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Venerdì, 27 giugno 2014

Un referendum per abrogare il pareggio di bilancio: parte la raccolta firme

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500 mila firme entro 90 giorni contro il Fiscal compact. Nel comitato promotore economisti, sindacalisti, parlamentari di tutti gli schieramenti politici. Per eliminare le disposizioni che obbligano governo e parlamento a fissare obiettivi di bilancio più gravosi di quelli definiti in sede europea. L’adesione di Sel.

Quattro referendum e  quat­tro «Sì» che potreb­bero modi­fi­care l’applicazione «ottusa» del prin­ci­pio dell’equilibrio di bilan­cio, eli­mi­nando alcune gravi stor­ture intro­dotte dal par­la­mento ita­liano. Si vuole così eli­mi­nare le dispo­si­zioni che obbli­gano governo e par­la­mento a fis­sare obiet­tivi di bilan­cio più gra­vosi di quelli defi­niti in sede euro­pea. Il refe­ren­dum abroga la dispo­si­zione che pre­vede la cor­ri­spon­denza tra il prin­ci­pio costi­tu­zio­nale di bilan­cio e il con­sid­detto «obiet­tivo a medio ter­mine» sta­bi­lito in Europa, una norma che non è impo­sta dal Fiscal com­pact. Vin­cendo il refe­ren­dum, l’Italia potrebbe ricor­rere all’indebitamento per rea­liz­zare ope­ra­zioni finan­zia­rie, un’azione oggi vie­tata. Infine, ver­rebbe abro­gata l’attivazione auto­ma­tica del mec­ca­ni­smo che impone tasse o tagli alla spesa pub­blica in caso di non rag­giun­gi­mento dell’obiettivo di bilan­cio, deciso dai trat­tati inter­na­zio­nali e non dall’Unione europea.

«Renzi sostiene che occorre battere i sacerdoti dell’austerità, per ridare speranza e futuro al nostro Continente. Non lo si può fare con un semplice palliativo che consiste semplicemente nel buon uso della flessibilità all’interno del patto di stabilità. Lo si fa rivedendo i Trattati, e partendo dal cuore del problema: il fiscal compact» Lo afferma Sinistra Ecologia Libertà con il responsabile esteri on. Arturo Scotto.

«La battaglia referendaria – conclude l’esponente di Sel – annunciata da un folto gruppo di docenti universitari ed economisti è una delle possibili strade giuste per ottenere questo risultato, che permetta agli europei di respirare, e garantisca un futuro all’euro al di là delle ottusità che abbiamo conosciuto negli ultimi anni».

La campagna, riassunta nello slogan “Stop all’austerità. Sì alla crescita, sì all’Europa del lavoro e di un nuovo sviluppo”, prevede fra il 3 luglio e il 30 settembre la raccolta delle 500mila firme necessarie per celebrare il voto popolare nella primavera 2015.

Le richieste di abrogazione popolare, spiega il giurista Giulio Salerno, puntano a rimuovere punti nevralgici della legge ordinaria attuativa dell’obiettivo di equilibrio dei bilanci pubblici, approvata in tempi record e senza un’autentica discussione parlamentare nel 2012. Finalità dei promotori è abolire le regole, non previste dalla Carta repubblicana né dai trattati europei firmati dal’Italia, che applicano in modo rigido e miope il principio del pareggio fra entrate e uscite. Una lettura ortodossa e integralista dell’austerità finanziaria adottata dalle istituzioni comunitarie che produce strategie vessatorie e restrittive per l’economia, il lavoro, lo sviluppo del nostro paese.

Accomunati dalla consapevolezza dell’urgenza di scelte nazionali ed europee espansive, i rappresentanti del Comitato promotore sono lo specchio di un mondo eterogeneo dal punto di vista culturale e politico. Ma le sue frontiere vanno estendendosi raccogliendo anche rappresentanti della minoranza PD, alla decisa adesione di Sel.

Alla conferenza stampa hanno partecipato Alfiero Grandi, Stefano Fassina, Miguel Gotor, Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre, Gennaro Migliore, Peppe de Cristofaro, Giulio Marcon, Giorgio Airaudo e Lanfranco Turci. In sala è stata notata dagli osservatori la presenza di Danilo Barbi; una presenza poco appariscente ma di peso: non solo in quanto Barbi è tra i 16 promotori del referendum ma perché, in quanto membro della segreteria della Cgil.

A illustrare la bontà del progetto di consultazione popolare è stato l’economista Gustavo Piga. Il quale ricorda, con i premi Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz, come “un’austerità ottusa abbia reso impensabile ogni politica industriale necessaria in una fase di crisi”. Per archiviare una strategia fallimentare portatrice di enormi sofferenze – ha rimarcato lo studioso rivolgendosi al premier – non è sufficiente puntare su un Fiscal Compact più flessibile, giocando con le virgole tramite estenuanti negoziati e continue manovre restrittive destinate ad accrescere rabbia e disincanto verso l’Europa.  Provvedimenti che, rileva il consigliere di Stato Paolo De Ioanna, hanno contribuito al crollo del 12 per cento degli investimenti pubblici italiani nel 2013.  “Esautorando di prerogative essenziali i Parlamenti nazionali, ridotti a organi di ratifica – in un clima di ‘embargo intellettuale’ – delle scelte assunte altrove spesso in antitesi con i principi fissati nelle Costituzioni”. Estromettere lo Stato dall’economia nelle fasi di contrazione produttiva e dei consumi, precisa l’economista keynesiano Riccardo Realfonzo, ha accentuato la divaricazione tra regioni europee nel PIL e nel tasso di disoccupazione. Risultati disastrosi che “lo stesso Fondo monetario internazionale riconosce, al contrario del Documento di economia e finanza governativo tutto interno alle logiche del rigore fine a se stesso: taglio generalizzato alla spesa pubblica e aumento continuo della pressione fiscale”.

