amplifichino gli spunti all’interno della società. Le idee vanno messe a regime, vanno misurate con le condizioni reali, la loro applicabilità deve essere verificata e sostenuta con formule chiare e comprensibili da tutti. Altrimenti le idee diventano illusioni, le illusioni diventano ricordi, e la politica diventa testimonianza. L’antologia della decadenza ha fatto il suo tempo. La subalternità di Sel in questo momento è chiara a tutti. Vivacchiare non serve. Se la classe dirigente del partito vuole restare nella palude, va lasciata nella palude. Per conquistare autorevolezza servono scelte autorevoli. Gli alleati di domani per primi contano su questo. Dovremmo rappresentare lavoratori precari, studenti, disoccupati, insegnanti, operai, persino i “non-inseriti” in questa Italia che cambia perché nulla cambi, in questa Italia in cui le opportunità sono ormai nulla più che un mantra da recitare mentre si sottraggono i diritti. Invece siamo finiti per diventare il nemico di noi stessi. Abbiamo finito per essere accusati di quel politicismo che volevamo sconfiggere con la passione per una società più giusta. E così dei consiglieri con la nostra casacca siedono nelle Regioni e nei Comuni, ma la base si dilegua, i militanti diventano semplici osservatori impotenti. Nella società non esistiamo più. Non siamo più Comunità, ma solo politica. E non quella politica nobile, con la P maiuscola, ma la “politica dei politici”. Le solitudini aumentano e scavano fossati che non riusciamo più a oltrepassare. A un certo punto rinunciamo anche a vederle, quelle solitudini. Ci scordiamo persino che quelle solitudini, tutte insieme, sono la comunità stessa, il suo vero fine. Questo significa sconfitta. Tutto ciò fa parte ancora dell’antologia della decadenza, ma è una pagina che dobbiamo scongiurare. Mi auguro che ci riusciremo, a partire dal 4 Ottobre.

    Fabio Paparella, Coordinatore circolo Sel Ladispoli

  • francesco

    Alla faccia! La lista Tsipras ha fruttato 3 eletti per la sinistra antagonista dopo anni di magra, e dici che non aveva i presupposti per funzionare.Sei come il “colonnello Buttiglione” che non si arrendeva nemmeno di fronte all’evidenza.E voi di Sel continuate a sabotare la costruzione di un Fronte alternativo alle politiche neo-liberiste stipulando accordi al ribasso con il PD di Messer Renzi. Vedi Piemonte, Emilia Romagna, Calabria ecc…