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Mercoledì, 22 luglio 2015

Ddl Rai – Riforma autoritaria e consociativa che cancella 40 anni di servizio pubblico

Rai: sede di roma

Sono appena intervenuto in discussione generale in Aula del Senato sul Ddl Rai.
Quello del Governo è un testo modesto senza modestia, autoritario, mediocre, arrogante, chiuso su una visione angusta del servizio pubblico, che viola la giurisprudenza costituzionale con l’assegnazione al Governo della riforma della governance. Un provvedimento che avrebbe meritato tutt’altra riflessione e che invece vuole stare nei tempi di un decreto senza essere un decreto.
Contro la proposta del Governo, senza bilanciamento dei poteri di gestione, indirizzo e controllo, con un capo azienda – unico Paese l’Italia insieme alla Bulgaria – nominato direttamente dall’esecutivo e con pieni poteri, abbiamo lavorato in Commissione, senza alcun intento ostruzionistico, per immettere i principi della proposta SEL, elaborata coi movimenti e la società civile: una piramide rovesciata, con un consiglio delle garanzie, a costo zero, con canone proporzionale al reddito, ‘prelievo di scopo’ a garanzia per gli utenti di un’informazione plurale, con sistemi di contrappeso e controlli, affinché questa riforma non sia un’operazione di restauro che trasferisce la lottizzazione della legge Gasparri alla dimensione unica della volontà del Governo.
E’ incredibile: bisognava attendere Renzi per inverare il progetto di Berlusconi!
Mentre il Governo ci regala nuove perle, come l’annunciata e mai iniziata calendarizzazione della discussione sul conflitto di interessi, o il rinnovo della concessione, o il totonomine sul management Rai, appuriamo che con questa riforma autoritaria e consociativa si torna al 1975 (monopolio da parte del Governo): spariscono 40 anni di informazione pubblica, si mortifica la cultura del progresso e la sobrietà laboriosa di persone che hanno fatto grande questo Paese. L’informazione pubblica è un pilastro per la rinascita materiale e morale dell’Italia: con l’occupazione da parte di un solo partito il danno sarà irreversibile.
Come per la ‘buona scuola’, con SEL non ci sottrarremo alla battaglia per la mobilitazione della società civile, per far percepire il segnale di una massa critica trasversale che difende l’informazione pubblica come bene comune.

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