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Lunedì, 18 agosto 2014

Appello per Venezia: la città non può aspettare

Venezia -

Una donna. 48 anni, messicana. Una malattia giunta ad uno stadio terminale. Un desiderio. L’ultimo: il sogno romantico di vedere Venezia, prima di morire. Ormai ridotta in carrozzella, accompagnata dal marito (perché quel viaggio doveva essere con lui), parte in aereo dal Messico per giungere nella nostra laguna. Prende alloggio in un albergo a Preganziol. Poi, mercoledì 13 agosto, finalmente può girare per Venezia, vedere il ponte di Rialto e Piazza San Marco; girare per le calli e i campielli. La sera, rientrata in albergo, si sente male, poco dopo muore. Forse, quel desiderio era stato così potente da darle la forza di rimanere in vita. Poi, realizzato il sogno, bisogna concedere al proprio individuale destino di compiersi e, la donna, si lascia morire.

Una storia qualunque, che le cronache dei quotidiani di questi giorni hanno narrato e noi, distratti, non ci siamo accorti di quanto questo evento parli di Venezia. Quanto dica che Venezia è un patrimonio del mondo intero, quanto insegni che essa fa parte dell’immaginario collettivo di tutti noi, esseri umani. Di come essa alberghi nei cuori e plasmi le menti di tutti gli abitanti di questo nostro pianeta. Non esiste città al mondo che avrebbe potuto farsi cornice di un fatto di cronaca come questo. E’ una storia che, ambientata a Venezia, ha quasi il sapore di una quotidiana normalità, per questo diviene paradigmatica.

Una città che fa parte dal Patrimonio Universale dell’Umanità: rappresenta per l’Unesco non solo ”un capolavoro del genio creativo umano”, ma un luogo in cui “le barene hanno la stessa importanza delle isole, le case fondate sui pali, i villaggi di pescatori e le risaie richiedono di essere protetti allo stesso modo dei palazzi e delle chiese”.

Ebbene in questo mese d’agosto, in cui tutto sembra impazzire e ogni elemento uscire dai gangheri, il “Comitatone” decide di avanzare con il progetto dello scavo del Canale Contorta senza che una rappresentanza della città possa esprimersi. Il commissario Zappalorto, infatti, si astiene. La città, la cui laguna è patrimonio dell’umanità, è così espropriata anche soltanto del diritto di parola, resa afasica.

E’ il commissario stesso (che assomma su di sé i poteri del Sindaco, della Giunta e del Consiglio Comunale) ad affermare che si è trattato di un “un voto politico” e a precisare che, in quanto tale, non riteneva, gli competesse. Evidenziando così, nella correttezza formale della sua posizione, che Venezia è senza una guida politica . “Nave senza nocchiere in gran tempesta”.

La città “Serenissima”, che è sempre stata capace di serenità nella gestione dei suoi problemi interni e nel confronto con il mondo intero, nella sua storia millenaria così come nella contemporaneità, oggi è abbandonata a se stessa, senza un potere politico, democraticamente eletto, che la rappresenti.

Un ex sindaco, il filosofo Massimo Cacciari, qualche giorno fa, ha lanciato un appello al Governo- Renzi perché preveda la possibilità di andare al voto entro la fine dell’anno, sostenendo, proprio, che Venezia è del tutto abbandonata a se stessa e che non è pensabile che la città possa rimanere fino alla prossima primavere senza una guida politica.

Ma lo capirebbe anche un bambino che Venezia, città complessa e delicatamente fragile, non può reggere, in queste condizioni, fino alla prossima primavera.

Come può resistere una città, come la nostra, quando la macchina stessa dell’amministrazione comunale si rivolta contro, in forme assolutamente indite, contro chi dovrebbe dirigerla e si viene a rompere qualsiasi patto fiduciario tra l’Amministrazione e i suoi dipendenti?

Come può vivere, questa città, quando a saltare è un sistema di welfare, strutturatosi negli anni, che ha garantito non soltanto ai più bisognosi di integrarsi e poter vivere, ma che era garanzia per tutti di sicurezza e vivibilità?. Eccetera. Eccetera

Qui non è questione di esprimere un giudizio pro o contro la passata amministrazione comunale, né di costituire la “fronda” dei quarantenni (oppure di quella dei trentenni o dei cinquantenni) né di “prendere tempo” per riorganizzare i propri partiti per le prossime elezioni amministrative, immaginandole per la primavera prossima.

Dum Romae consolitur, Saguntum expugnatur. Ma, in questo caso, è Venezia. ad essere espugnata (e a bruciare)

Qui si tratta di riappropriarci di quel “bene comune” che è la nostra città. La “Venezia migliore” deve risorgere da queste macerie , da subito, e salvarsi ritrovando l’orgoglio dell’essere una grande città del mondo, capace di prendersi cura di se stessa e di esprimere un governo democraticamente eletto.

La città intera dovrebbe chiedere di andare, subito, al voto per amore di se stessa, della propria storia e del suo divenire.

E poi c’è il rispetto di un desiderio che, dal Messico, ha mosso una donna a vedere Venezia, per poi morire. E quel desiderio deve trovare ancora cittadinanza in questa nostra città, così come nell’immaginario collettivo del nostro mondo globale.

*Coordinatrice SEL Venezia centro storico e componente Assemblea Nazionale SEL

 

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