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Venerdì, 11 aprile 2014

Un tetto alle retribuzioni dei top manager pubblici e privati. La proposta di Sel

banconote-euro

Con una proposta di legge già avviata alla Camera Sinistra Ecologia Libertà introduce un tetto alle retribuzioni dei top manager.Non solo pubblici.

E’ ormai un dato di fatto la crisi è alimentata dalle diseguaglianze e l’Italia è uno dei Paesi più diseguali d’Europa. Il Paese dei paradossi in cui mentre le aziende chiudono, gli stipendi dei supermanager lievitano, senza termine di paragone né con le retribuzioni dei loro dipendenti né con i risultati della loro attività;e ancora il Paese in cui mentre nel periodo di astensione di maternità alle donne viene negato il premio di rendimento,le retribuzioni dei top manager sono slegate dallo stato di salute dell’impresa.

Sarebbe riduttivo catalogare tali paradossi nella rubrica delle ingiustizie insopportabili. Anche, ma non solo.

La Commissione d’inchiesta americana sulle cause della crisi del 2008 ha individuato nell’aumento esponenziale delle retribuzioni nel settore finanziario degli anni 80′ una concausa dell’allontanamento della finanzia speculativa dall’economia reale: nelle banche d’affari il premio alla redditività immediata di gestione ha incentivato emissioni sconsiderate di prodotti derivati senza valutare il rischio connesso.

Mettere un tetto quindi è una scelta di giustizia,è una scelta politica ed anche economica.

In questi giorni si è molto parlato del tetto alle retribuzioni dei dirigenti della Pubblica amministrazione. Ne ha parlato il Governo ne hanno parlato i media. Ma sarebbe un errore politico limitare lo sguardo alla P.A:per il senso comune e per gli effetti sul sistema economico del paradosso tutto italiano . Nel 2012 i massimi dirigenti bancari e assicurativi italiani hanno incassato in media stipendi 42 volte superiore a quello degli impiegati. Per Enrico Cucchiaini di Intesa Sanpaolo, il rapporto è stato addirittura di 108 a 1. Federico Ghizzoni di Unicredit ed Enzo Chiesa di Bpm hanno ricevuto retribuzioni superiori alla media rispettivamente di 82 e di 80 volte. Secondo una tabella elaborata dall’«Economist» i nostri CEO – ossia i capi azienda – sono i più pagati tra quelli dei 22 Paesi presi in considerazione, con ben 957 dollari l’ora, il numero 1 è Sergio Marchionne, il numero due è il vicepresidente di Luxottica. I Ceo tedeschi ne guadagnano poco più della metà, 546, più o meno come quelli francesi (551), mentre gli inglesi arrivano a due terzi (616). Tutto ciò mentre l’Italia figura fra gli ultimi posti in Europa per il livello medio delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. È alla pari con l’Ungheria e peggio, oltre ad altri tre Paesi dell’est (Romania, Ucraina, Russia), sta solo la Spagna.

Dopo la spending review ,alla vigilia del Def,mentre l’italia declina , la disoccupazione cresce e per far quadrare i conti degli 80 euro in più in busta paga vengono prospettati tagli lineari, è dunque un dovere aprire pubblicamente la discussione sull’argomento a tutto campo.

Con la nostra proposta di legge aumentiamo il potere decisionale e di controllo degli azionisti e vietiamo alcune forme di remunerazioni degli amministratori e dei dirigenti apicali: saranno le assemblee dei soci a stabilire con trasparenza i compensi dei manager e non i CdA. Proponiamo di vietare ai manager contratti di consulenza da parte di altre società controllate o controllanti della società di cui sono amministratori. Niente più bonus né retribuzioni anticipate, né premi per acquisizioni e vendite. Al momento della cessazione del rapporto potrà competere solo un’indennità adeguata alla retribuzione fissa, nella misura di un dodicesimo per ogni anno di durata della carica.

Proponiamo che il limite dei compensi dei manager delle società controllate dalla pubblica amministrazione (il riferimento è al Primo presidente della Corte di cassazione, circa 300.000 euro lordi) si applichi a tutte le società partecipate dallo Stato e che lo stesso valga per il cumulo degli incarichi eventualmente ricoperti nelle società.

Prevediamo un limite anche ai compensi corrisposti da società private sovvenzionate dallo Stato, come le grandi testate giornalistiche, ai propri dipendenti: gli importi non potranno superare i due terzi del trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione pena la perdita dei finanziamenti statali.

Perchè abbiamo il dovere di passare dalle parole ai fatti: senza equità e una nuova etica pubblica l’Italia non uscirà dalla crisi.

Vicepresidente Vicaria gruppo Sel alla Camera dei deputati

 

Commenti

  • Marco Liberatori

    Molto interessanti e i dati , messi a confronto, delle retribuzioni dei ceo in Italia e nei maggiori paesi europei. Forse Moretti ha fatto retromarcia quando ne è venuto a conoscenza! Credo che avrete già pensato ad una distribuzione mirata all’uscita di fabbriche ed uffici, mettendo nel volantino anche la richiesta della Patrimoniale che, con un minimo 0,5% potrebbe dare, con circa 20 miliardi di euro, un apporto determinante all’attuazione di riforme strutturali senza spremiture fiscali dei soliti noti.

  • Dario

    Ecco quello di cui nessuno parla. Ecco la sinistra. Ecco dove si vede la differenza tra le persone. Benissimo on. Di Salvo. Chissà se il governo sarà d’accordo (domanda retorica).

  • Tommaso

    La proposta non ha alcun senso economico. Mettere un tetto agli stipendi dei manager di societa private o comunque non controllate al 100% dallo stato porta a un minor gettito fiscale per lo Stato. L’IRPEF sopra i 75 mila Euro è tassata al 43%, l’IRES sui utili delle società è al 27.5%. In più non è detto che le società producano utili e che anche se questi utili vengano prodotti questi vengano distribuiti agli azionisti (unico modo per il quale lo stato possa ricevere un pagamento).

  • Matteo

    Che cazzata. Non serve a nulla. E’ soltanto una concessione al grillismo. Intanto la disoccupazione (nominale) raggiunge la quota record del 13%, continua il piano di annientamento della classe lavoratrice (le “riforme”) e di quel che resta della democrazia parlamentare ad opera degli euristi che voi sostenete. Però paghiamo meno i manager, eh! Sicuramente l’operaio che guadagna 800 euro al mese e che continuerà a essere sfruttato come prima sarà contento.

  • Francesco

    Non è vero! l’azienda privata potrebbe usare le liquidità derivate da un contenimento degli stipendi manageriali per reinvestire in sviluppo, marketing o per espandersi. Di conseguenza L’IRES rimarebbe al 27.5%, ma su un utile presumibilmente molto maggiore. Inoltre non dimentichiamo che un azienda che cerca di “far meglio” crea nuovi posti di lavoro (quindi anche nuove entrate IRPEF) e fà un servizio alla comunità. In ultimo non dimentichiamoci troppo facilmente che non siamo numeri , ma persone: la gratificazione nel lavorare in una società(privata) che ritieni gestita in modo egualitario e nella quale ti senti coinvolto e il non creare nel paese diseguaglianze economiche imbarazzanti vale , forse, un impegno. Con rispetto la saluto. Un eventuale replica sarà ben accetta e letta con grande attenzione!

  • Francesco

    non è la soluzione a tutti i mali, ma non ne aggiunge nessuno ed è un passo avanti nel cammino di una società migliore! p.s. leggi ,se interessato, il mio commento al commento di Tommaso