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Venerdì, 31 luglio 2015

Istat, cresce il numero di disoccupati giovani, mai così alto dal 1977. Uras: un’altra doccia fredda, per fortuna che c’era il Jobs Act…

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Il numero di giovani disoccupati aumenta a giugno su base mensile (+5,2%, pari a +34 mila). L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari all’11,5% (cioè poco più di un giovane su 10 è disoccupato). Tale incidenza aumenta nell’ultimo mese di 0,6 punti percentuali.

Nei dodici mesi il numero di disoccupati è aumentato del 2,7% (+85 mila) e il tasso di disoccupazione di 0,3 punti percentuali.

Il tasso di disoccupazione giovanile sale invece al 44,2% aumentando dell’1,9 %su base mensile e a giugno e tocca il livello più alto dall’inizio delle serie storiche mensile e trimestrali, raggiunto nel primo trimestre 1977: i giovani senza lavoro sono ora 682mila. La disoccupazione aumenta di 1,9 punti dal mese precedente, ma al tempo stesso si riduce il tasso di inattività di 0,2 punti fino al 74%.

«Dall’Istat arriva un’altra doccia fredda: il tasso di disoccupazione giovanile continua a crescere di mese in mese, segno che le politiche economiche messe in atto fino ad ora sono state tutte fallimentari».Lo ha detto il senatore Luciano Uras, capogruppo di Sel in commissione Bilancio, commentando i dati odierni diffusi dall’Istat.

«A fronte di questi dati così negativi – ha proseguito – non si capisce perché non ci sia mai nel calendario dei lavori della commissione Bilancio il tema relativo al destino produttivo del Paese. Si continua imperterriti a parlare di spending review, di tagli al welfare e ai diritti dei lavoratori, senza mai intervenire con provvedimenti strutturali di politica industriale, di misure per favorire le potenzialità produttive nazionali e per rilanciare la domanda interna».

«Per fortuna che la riforma del lavoro doveva portare immediati benefici sull’occupazione, soprattutto quella giovanile, la verità – ha concluso Uras – è che di Jobs act non si vive, ma c’è il rischio concreto che uccida le speranze di avere un futuro migliore».