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Lunedì, 29 giugno 2015

Che si apra la discussione a tutto campo. Un mondo capace di futuro, che guarda alle nuove generazioni

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“Per coagulare sul serio percorsi ed ispirazioni diverse in uno sforzo comune (non necessariamente in un partito comune!), bisogna che prima di tutto le rigidità e gli spiriti di bandiera si attenuino e magari si dissolvano. “Solve et coagula”, sciogliere e coagulare, dicevano gli alchimisti rinascimentali”. Questo proponeva decenni or sono Alex Langer, proprio qualche giorno fa si è ricordato il ventennale dalla sua scomparsa, al PCI di allora, lo faceva sullo sfondo della crisi dell’Europa, attraversata dagli scossoni della guerra fredda, e lo proponeva partendo dal pensiero ecologista.

Solve et coagula, appunto, per rigenerare sé stessi, trasformare i metalli in oro. Non necessariamente abbandonare del tutto la propria composizione chimica ma scioglierla e ricoagularla con altre componenti che si sciolgono a loro volta, per costruire una nuova struttura, non un composto unico, ma un’architettura collettiva. Proviamo a rileggerle oggi queste parole.

Solve: rompiamo gli elementi, dissolviamo le forzature, degli stati negativi del corpo e della mente. Mettiamoci a disposizione, superiamo le rigidità, culturali e non, fondiamoci, non solo nel senso di “mescolarsi” ma anche di produrre dinamiche “costituenti”, in pratiche e rivendicazioni comuni, che lo scioglimento non possiamo farlo a tavolino né affidarci alla mano di un alchimista, qua l’alchimista è collettivo ed il laboratorio è la carne viva della società.

Coagula: coaguliamo gli elementi dispersi in una nuova sintesi, incontriamoci su vertenze comuni, in pratiche che coniugano “nuovo mutualismo” e partecipazione, democrazia diretta e costruzione intelligente del conflitto. Facciamolo come abbiamo fatto questi giorni nei quali al di là del vocabolario proprio della disputa politica, ci si è rimboccati le maniche, raccolto medicinali, vestiti, praticato la societa’ dell’accoglienza che vogliamo come nostra prospettiva. E facciamolo ancora , dialogando, magari iniziando nel condividere le proposte referendarie rilanciate nella prima assemblea di “Possibile”, creando connessioni con le forze della coalizione sociale, con chi si aggregherà attorno alla scelta fatta da Stefano Fassina, chi si adopera per costruire un’altra Europa e e non solo, le realta’ ecologiste quali Green Italia, ma anche e soprattutto con tutte quelle realtà che oggi costruiscono alternative e le praticano quotidianamente. Che nella pratica e nelle pratiche già fanno sinistra.

Solo coniugando partecipazione diretta e costruzione di pratiche di solidarietà sociale, sarà possibile permettere a questo “solve et coagula” di non essere solo una formula “in vitro”. Certo dovremo evitare accuratamente scorciatoie, prevenire il rischio di una riproduzione di ceto politico, o di formule consunte o mutuate da esperienze altrui. Tuttavia possiamo ispirarci ad alcune esperienze altrui per trarre elementi utili al nostro lavoro culturale e politico allo stesso tempo. Una delle intuizioni a mio parere più interessanti di Syriza è proprio quella di accompagnare alla costruzione di un “soggetto” politico di sinistra, la proposta di pratiche di nuovo mutualismo, giacché oggi è dalle condizioni materiali delle persone che riparte lo slancio per un progetto di liberazione e la costruzione di alternativa. L’altra sfida, quella di Podemos, rimette in discussione il concetto stesso di potere e le vecchie categorie di “destra” e “sinistra”, proponendo invece un dualismo tra il “basso” e “l’alto”, tra chi vive nella società, chi pratica resistenza, chi soffre da una parte e chi si chiude a riccio nei palazzi del potere, e – come giustamente sottolinea Juergen Habermas in un suo recente articolo critico nei confronti della posizione di Angela Merkel verso la Grecia – diventa uno zombie, non più politico, ma volenteroso carnefice al soldo della finanza e dell’austerity.

