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Sabato, 20 giugno 2015

Chi conosce non ha paura. Squarciamo il velo dell’indifferenza

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il 20 giugno si terrà una manifestazione a Roma dal titolo “Difendiamo i nostri figli: no alla teoria del gender”. Un momento promosso da associazioni e gruppi cattolici per “riaffermare il diritto di mamma e papà a educare i figli e fermare la colonizzazione ideologica della teoria gender nelle scuole”. Ovviamente credo che i presupposti da cui parta questa manifestazione siano fallaci e per molti versi infondati. Ma rientra nei diritti legittimi delle famiglie cattoliche scendere in piazza e radunarsi attorno a delle idee, delle opinioni.

Non mi stupiscono ma dispiacciono le rivendicazioni sul modello unico di famiglia composto da un uomo e una donna e fondato sul matrimonio. Lottiamo da decenni per il riconoscimento dei diritti fondamentali a cittadini considerati di serie B solo perché amano persone dello stesso sesso. Mancanze e ritardi intollerabili che riducono gli spazi di libertà in questo Paese. La famiglia non può essere solo di un tipo, perché non lo è mai stata e mai lo sarà.

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In questo ha una grave responsabilità il Governo, che ancora rimanda e prende tempo anche sulla trascrizione in Italia dei matrimoni gay avvenuti all’estero. Mentre con il suo silenzio continua ad ignorare sia il riconoscimento di diritti che ad appoggiare teorie fasulle sull’educazione scolastica e sulla fantomatica teoria del gender. Quest’ultima non esiste; è una invenzione che vuole soltanto ostacolare l’idea di una scuola nuova, aperta, inclusiva.

Non si può far finta di non vedere la realtà e non si può non confrontarsi con i Paesi che insieme a noi compongono l’Europa: in tutti gli stati, ad eccezione di Italia e Grecia, esiste una forma di educazione all’affettività, ovvero uno spazio in cui è possibile far confrontare i ragazzi sulle relazioni, sulle differenze di genere, sulla risoluzione dei conflitti. Argomenti centrali nella formazione degli studenti, utili anche come strumento di prevenzione della creazione di stereotipi di genere che conducono a fenomeni di violenza, bullismo e omofobia. Questa non è ideologia, ma un dato di realtà. E la scuola, luogo di confronto per eccellenza, non può sottrarsi dal prevedere l’educazione sentimentale nei propri piani didattici, proprio come indica l’art. 14 della Convenzione di Istanbul.

Se ci fosse consapevolezza di questi temi forse si guarderebbe al vero problema che riguarda in primis il rapporto tra le donne e la maternità.

Dentro e fuori dalla famiglia tradizionale. Siamo davanti a disparità che tagliano fuori dal mercato del lavoro le donne che scelgono di avere un figlio. Nessun servizio, pochi congedi, contratti senza tutele, mancanza di asili nido.

Sono solo alcune delle difficoltà che ogni giorno vivono milioni di donne nel nostro Paese. E in tutto questo il Governo tace colpevolmente.

E su cui forse sarebbe il caso di squarciare il velo dell’indifferenza.

Commenti

  • Mauro Cioffari

    Sono d’accordo! Basta ipocrisie. Basta bugie cattofasciste. Pensiamo davvero alle FAMIGLIE: educazione sentimentale per il benessere dei nostri figli e Reddito Minimo Garantito a sostegno di tutti/e. ‪#‎famiglie‬ ‪#‎educazionesentimentale‬‪#‎chiconoscenonhapaura‬ ‪#‎redditominimo‬ ‪#‎noprecarietà‬ ‪#‎gender‬ ‪#‎diritti‬

  • francesco

    Francesco, il papa che si tiene stretto lo IOR, predica agli uccelli ,
    solidarizza coi migranti e tappa la bocca ai “diversi”.
    Un classico ossimoro di questi cupi tempi…

  • Valium

    E tutta sta roba si è sollevata sono per uno strafilaccio di comma che diceva “educazione sentimentale nelle scuole”, figurarsi se si presentavano i matrimoni e le adozioni gay.

  • Giovanna La Sala

    Approfondite la sofferenza dei giovani d’oggi, TUTTI. Non ci sono solo i gay che soffrono di bullismo, ma una marea di ragazzi e ragazzi cresciuti senza ruoli materni e paterni ben definiti. Bisogna capire dove finisce il diritto, quando c’è un limite, quando c’è l’altro. Modernità non è solo abbattere tutti i limiti, ma è sempre stata riconoscere i limiti semmai. Dove sono le degenerazione della cultura dell’illimitato? Ieri ho parlato con una ragazza che diceva che il sadomasochismo è un punto di vista, perchè “secondo la psicologia un problema esiste solo nel momento in cui dico che esiste. Quindi se tu sei un sottomesso e lui un dominatore e si eccitano così, e a loro va bene che problema c’è? Ognuno vive la sessualità a modo suo”. E io: “Bella mia, per me esiste un unica forma d’amore, quella basata sul rispetto. La violenza è violenza e non sarà mai un punto di vista. Diglielo ai tuoi psicologi. Questa è una patologia. Aver bisogno, per eccitarsi, di fare e farsi violentare da un altro non ha nulla a che fare con l’amore”. “Ma scusa è solo una forma di piacere”. “Appunto. Io sono contro a qualsiasi forma d’amore dove uno non sia una persona considerata nella sua globalità, ma un oggetto di piacere. O meglio, fatelo, ma non mi venire a raccontare che è amore libero. Questa è schiavitù pura”.

    Senza toccare gli eccessi, io li voglio proprio conoscere questi venditori di punti di vista. Io, 26 anni, sono una ragazza che fa parte di una cultura che ha venduto prostituzione, autolesionismo, sessualità scambiabile con superficialità e leggerezza; e non ho timore a dire che stavo diventando gay oltre che per motivi psicologici, anche per motivi fortemente culturali.

    Solo una persona ottusa potrebbe evincere da questo discorso che sono omofoba, solo una persona mistificatrice. Io faccio parte di una generazione dove tutto è lecito. Ma avete visto le ultime barbie? Non posso citare la casa produttrice, ma sono tutte figlie di zombie, lupi, mostri…

    il corpo, i figli, la sessualità non sono giocattoli, non si gioca con queste cose e non è vero che tutto è lecito. Il rispetto per tutti e da parte di tutti assolutamente, ma non un nominalismo dove io faccio di tutta l’erba un fascio. Facciamo attenzione a toccare la natura, ad autorizzare tutto. Un vero essere umano si precoccupa e occupa intensamente di queste tematiche per tutti.

    In questo discorso non ho citato nemmeno una volta la parola Dio, perchè da figlia di atei appartenenti al Sel e cresciuta anche lontano dagli insegnamenti ecclesiastici sono cresciuta con quello che loro definiscono “pensiero libero e autonomo” e sono in grado di fare un discorso senza citarlo. Aggiungo che oggi sono estremamente grata a Dio e alla Chiesa per quello che mi hanno donato, sono fiera di ciò che mi hanno donato.