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Scelgo Bersani, Renzi è in sintonia con Merkel

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In questa “giornata terribile per la Puglia”, in cui sull’Ilva si è accanita persino una tromba d’aria, Nichi Vendola fatica a distogliere l’attenzione dalle vicende di Taranto, a partire dall’operaio ancora dispero: “I danni dell’inquinamento, quelli del surriscaldamento del clima: tutto intorno a noi ci dice di come la crisi ambientale abbia ormai assunto un carattere strutturale che impone una riconversione dell’agire politico, squarciando l’agenda delle pigrizie culturali.

Lei però resta molto freddo sul decreto che oggi il governo varerà sull’Ilva…

“Non sono d’accordo con qualcosa che possa confliggere con l’attività giudiziaria. Aspetto di vedere il testo. Noi pensiamo che il cuore di una iniziativa positiva stia nella accelerazione della valutazione di danno sanitario. Noi abbiamo introdotto questo parametro rivoluzionario per legge, che prevede che l’industria pesante non debba solo rispettare i limiti delle emissioni, ma dimostrare di non pregiudicare la salute e, in caso di danno, adottare interventi correttivi. Nell’Autorizzazione integrata ambientale questa indicazione è stata accolta, ora si tratta di renderla operativa. E’ possibile in tempi rapidi avere una fotografia del danno sanitario e una indicazione chiara sugli interventi da fare per interrompere la catena di reati. Se questo percorso venisse completato in modo efficace, credo che ci potrebbe essere anche una rivalutazione dei provvedimenti giudiziari”.

E’ possibile ipotizzare una nazionalizzazione dell’Ilva?

“Bisogna discutere laicamente di questa ipotesi, del resto anche Hollande ha ipotizzato la nazionalizzazione di una grande acciaieria francese. Dal governo mi aspetto una proposta chiara, che non appaia né come un de profundis per una fabbrica che invece va salvata, e neppure come uno scaricabarile: per anni come Regione siamo stati lasciati soli a scoperchiare una realtà come l’Ilva che per decenni era stata coperta da omertà anche istituzionali. E oggi ricevere l’accusa di inerzia per me è davvero paradossale”.

Veniamo alle primarie. Per chi voterà al ballottaggio?

“Voterò Bersani, e lo farò perché è una persona perbene, uno dei rari leader politici non affetti da cinismo, un amministratore di talento e soprattutto un uomo di sinistra. Un socialista europeo figlio della migliore tradizione del riformismo italiano”.

In cosa consiste quel “profumo di sinistra” che lei dice di aver annusato ascoltando Bersani?

“Non c’è dubbio che il lessico e la sensibilità di Bersani sono lontani anni luce dal post-modernismo di ispirazione liberista di Renzi. A Pier Luigi voglio dire che il mio voto l’ha conquistato, ma deve fare lo steso con quello dei miei elettori. E per farlo non basta il mio sostegno“.

Cosa dovrebbe fare?

“Deve andare oltre il profumo, fare scelte forti e in controtendenza rispetto al pensiero dominante. Faccio un esempio: davanti al premier Monti che evoca la fine del servizio sanitario nazionale servono parole molto più chiare. Così sulla difesa della scuola pubblica e sulle spese militari. Ci sono orecchie attente, soprattutto tra i più giovani. Ora Bersani può e deve accendere una speranza nel Paese”.

Renzi sostiene che una quota dei suoi voti siano anti-apparato, contro l’establishment del Pd. E quindi recuperabili proprio dal sindaco rottamatore…

“Non c’è dubbio che dopo la fine del berlusconismo non si è messa a fuoco la crisi di quel modello sociale liberal-populista, ma tutta la politica è stata messa sul banco degli imputati senza distinzioni. Questo ha consentito di occultare le ragioni della crisi, a partire proprio dalla subalternità della politica ai poteri finanziari e dalla sua distanza dal mondo del lavoro”.

E questa la critica più dura che lei fa a Renzi: non aver rotto questo modello liberista?

“Da rottamare è questo modello sociale che ci ha privato di una dimensione comunitaria e solidale e rende sempre più anoressico lo Stato sociale. In Renzi non c’è alcun cenno critico verso l’austerity e la cultura liberista, nessuna eco rispetto all’America che chiede il recupero di un approccio keynesiano”.

Se dovesse vincere il sindaco lei resterebbe nella coalizione?

“Io lavorerò perché vinca Bersani, questa per me è la priorità e non discuto neppure della subordinata”.

Torniamo ai suoi elettori: sono o no rottamatori?

“I miei elettori sono in primo luogo sensibili a quel profumo di sinistra…”.

Eppure Renzi come lei dice no ad una alleanza con Casini…

“E’ solo un giochino. Sul mercato del lavoro il sindaco è più a destra dell’Udc, sulla riforma delle pensioni la pensano allo stesso modo. Devo però ammettere che sul piano della tattica è molto bravo a depistare. Ma a me pare che, sui contenuti, il sindaco sia più in sintonia con la Merkel che con Hollande. Un’altra buona ragione per scegliere Bersani”.

Che ruolo immagina per se in un eventuale governo di centrosinistra?

“Non sono capace di ragionare di politica a partire dalla mia carriera. Ho sempre scelto insieme ai miei compagni, farò lo stesso questa volta”.

Lei sarà candidato alle elezioni alla guida delle liste di Sel?

“Una domanda prematura, per me l’obiettivo è costruire il partito del futuro, il soggetto capace di raccogliere le energie dei popoli di sinistra, di ricostruire la coalizione del lavoro e dei diritti”.

Vuol dire che pensa a una lista comune con il Pd?

“Non intendo ridurre il tema della sinistra del futuro a una questione organizzativa”.

Dalla vicenda Ilva che messaggio arriva al centrosinistra?

“Che lo Stato non può più abdicare ai doveri di orientare la politica industriale, come ha fatto in questi anni. Non c’è stato un investimento serio sui processi di innovazione tecnologica e ambientale. Quando parlo di profumo di sinistra mi riferisco anche a questo: all’idea di un nuovo modello sociale che metta al centro il lavoro stabile e sicuro dal punto di vista della salute. E’ su questi temi che con Bersani spero di riuscire a fare molti passi in avanti”.

A. Carugati

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