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Lunedì, 10 marzo 2014

Dall’Indonesia un messaggio all’Europa: debito ecologico e sviluppo sostenibile temi che non possiamo più ignorare

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Palangkaraya, Kalimantan Tengah, Indonesia. Terzo giorno di workshop su deforestazione e diritti dei popoli indigeni. Ascolti le storie di comunità indigene dall’Indonesia, Malesia, Repubblica Democratica del Congo, Guyana, Paraguay, Peru le minacce alla loro sopravvivenza, la dura repressione della polizia e dell’esercito, la progressiva scomparsa delle loro fonti di sussistenza e delle loro foreste. E dopo i fiumi di parole, hashtag, dichiarazioni tweet della politica nostrana torni finalmente con i piedi per terra.

Già proprio la terra, dove vivono da millenni, le loro radici, la loro visione del mondo. La terra oggi vittima di “landgrabbing”. E lo fanno con il sorriso, ma con profonda determinazione, Parlano raccontano delle alternative che con fatica cercano di costruire, le varie forme di resistenza, da quella della disobbedienza civile, e azioni dirette alla creazione di reti internazionali di appoggio. Si susseguono le loro esortazioni ad assumerci noi, europei, le nostre responsabilità.

L’Unione Europea è tra i principali importatori di “embodied deforestation”, prodotti agricoli e forestali la cui estrazione e produzione causa la distruzione di foreste. Secondo un recente studio della Commissione Europea la UE ha importato nel periodo 1990-2008 almeno un terzo di tutto il volume mondiale di prodotti agricoli e bestiame la cui produzione ha causato deforestazione. Dalla soya (abbiamo ascoltato le testimonianze di indigeni Guaranì dal Paraguay) alla palma da olio (qua in Kalimantan diffusissima, e in espansione in Africa, Perù e Colombia).

Un leader indigeno guyanese ci racconta come un anziano leader del villaggio da solo ha fermato un bulldozer di una compagnia asiatica. Insomma, le loro vite, la loro dignità hanno molto a che fare con i nostri stili di vita, con la false soluzioni ai cambiamenti climatici (gli agrocarburanti ad esempio), il consumo di carne e proteine animali.

Proprio nei giorni scorsi è passata in sordina la riunione del Consiglio Europeo dei ministri dell’ambiente che ha discusso della recente proposta della Commissione e di Barroso di rivedere al ribasso gli impegni per la riduzione dei gas serra e di indebolire così le proprie posizioni sui cambiamenti climatici, preferendo rinviare al 2030 – di dieci anni rispetto a quanto deciso prima – il termine per la riduzione delle proprie emissioni, e far sempre più affidamento a false soluzioni. Non alla riduzione dei consumi o all’efficienza energetica o rinnovabili su piccola scala. Piuttosto anche a quegli agrocombustibili che oggi distruggono le terre indigene. Ci dev’essere spazio per tutto questo, per il riconoscimento del debito ecologico nei programmi per l’AltraEuropa. Perché l’AltraEuropa è necessaria e non più rinviabile non solo per noi.

Per tutto questo Sinistra Ecologia Libertà sostiene ed aderisce a New Deal 4 Europe: per un piano europeo straordinari di sviluppo sostenibile e l’occupazione

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