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Venerdì, 31 ottobre 2014

Quando l’ordine pubblico è un problema politico

Angelino-Alfano

Il ministro degli Interni Angelino Alfano nella sua informativa a Camera e Senato ha dichiarato che è lontana anni luci dalle intenzioni del governo e del Viminale l’idea di manganellare gli operai. Sarebbe stato ovviamente inaudito oltre che istituzionalmente irrituale che il ministro dicesse il contrario. Però due giorni fa è successo proprio questo e la responsabilità di un episodio così grave non può che essere del ministero dell’Interno e, personalmente, del ministro. E non si può proprio girare pagina, come se nulla fosse accaduto.
La Cgil, attraverso le dichiarazioni della segretaria generale Susanna Camusso, ha accettato le scuse, formulate a suo giudizio dal responsabile del Viminale, nel corso dell’informativa al Parlamento. In realtà Alfano si è esercitato soltanto in un’equa e ministeriale distribuzione di sentimento solidale agli operai e ai poliziotti rimasti malamente coinvolti nelle cariche. Ma ha dimenticato di chiarire il particolare che i danni riportati dalle parti sono stati assai diversi e non ha detto nulla del fatto che le cariche e i conseguenti disordini sono avvenuti per esclusiva, preventiva e predominante azione dei poliziotti. I famosi manganelli in dotazione.
Soprattutto il ministro non ha fornito alcuna spiegazione sulla dinamica dei fatti, su chi ha deciso che cosa e cose del genere. Sul cuore del problema ha poi steso un velo pietoso, nulla dicendo infatti sul perché un semplice funzionario di polizia, responsabile della piazza, abbia deciso, per sua iniziativa – o perché altrimenti? – di alzare il tiro. E questo in una giornata già tesa, all’indomani di una grande manifestazione sindacale che aveva alimentato polemiche e contrapposizioni, e nei confronti di una’altra manifestazione di gente – gli operai siderurgici di Terni appunto – che quando scende in piazza lo fa soltanto perché non può fare altrimenti e ha tutto il diritto di farlo, soprattutto quando è in gioco l’esistenza di ognuno e il futuro di una città. Terni e l’acciaio sono un tutt’uno, come ripetono i lavoratori della Thyssen.
Quando succedono fatti così gravi che coinvolgono le forze dell’ordine in episodi di mal uso e eccesso d’uso della forza o vera e propria violenza, la chiarezza è sempre indispensabile, un punto da cui partire. Soprattutto in periodi in cui tutto è rimesso in discussione come succede oggi.
Per la segretaria Camusso è oggi essenziale soprattutto allontanare il mantra renziano che la Cgil lavora per creare problemi al governo e per questo scopo la stessa Cgil cerca di politicizzare in ogni modo lo scontro. Camusso vuole mantenere aperta la possibilità di ottenere qualche modifica sui provvedimenti del governo, vuole uscire nel modo meno traumatico possibile da un braccio di ferro con Renzi da cui per la Cgil dipenderà molto del suo futuro. Così ha interpretato la rachitica informativa di Alfano anche come una forma di scuse e ha scelto di depotenziare la portata delle polemiche di cui è stata lei stessa protagonista. La si può capire, con tutti i problemi che ha di fronte in questa fase politica. E con tutte le inadeguatezze sindacali che la Cgil ha accumulato nella storia degli ultimi vent’anni e che oggi pesano come macigni nel rapporto col governo del rottamatore.
Ma la gravità di quello che è successo resta tale sul piano politico e la richiesta delle dimissioni di Alfano che Sel ha avanzato (con il M5S) è l’unica iniziativa che sul piano parlamentare risponda adeguatamente alla disastrosa gestione della piazza e alle responsabilità di “leggerezza” politica del ministro.
Matteo Renzi col Jobs act ha dato fuoco alle polveri. Occorre partire da qui. Nel giro di pochi giorni ha messo in scena un’evidente, dura strategia di delegittimazione e umiliazione del sindacato, della Cgil in modo particolare (e alcuni brillanti figuranti della sua corte gli hanno dato man forte andando oltre misura). Questa strategia si configura oggi come il passaggio fondamentale su cui Renzi punta per consolidare il suo potere e la sua credibilità presso le cancellerie europee, perché con essa può dimostrare di voler tagliare i ponti con quel che resta dei retaggi novecenteschi, completando la modernizzazione neoliberista del mercato del lavoro in Italia. Con il Jobs act il clima politico non solo si è rapidamente arroventato ma è passata all’improvviso anche l’idea, si è diffusa la sensazione che le mobilitazioni sindacali possano d’ora in avanti essere trattate come si trattano quelle poco amate dai governi e dalla politica dei palazzi. Quelle che portano in piazze i problemi a cui non si è più in grado o non si vuole dare una risposta. Quelle che danno fastidio e bisogna soprattutto “contenere”. Quelle dei soggetti considerati senza importanza, che si possono ignorare.
Un responsabile del Viminale degno di questo nome, in giorni come questi, avrebbe dovuto capire che il clima poteva generare ulteriori problemi, permettere fraintendimenti su altri terreni, e per questo preoccuparsi di prevenire ogni ulteriore elemento di inasprimento della situazione, dando indicazioni precise, quel giorno in particolare alla Questura di Roma, affinché non si verificassero da nessuna parte, tanto meno al centro della Capitale, episodi come quello contro gli operai della Ast di Terni. Il clima politico del momento e la mancanza di precise indicazioni da parte della scala gerarchica è spesso alla base di vicende segnate da eccessi polizieschi nelle piazze. È successo spesso in Italia. Quando le forze dell’ordine non riescono a fare ordine pubblico come dovrebbero – e come di solito sanno fare – c’è sempre qualcosa che non funzione nella trasmissione e nella chiarezza degli ordini superiori.
C’è sempre un lato politico in gioco. Per questo la richiesta delle dimissioni di Alfano è necessaria, perché, al di là delle chiacchiere pittoresche e fumose del ministro, la responsabilità è soprattutto sua. Le responsabilità di altri, da appurare, vengono di seguito. Tra l’altro già in altre occasioni Alfano si è reso responsabile di episodi poco edificanti senza mai pagare scotto.

Commenti

  • massimo gaspari

    picchiano il popolo ridotto alla fame dalla loro guerra imperialista. espropriare i siti produttivi

  • francesco

    Alfano è il Ministro degli Interni del governo Renzi. A lui è stato relegato il compito di reprimere e “intimorire” la piazza che osa ribellarsi alle sue politiche di austerità e di azzeramento dei diritti conquistati dai lavoratori in decenni di lotte sindacali. Dunque, il problema non è solo Alfano (tolto lui ne metterebbero un altro di uguale affidabilità, forse anche peggiore) ma di tutto il governo a trazione PD, nato per eseguire gli ordini impartiti dai soloni di Bruxelles per conto del grande Capitale.La lotta per liberarsi del giogo dei Poteri Forti non può prescindere dall’alternatività al PD e al “centrosinistra” che ne rappresenta il Comitato D’Affari.