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Mercoledì, 22 aprile 2015

Difesa del caos

Esercito-italiano

E’ stato presentato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in sede di Consiglio supremo della Difesa convocato ieri 21 aprile, il Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, della ministra Roberta Pinotti. Il testo, sottotitolato “Linee guida”, fa seguito, a diciassette anni di distanza, al Nuovo modello di Difesa, messo a punto nel 1997 dall’allora ministro Beniamino Andreatta.

pinotti

Le nuove linee di orientamento, che d’ora in avanti guideranno le faccende militari del nostro Paese, sviluppano e accentuano il carattere di militarizzazione tecnica e professionale dei compiti attribuiti alle Forze armate, carattere già chiaro nel modello delineato da Andreatta, a partire dal quale fu implementato il processo di professionalizzazione delle Forze armate e cominciò la lunga vicenda degli F35 e la corsa alla sempre più complessa e sofisticata strumentazione degli armamenti.

Siamo di fronte a un ulteriore e forse definitivo depotenziamento dell’ormai obsoleto articolo 11 della Carta. Non potrebbe essere diversamente, d’altra parte. Il contesto internazionale è profondamente mutato, sono implosi gli assetti regionali in punti chiave del mondo, dall’Afghanistan ai Paesi del Nord Africa, sono mutati gli equilibri geopolitici globali e sono mutate le linee di tensione che attraversano l’Europa.

E in tutto questo l’Italia ha agito in perfetta coerenza con le vicende di cui l’Occidente è stato protagonista e che hanno provocato molti dei disastri che oggi dominano il panorama internazionale. Missioni italiane di ogni tipo, per lo più camuffate da missioni di peacekeeping in zone di guerra, sono il fiore all’occhiello del Ministero della Difesa. E oggi siamo al punto che si può discutere nei talk show di azioni direttamente militari come di acqua fresca.

Il Libro bianco registra, senza però entrare nel merito delle responsabilità, il grande caos che imperversa sullo scenario mondiale, passando sotto silenzio il fatto che esso è in primo luogo l’effetto dello sfaldamento dell’ordine precedente indotto dall’aggressiva politica di domino dell’epoca di George W. Bush e dei suoi alleati. E della Nato, va ricordato, che in quelle vicende di guerra riconquistò il suo posto al sole, mentre declinava il ruolo delle Nazioni Unite. Anche quest’ultimo un capitolo ignorato.

Quella politica ha scombinato molti assetti precedenti e messo in movimento nuovi attori locali, molti dei quali si muovono ormai con crescente autonomia per le ragioni più diverse, mentre appunto decrescono il ruolo e la legittimità dell’Onu a svolgere il ruolo di terzietà e indirizzo vincolante che dovrebbe esserle proprio.

Lo Stato islamico, per come si va affermando, è l’espressione più chiara, oltre che la più scioccante per l’impatto che ha sull’opinione pubblica occidentale, di queste dinamiche e dei rischi che tutto questo comporta. Per l’Europa e per l’Italia soprattutto, in modo ormai diretto. Ma nello stesso tempo non può essere sottaciuta la latenza della logica dei blocchi contrapposti, che molte vicende in piccola scala sembrano in qualche modo anticipare. La tutt’altro che risolta questione ucraina, per esempio. Ma su tutto l’analisi del Libro bianco rimane in superficie o passa oltre. E non potrebbe essere diversamente, mancando una chiara impostazione di politica estera da parte dell’Italia.

Rispetto alle radicali trasformazioni del contesto internazionale, il Libro Bianco focalizza l’attenzione sul Mediterraneo, mantenendo ovviamente chiari riferimenti di sempre. Se in ambito euro-atlantico, si legge nelle Linee guida della Difesa, la partecipazione alla Nato e all’Ue, con i relativi meccanismi di sicurezza, rappresenta un’adeguata garanzia, in ambito mediterraneo è necessario che vengano costruite analoghe condizioni affinché la regione divenga l’ambito prioritario degli interventi nazionali. Sarebbe oggi difficile per l’Italia ignorare il capitolo Mediterraneo ma non è affatto chiaro che cosa significhi per il governo italiano oggi immaginare strategie e iniziative all’altezza dei problemi drammatici che si consumano nel Mediterraneo e che ci coinvolgono direttamente. Mare nostrum, infelicemente abbandonata per dar luogo all’inefficace Triton, ci ha consentito di agire con efficacia sul piano dei soccorsi, ma nessuna significativa azione politica e diplomatica l’Italia è stata in grado di immaginare e mettere in atto per contribuire a trovare una soluzione che metta d’accordo le forze anti-jihadiste in Libia. E l’Europa, come da copione, ha altro a cui pensare perché i Paesi con maggiore peso hanno interessi diversi l’uno dall’altro.

