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Giovedì, 6 marzo 2014

Cambiare l’Europa, non per vederla morire

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Mi candido per cambiare l’Europa, non per vederla morire. Sono cresciuto con l’idea che l’Europa fosse una grande speranza collettiva, intessuta di solidarietà vera e di opportunità concrete: quelle che si danno ai ragazzi per formarsi, apprendere, crescere, e alle culture di incrociarsi, contaminarsi, migliorarsi. Mi sono ritrovato ad un certo punto a Bruxelles, a lavorare per far sì che quei sogni che avevo da ragazzo potessero avere le gambe per camminare.

Ho visto con mano quanto poteri finanziari e istituzioni non elette, sotto il mantra dell’austerity, trasformassero quell’Europa che alludeva a un sogno in un incubo. Oggi l’Europa significa 120 milioni di poveri, una generazione intera confinata nella precarietà, bambini non in grado di curarsi, ricchezze enormi – il 10% del PIL europeo, pari a 240 miliardi di euro – trasferite in pochi anni dal lavoro alla rendita finanziaria, migliaia di migranti senza nome che giacciono nel più grande cimitero d’Europa: il mar Mediterraneo. Abbiamo speso milioni di euro per difendere le nostre frontiere, per poi scoprire che ci siamo armati e difesi da chi cerca rifugio su una zattera e muore con un bimbo in braccio.

Questa non è l’Europa che sognavano Altiero Spinelli o Ernesto Rossi, né tanto meno quella che giovani generazioni hanno introiettato come un’opportunità di studio, di lavoro, di crescita. E da qui bisogna ripartire: giocando la partita di chi non vuole rinunciare all’idea che l’Europa può essere altro.

Nel dibattito pubblico italiano, così come nelle scelte degli ultimi quattro governi, il “ce lo chiede l’Europa” è servito a legittimare gli ordini che provenivano dalle istituzioni meno democratiche (Banca Centrale, Fondo monetario e Commissione), cioè quelle non elette, mentre il Parlamento di Strasburgo emetteva risoluzioni che sono rimaste inascoltate: penso a quella sul reddito minimo garantito, presente in tutta Europa tranne, guarda caso, in Italia e in Grecia.

Ma l’Europa democratica che ci chiede questo, come di risolvere la situazione indegna delle nostre carceri e del nostro welfare, rimane oggi inascoltata a vantaggio di chi vuole strangolare i popoli in difficoltà. Per questo sarebbe importante andare in Europa, per incidere sul cambiamento delle istituzioni e delle politiche europee, per far sì che questo spazio comune torni ad essere quello dei diritti per tutte e tutti, dei fondi per la crescita e la buona occupazione, del rispetto delle norme per la tutela ambientale, dell’investimento nelle fonti rinnovabili e nella cura del territorio.

Il tempo è adesso. Perché questo si candida a fare Alexis Tsipras, e questo spero di poter fare al suo fianco. Perché non mi capacito all’idea che la sinistra o è succube e alleata delle destre o non è. Perché voglio riportare al centro del dibattito italiano ed europeo la parola uguaglianza.

Per questo sono candidato nella lista “L’altra Europa con Tsipras” per la circoscrizione Centro. Perché vorrei mettere in questa nuova avventura tutto quello che ho incontrato nella vita: dalle fatiche e le lotte dei miei genitori alle speranza tradite dei ragazzi della mia generazione. Perché ancora un filo ci tiene insieme: l’idea che un altro mondo, un’altra Europa è possibile. E che noi la costruiremo insieme.

Commenti

  • Vincenzo Genovese

    Se verrai eletto non ci deludere. Di delusioni ne abbiamo prese tante è ora del cambiamento

  • Marco Furfaro

    Non lo farò. Ne ho avute troppe pure io e ancora di più la mia generazione. Grazie del messaggio!

  • rosella

    e’ vero che chi vota la lista senza preferenze il voto va al GUE?

  • Dario

    Voterò Sel, e quindi non mi dispiacerebbe affatto un posto in Europarlamento soprattutto per lei, perché state facendo la cosa giusta e perché credo in voi. Una sola riflessione. Se il PSE sceglierà la Grosse Koalition, e spero proprio di no (in teoria non dovrebbe esistere nulla di più a sinistra e di più serio del socialismo!), immagino si dovrà prendere seriamente in considerazione l’ingresso nella GUE (il che non sarebbe affatto assurdo, sarebbe la giusta collocazione a sinistra, una sinistra che con Tsipras ha abbandonato la strada dell’inconcludenza). Certi partiti, soprattutto la SPD, mi paiono troppo moderati: spero di sbagliarmi. Certo il PD sarebbe preparato: “noi sì che sappiamo come si fanno le larghe intese”!