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Venerdì, 16 ottobre 2015

Vendola: «Sinistra, ecco l’unità possibile»

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L’intervista di Daniela Preziosi a Nichi Vendola sul Manifesto.

«È sag­gio non com­men­tare il chiac­chie­ric­cio ma quello che c’è. E quello che c’è è il com­bi­nato dispo­sto fra Ita­li­cum e riforma costi­tu­zio­nale, un pesante dise­gno di muta­mento regres­sivo della forma demo­cra­tica nel nostro paese secondo le indi­ca­zioni pro­fe­ti­che o pro­gram­ma­ti­che che veni­vano da JP Morgan».

Nichi Ven­dola, pre­si­dente di Sel, non crede un gran­ché all’ipotesi di modi­fica dell’Italicum che cir­cola in que­sti giorni in par­la­mento, dopo le parole di Napolitano.

Se il pre­mio di mag­gio­ranza fosse attri­buito alla coa­li­zione anzi­ché al par­tito cam­bie­rebbe la vostra valu­ta­zione dell’Italicum?
Intanto imma­gi­nare che le regole del gioco si costrui­scano in sar­to­ria taglian­dole, cucen­dole a seconda delle con­ve­nienze con­giun­tu­rali è già grave e il segno di un degrado. Ma comun­que vedremo: non siamo indif­fe­renti, l’Italicum è tal­mente brutto che guar­de­remo con atten­zione ogni even­tuale proposta.

Ma si può dare un giu­di­zio tanto severo su Renzi e poi met­tere in conto un’alleanza con il Pd, a par­tire dalle città?
Qua­lun­que sovrap­po­si­zione della dimen­sione nazio­nale alle vicende ter­ri­to­riali è un vicolo cieco. Oggi non si può non vedere che le città in tutta Europa sono i luo­ghi di un con­flitto fra civiltà e bar­ba­rie. Dob­biamo costruire coa­li­zioni di pro­gresso che pos­sano met­tere in campo una sfida pro­gram­ma­tica su ele­menti diri­menti: il diritto alla casa, la lotta con­tro il con­sumo di suolo, la mobi­lità soste­ni­bile, l’accoglienza per pro­fu­ghi e migranti. Su que­sto cano­vac­cio si costrui­scono le coa­li­zioni pos­si­bili ter­ri­to­rio per ter­ri­to­rio. Sel non è una cor­rente esterna del Pd. Una coa­li­zione pro­gres­si­sta la si può costruire con il Pd, senza il Pd e con­tro il Pd. La novità di oggi è che non c’è l’effetto tra­sci­na­mento del cen­tro­si­ni­stra come for­mula nazio­nale. Quindi a Milano pun­tiamo sulla con­ti­nuità del labo­ra­to­rio straor­di­na­rio dell’amministrazione Pisa­pia. Non c’è nes­sun auto­ma­ti­smo, ma nean­che in senso con­tra­rio: quello di chi pensa che le città siano cavie da labo­ra­to­rio per biso­gni esterni a quelli dei cit­ta­dini. Non si fanno né disfano le alleanze per pro­blemi sim­bo­lici o per dispetto. No alla subal­ter­nità ma no anche ai rin­culi minoritari.

 Civati dice: senza Pisa­pia, a Milano nes­suna coa­li­zione con il Pd. Tro­ve­rete una quadra?
Con Civati la vedo dif­fi­cile. Si com­porta come un ele­fante in cri­stal­le­ria. In ogni città in cui passa lascia una scia di pole­mi­che e divi­sioni. Siamo tutti impe­gnati in una sfida gigan­te­sca che non si può affron­tare con le bat­tute. Su una cosa invece Civati ha ragione: sul pro­filo di auto­no­mia politico-culturale che deve avere la nuova sini­stra. Ma l’autonomia non può essere inter­pre­tata come la pro­pone l’ultimo che è uscito dal Pd e cioè una rot­tura gene­ra­liz­zata con il Pd senza guar­dare in fac­cia le situa­zioni spe­ci­fi­che. La posta in gioco è alta, è il destino di comu­nità impor­tanti. Chi parla di con­di­vi­sione dal basso non può con­si­de­rare i ter­ri­tori come ter­mi­nali muti di una poli­tica fatta dai palazzi romani.

Alle scorse regio­nali la sini­stra si è pre­sen­tata divisa in molte regioni. Rifarlo alle pros­sime ammi­ni­stra­tive signi­fi­cherà che non è cam­biato niente, e cioè che la ’cosa rossa’ non è nata?
È un pro­blema che dob­biamo porci tutti met­ten­doci in un’ottica di ascolto e con­di­vi­sione. Per me è fon­da­men­tale ascol­tare i sin­daci. Sento l’urgenza di far par­tire il pro­cesso uni­ta­rio, voglio met­tere il con­vo­glio di Sel su un bina­rio. Ma che non sia un bina­rio morto. Noi ci siamo sepa­rati dalla sini­stra dell’impotenza e della testi­mo­nianza. Non
tor­ne­remo indie­tro. Né daremo una mano a Renzi per inse­diare nelle città il suo par­tito della nazione.

