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Lunedì, 23 novembre 2015

La sinistra in Sardegna: autonomia e specificità, ma nessuna separatezza!

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Siamo all’interno di un percorso europeo e nazionale di rinnovamento e ricomposizione della sinistra. E in Italia guardiamo alla costruzione di un nuovo soggetto politico della sinistra, autonomo e unitario, capace di unire ed aggregare persone nuove, di lanciare da sinistra la sfida per il governo del cambiamento.

Sinistra italiana è un gruppo parlamentare e al contempo un primo contributo a questo percorso, che necessariamente dovrà crescere in un corretto equilibrio fra base e vertice, fra centri e territori. Un percorso per tappe e iniziative che nel 2016 darà alla luce il partito nuovo.

Dentro questo percorso è fatta salva l’autonomia territori (ed anche in Sel del resto è sempre stato così): sia quella decisionale, nella strettoia delle elezioni amministrative della prossima primavera, che necessariamente si misura con la specificità della dimensione locale, nella ricerca continua, intelligente e ostinata, di un migliore insediamento nei luoghi dove materialmente si manifestano le contraddizioni sociali e culturali, ma anche le potenzialità inespresse di nuovi modelli di sviluppo possibili.

Ecco perché nel percorso nazionale ci collochiamo portando l’originale contributo della nostra terra, il suo accento e il suo carattere, la ricchezza del suo dibattito politico, respingendo (come sempre abbiamo fatto) qualsiasi forma di centralismo autoritario. Sia che voglia essere fatto valere da Roma, sia che esso si manifesti all’interno, nella pretesa della parte urbana di quest Isola di prevalere su quella rurale. Perché di centralismi ne esistono tanti, non solo uno. E perché si debbono contestare tutti, non solo uno.

La sinistra è un concetto di unità, non di piccole patrie. Perciò rifiutiamo qualsiasi forzato ed artificiale (e qualche volta persino reazionario) richiamo all’identità di popolo. E non arretriamo di un millimetro dall’idea che si debba costruire una migliore solidarietà fra le parti oppresse di ogni luogo, di ogni regione d’Italia, di ogni parte del mondo.

Perché i precari, i disoccupati, gli sfruttati, sono uguali dovunque. E perché chi rende le loro esistenze precarie e senza speranza è uguale dovunque. Perché l’ingiustizia è sempre tale, commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. Perciò pensiamo che sia li – nel processo più generale – che vadano fatte valere le ragioni dei sardi, riconoscendole nelle ragioni di altri, rifiutando ogni rappresentazione caricaturale di una crisi e di un collasso sociale che riguarda tutta l’Europa e tutto il Paese, rifuggendo anacronistiche tentazioni separatiste, rinnovando la nostra cultura dell’autonomia e della specificità come migliore e più avanzata forma di unità, nuova e più avanzata richiesta di rispetto dei valori costituzionali della Repubblica nata dalla Resistenza.

Una sinistra capace di innovazione e aperta alla ricerca sul piano politico e culturale, che si prefigga di ricostruire un rapporto denso con la rabbia e la sofferenza sociale, con quella sconfinata fetta di popolo che ha rinunciato a votare o che si rifugia nella disperazione del voto di pura protesta, che ricomponga trame di buone pratiche diffuse in tutto il territorio nazionale, che aspettano rappresentanza anche quando non si autodefiniscono di sinistra, che sia capace di rappresentare una alternativa non omologata al populismo ed alla xenofobia, che offra una speranza e una prospettiva.

Sinistra italiana ha aperto una breccia. Tocca ora a noi farla diventare un varco, un passaggio ampio, nel quale possano entrare in tanti e in tante. Come successo in Spagna, in Grecia, in Portogallo.

 

 

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