Lo sfondo è ancora quello dell’Europa e della crisi ambientale, appunto – e le parole di Alex ancora una volta svelano la sua grande lungimiranza . L’enciclica di Francesco ci ricorda l’urgenza di superare la logica della crescita illimitata e della trasformazione in merce della natura, di riconoscere che ambiente e giustizia sociale, debito ecologico e sociale, sono le due facce della stessa medaglia. Alexis Tsipras con la sua determinazione a non cedere ai diktat del Brussels Group e dell’FMI è lì a ricordare che la dignità non può essere messa sul banco di una trattativa impari, dal carattere puramente “politico”, rivolta essenzialmente a reprimere un’anomalia possibile dal pensiero unico. L’Europa di oggi ci sta morendo sotto agli occhi, con il ricatto spietato ad Atene, con nuovi muri, da Ventimiglia, all’Ungheria di Orban, alla Bulgaria. E’ un’Europa che si rifiuta di assumere una volta per tutte l’obbligo di solidarietà nei confronti di profughi che sfuggono le guerre e le dittature. Che decide di lanciare una missione militare per “arginare” il flusso di disperati, e si inventa formule tecnocratiche, “hub aperti” ed “hub chiusi” per tentare di normare contro natura un elemento, quella della mobilità, che è insito nella natura stessa e nella storia dell’umanità. Resta però l’Europa il contesto nel quale provare a costruire un’alternativa, Non è un caso che a migliaia in Piazza Syntagma si appellavano allo spirito originario del progetto europeo.

Oggi come non mai il globale ed il locale di fondono, le differenze tra la prospettiva nazionale ed europea della politica si attenuano fino a scomparire. C’è però ancora troppa poca Europa e poco mondo nel dibattito sulla ricostruzione del “soggetto politico” ed occorrerà pertanto uno sforzo per “sprovincializzare” il nostro quadro di riferimento, collocandoci nel quadro della ricostruzione di un’altra Europa, solidale, giusta, verde, e rafforzando relazioni con soggetti politici e non europei e trasnazionali.

Credo che oggi SEL possa fare molto. Sta già facendo molto e sarebbe riduttivo limitarsi al discutere se sciogliersi “sic et simpliciter” o meno, cadendo appunto nel rischio di affidarsi all’alchimista rinascimentale, calando dall’alto scelte e decisioni che devono invece per aver senso , essere condivise dalla nostra comunità, comprese, e elaborate. Ciò sarà possibile proponendo un laboratorio collettivo, luogo o luoghi di convergenza su obiettivi condivisi e di scambio e elaborazione di alternative possibili. Comprendendo poi quale può essere il valore aggiunto che la nostra esperienza – con i suoi successi ma anche con i suoi errori e le sue false partenze – puo’ fornire ad un futuro percorso comune. Occorre farlo emergere questo valore aggiunto, tradurlo in messaggio collettivo, in pratiche condivise: da una parte quella di “democratizzare realmente la politica” e dall’altra di contribuire alla “ri-politicizzazione dello spazio pubblico”.

Il filosofo francese Jacques Derrida una volta ebbe a dire che è difficile pensare al nuovo quando ciò dipende dall’evento di altri, Oggi gli altri siamo noi, non solo chi ha la tessera di SEL o simpatizza, e da noi dipenderà il nuovo, siamo noi i costruttori dell’evento, non attendiamo di definirlo di risulta rispetto alle scelte di altri o di un ipotetico alleato di governo. Per questo un approccio alla politica fondato sui diritti, come base di una nuova società ed un nuovo protagonismo politico, comporta delle scelte non solo in termini di obiettivi e principi, ma anche di procedure. Ricordo un bel documento di ACT! nel quale si propone di partire dal basso, accanto agli oppressi, in direzione della sinistra. Ecco credo che questo suggerimenti sia assai valido e dovremmo praticarlo e proporlo a chi oggi naviga nell’arcipelago ancora un pò indefinito di quella che sarà la sinistra futura. Rovesciamo anche noi la piramide, apriamo porte e finestre, lasciamoci dietro una volta per tutte esitazioni e timori. Valorizziamo e diamo spazio a menti fresche, alle nuove generazioni. Mettiamoci tutti in cammino, a “piedi scalzi”, con generosità, spirito di autentica collaborazione. Proviamo cioè a praticare le caratteristiche di quello che vorremmo sia il mondo nel quale vivere bene e con dignità. Un mondo capace di futuro, che guarda appunto alle nuove generazioni.

La scelta di aprire gli organismi dirigenti di SEL agli esterni ed indipendenti va in parte in questa direzione, come è giusta la scelta di essere nella società che soffre, dalla resistenza agli sfratti, al soccorso ai migranti, accanto a chi resiste contro lo scempio dell’estrazione petrolifera, accanto ai lavoratori e lavoratrici della scuola. Proprio per questo oggi è necessario uno sforzo ulteriore, grande, autentico, evitando ennesime alchimie interne tra chi appartiene ad una corrente, o gruppo di riferimento o all’altro. Che si apra la discussione a tutto campo, si assicuri partecipazione, informazione e coinvolgimento diretto di ognuno ed ognuna, che siano loro, e noi tutti, la classe dirigente diffusa in questa fase assai delicata ma che ha con sé i prodromi di un sogno possibile.

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