 E se alle pri­ma­rie di Milano vin­cesse un inter­prete del Pd ren­ziano che farete?
Deci­derà il ter­ri­to­rio. Alle regio­nali liguri abbiamo fatto bene a non sot­to­scri­vere un patto con il Pd e a soste­nere
Cof­fe­rati senza vin­co­larci alla coa­li­zione. A Milano ci sono diverse pos­si­bi­lità. Ma a deci­dere saranno i mila­nesi. E oggi la discri­mi­nante pro­gram­ma­tica è mille volte più deci­siva e con­di­zio­nante di ieri.

Così farete anche a Roma?
A Roma comin­ciamo ora la discus­sione. E non dob­biamo ini­ziarla vol­tando pagina ma rileg­gendo le pagine
pre­ce­denti. Mafia Capi­tale non può essere deru­bri­cata a un fatto pro­ces­suale. Il Pd dai tempi della giunta Ale­manno ha pra­ti­cato un attivo con­so­cia­ti­vi­smo e ha con­di­viso scelte e malaffare.

 Quello di oggi è un altro Pd, o è lo stesso di ieri?
Le rot­ta­ma­zioni veloci non fanno vedere le radici del male. Il fatto che si potesse essere con­so­cia­tivi con un mani­polo di fasci­sti degli anni 70 è un grosso pro­blema. E così il fatto che non ci si è accorti del ritorno dei cri­mi­nali nei gan­gli deli­cati del governo capi­to­lino. E così il fatto che le coo­pe­ra­tive rosse pote­vano diven­tare un altro pezzo della trama politico-affaristico-criminale.

 Qual è il suo giu­di­zio sul sin­daco dimis­sio­na­rio Marino?
Mi fa rab­bia. Quei penosi scon­trini pro­du­cono lo stesso tur­ba­mento del romanzo cri­mi­nale di Car­mi­nati e Buzzi. E que­sto ha con­sen­tito ai nostal­gici di Mafia Capi­tale, e cioè ai poteri immo­bi­liari e finan­ziari di Roma, di dare l’assalto all’esperienza di Marino che invece aveva ele­menti impor­tanti di discon­ti­nuità. E che non a caso il Pd ha pro­vato a nor­ma­liz­zare estro­met­tendo Sel dalla giunta. Tutto que­sto entra nella valu­ta­zione che faremo nei pros­simi mesi.

 Appunto, il Pd vi aveva cac­ciati dalla giunta. Crede che per il futuro possa ripen­sarci, e che la coa­li­zione possa tor­nare agli equi­li­bri della prima era Marino’?
Non lo so. Il Pd è un insieme di enclave, le une in lotta con­tro le altre. Quello che so è che ora a usare la foglia di fico degli scon­trini è la destra romana sodale di quella dop­pia filiera cri­mi­nale che ini­ziava con i fasci­sti della Banda della Magliana e finiva con i mafiosi.

Il giu­dice deci­derà, ma que­gli scon­trini restano indigeribili.
Infatti sono molto arrab­biato. Per la sini­stra non vale la para­bola della pagliuzza e della trave. Una pagliuzza, un’incredibile super­fi­cia­lità come quella degli scon­trini in una città scossa dagli scan­dali e da una crisi sociale
pro­fonda, ha lesio­nato il rap­porto fra i cit­ta­dini e il loro sindaco.

I par­la­men­tari della ’cosa rossa’ lavo­rano insieme da tempo. Alla camera, dove avete i numeri, farete un nuovo gruppo unitario?
Su que­sto sono fidu­cioso. Penso che intorno alla bat­ta­glia sulla legge di sta­bi­lità nascerà un gruppo più grande. Saranno le prove d’orchestra per una sini­stra che non cerca la via dell’accrocchio ma le ragioni dell’unità possibile.

 Prima delle vacanze era stato lan­ciato un appun­ta­mento della ’cosa rossa. Si farà o salterà?
Spero che si fac­cia. Sarà impor­tante che da parte di tutti ci sia un atteg­gia­mento di gene­ro­sità e un con­vin­ci­mento che la qua­dra la si trova sul ter­reno dell’innovazione e non su quello della restau­ra­zione di vec­chi schemi. Dob­biamo fare tutti un passo avanti. Se pre­vale la fur­bi­zia o il cal­colo miope non ce la faremo. Sel, la mia comu­nità, non chiude una sto­ria, non vuole dis­si­parla ma vuole fare un inve­sti­mento. Per que­sto è impor­tante che que­sta mia comu­nità abbia la cer­tezza che di arri­varci tutta intera. Signi­fica la cer­tezza per tutti che non stiamo imboc­cando un vicolo cieco.