L’Unione europea continua a essere gravemente priva di una vision, di un’impostazione strategica, di una pratica comune di politica estera e tutto va nel senso di indicare che non c’è nessuna reale volontà di voltare pagina. Il Mediterraneo parla di questo. Non c’è politica estera dell’Europa e quindi non c’è politica di difesa europea, a meno di non chiamare così pomposamente il business della produzione di armi e armamenti e le molteplici tecniche di addestramento militare necessarie a tenere insieme i ranghi operativi in sede Nato o in occasione di qualche willing coalition a cui questo o quel Paese europeo decidano di partecipare. E, ovviamente, non c’è politica estera dell’Italia, sempre più sostituita da iniziative di tipo militare.

Non dovremmo mai stancarci di portare come esempio di questo deficit politico del nostro Paese la follia non solo di non opporsi nelle sedi opportune ma di partecipare direttamente con una vasta azione di bombardamento alla disastrosa missione franco britannica contro la Libia di Gheddafi. E’ stato questo un esempio dell’opera di prevenzione o di tempestivo intervento per la gestione delle situazioni a rischio, come auspica il Libro bianco?

Significativo dello spirito dei tempi e del come questo spirito si rifletta sul Libro bianco della difesa è il capitolo intitolato “risorse umane”. Le Forze armate, leggiamo, devono essere sempre più professionalizzate e ringiovanite, dotate di adeguati livelli di preparazione, di efficacia dell’operatività, di moderni principi riguardanti l’avanzamento delle carriere, escludendo i criteri basati esclusivamente sull’anzianità. Il nuovo sistema si baserà, dice la ministra Pinotti, su un’unica forza integrata. Per questo il Libro bianco delinea un perimetro di identificazione funzionale del personale militare in base alle nuove esigenze del mondo globale, sempre più segnate dal ricorso alle armi. Si prefigura per questo un personale militare tendenzialmente separato e autoreferenziale, rispetto all’insieme di tutto quello che – settori, funzioni, categorie, donne e uomini al servizio della Repubblica – concorre, secondo la Costituzione, a rendere possibile il funzionamento dello Stato. Si va verso una metamorfosi delle Forze armate, che non poco inciderà, se andrà avanti, sulla democraticità, la trasparenza del modo in cui esse potranno essere utilizzate, nonché sui diritti del personale. Si afferma una non meglio specificata peculiarietà del personale militare che viene scollegato dal resto del pubblico impiego e dal resto della società civile, in oblio dell’ articolo 52 della Costituzione, cioè dell’idea che l’ordinamento delle Forze armate debba essere informato allo spirito democratico della Repubblica. Stando al Libro bianco non è più così o è così in modo sempre meno chiaro e vincolante. Si è concluso un intero ciclo storico e il nuovo Libro bianco della Difesa né è la testimonianza.

 

 

 

Commenti

  • Fausta Samaritani

    La stampa è stata concorde nell’inneggiare alle primavere arabe. Sembrava che nei Paesi Arabi fosse scoppiata la democrazia, termine che non esiste nel Corano, né nel Vangelo.
    Il cattivo era Gheddafi (pessimo, in verità) e i buoni erano gli altri, amici di Francia e Inghilterra. Altro cattivo era Assad in Siria, e buoni erano quelli che si ribellavano. (Le armi chimiche in Siria non abbiamo mai saputo chi le abbia usate.) Ora cattivi sono i ribelli ad Assad e Assad è a mezza strada tra buono e cattivo.
    Ricordo, a memoria, una frase di Cossiga, al tempo della prima Guerra del Golfo: “Se nei Paesi Arabi c’è un dittatore, bisogna esigere da lui un minimo di decenza: meglio un dittatore che il caos senza il dittatore.”

  • francesco

    Salvo poi, scaricare e uccidere il dittatore quando decide di soppiantare il dollaro negli scambi commerciali, e quando minaccia di esibire le prove dei finanziamenti per la campagna elettorale di Sarkozy. Gheddafi docet!