L’orizzonte che ispira i promotori delle richiesta referendarie è così condensato dall’esperto di micro-credito Leonardo Becchetti: “Vorrei un’Europa in cui, come avviene negli Usa, un cittadino di Berlino fa credito al connazionale di Atene facendo in modo che il secondo non continui a indebitarsi”. E un federalista europeo come l’ex vice-ministro dell’Economia Mario Baldassarri, tra i pochissimi a votare contro l’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Costituzione e contro l’adesione al Fiscal Compact, si spinge oltre: “Se un accordo intergovernativo o i trattati costitutivi dell’Unione monetaria contraddicono tutte le teorie economiche e falliscono alla prova dell’esperienza, allora vanno cambiati”.

 

Leggi i quesiti referendari, le sue ragioni e chi sono i promotori

 

Commenti

  • Peppe Parrone

    Benissimo. Referendum da sostenere in tutti i suoi quesiti, e con convinzione. Ma detto questo, mi domando, perché questo assordante silenzio, e nessuno che propone affinché l’Italia si allinei a Francia, Inghilterra e Germania, le cui banche sono interamente pubbliche????. Penso sia necessario aggiungere un altro referendum per rendere pubblica Banca d’Italia. Ma se ormai non è più possibile dopo il decreto IMU-Bankitalia , sarebbe opportuno lanciare un appello per avere una BANCA PUBBLICA DI INTERESSE NAZIONALE.

  • Claudio Mezzanzanica

    Il referendum e’ una risposta inadeguata ad una risposta sbagliata per un enorme problema.. Il debito pubblico ci csota ormai il 20% delle entrate fiscali. Quasi 100 miliardi vanno nel pagamento degli interessi sul debito. Dunque dobbiamo avere una proposta sul debito. Il piano del fiscal compact e’ una risposta sbagliata per risolverlo ma qui viene il difficile. Quale e’ la nostra proposta per affrontare il problema. Dire no al fiscal compact e’ inutile se non hai una vera proposta per affrontare il problema.. Il referendum e’ una scorciatoia improduttiva. Inoltre dobbiamo fare i conti con la strategia inflattiva perseguita da Draghi
    per abbattere il debito. Perche’ accanto al fiscal compact stanno spingendo per una crescita della inflazione.
    Non bastano le risposte parziali. Dobbiamo avere la “visione” generale di quanto sta accadendo e avere una proposta. Ci ricordiamo del referendum sull’acqua? Bene facciammo il bilancio delle pratiche reali tre anni dopo e vediamo peche’ e’ stata una vittori di Pirro.

  • Guest

    Domanda: il referendum chi l’ha promosso? C’è un partito in particolare o solo associazioni e comitati?

  • Peppe Parrone

    Quando Claudio Mezzanzanica dice: ” Quasi 100 miliardi vanno nel pagamento degli interessi sul debito. Dunque dobbiamo avere una proposta sul debito.” Condivido al 100%. Questo è uno di quei problemi che sta in cima tra i tanti, e che non ci consentono di uscire dalla crisi. Ed allora, parliamone. Premesso che già solo dal 2006 al 2013 lo Stato italiano ha erogato circa 600 miliardi di euro per finanziare il proprio debito pubblico, solo nel 2013 la cifra è stata di oltre 78 miliardi. Quindi, considerato che il TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DLL’UNIONE EUROPEA ( TFUE), e precisamente all’art.123 comma 2 così recita: “gli enti creditizi di proprietà pubblica che nel contesto dell’ offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea, lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”. Ed ecco la domanda: perché in Italia non ci deve essere un ente creditizio di proprietà pubblica, che nel rispetto dell’art. 123 del Trattato possa prendere i soldi direttamente dalla BCE al tasso attuale dello 0,15% facendo così risparmiare oltre 70 miliardi di euro l’anno sugli interessi ????. Basterebbe fare come la Germania con la sua KFW-BANKENGRUPPE, che è posseduta per l’ 80% dalla Repubblica federale, e per il 20% dai Lander. Perché in Italia non si può fare????.

  • Davide Motta

    È stato promosso da “Viaggiatori in Movimento”. Puoi cercare info su questo partito googlando quanto scritto fra virgolette.

  • PIANTA SERAFINO

    ho 53 anni e da quando sono bambino che sento parlare di debito pubblico purtroppo e impossibile risolvere il problema, perché ciò e il principio che si basa la società capitalista, gli economisti creano regole su regole per modificare altre regole, da ora in poi, noi saremo testimoni dell’implosione del capitalismo, con conseguenze assai pesanti per le popolazioni del pianeta, perché di ciò dobbiamo parlare di globalizzazione e non solo di Europa, spero avere rappresentanti capaci e saggi, da riuscire a ridistribuire i diritti, e le risorse altrimenti non so come andrà a finire, per mee altri non ci resta che SEL, mi sembra impossibile essere arrivati a tutto questo.
    SPERO VIVAMENTE CHE LE FORZE POLITICHE CHE SI DEFINISCONO DI SINISTAR E SI IDENTIFICANO IN TALE RIESCANO A CREARE UNA SOLA SEGRETERIA,FORSE COSI RIDURREMO I DANNI
    CIAO
    Pianta Serafino

  • pinco pallino

    il corretto uso dell’italiano indica la preparazione del sig. Pianta e ne giustifica le deliranti aspirazioni di nazionalizzare.

  • Andrea

    I prestiti ed i debiti fanno ripagati se non siamo dei ladri