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Giovedì, 30 gennaio 2014

E’ l’ora che l’autodeterminazione femminile sia principio della cittadinanza europea

aborto

In Europa si ritorna a discutere di aborto. Con visioni opposte. Quella reazionaria della controriforma spagnola voluta dal mini¬stro di Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón che attacca la libertà di decidere delle donne costringendole a percorso espiatorio che le obbliga a rendere ragione della loro scelta.
Quella conservatrice e antieuropeista che ha ispirato la bocciatura al Parlamento Europeo della risoluzione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi (Sexual and Reproductive Health and Right) di cui era relatrice la socialista Estrela. Bocciatura favorita da sette parlamentari del Partito Democratico.
Quella libertaria all’ordine del giorno all’Assemblea Nazionale francese su proposta socialista volta a riconoscere alle donne francesi l’accesso all’aborto senza la giustificazione di “stato di difficoltà” della donna. Il termine (“détresse”) verrebbe rimpiazzato con una semplice affermazione che la donna “non vuole proseguire una gravidanza”. E basta. Tant’è che a seguire si discute anche di inasprire il reato compiuto da chi cerca di impedire alla donna il ricorso all’aborto con informazioni scorrette sull’Ivg.
Anche SEL ha spronato Parlamento e Governo con proposte per combattere l’uso abnorme dell’obiezione di coscienza che sta minando a molte donne la possibilità di interrompere gravidanze indesiderate trasformandosi da obiezione individuale a obiezione di struttura. Battaglia che facciamo con forza anche riproponendo al voto del Parlamento la Risoluzione Estrela.
Essa denuncia le differenze sul diritto alla salute riproduttiva, contraccezione, educazione sessuale, aborto legale sicuro e chiede uguaglianza di tali diritti in tutta Europa ponendo la liberta delle donne di decidere e il diritto alla salute riproduttiva parte integrante delle politiche per la salute dell’Europa.
In Europa esplode il conflitto di sempre su chi decide della procreazione e della nascita.
Non ci sono incertezze, è la donna titolare del potere di scelta, a lei soltanto spetta la prima e l’ultima parola per ciò che avviene nel suo corpo e mente. Principio che nasce dall’esperienza femminile, la regola umana che ha autorizzato da sempre le donne all’aborto clandestino o legale che sia.
Anziché di un secco diritto di aborto, il tema è l’affermazione del primato della decisione femminile. La fonte di questo potere è nella relazione madre/feto che si instaura nella gravidanza e che solo le donne vivono e dunque possono accogliere o no. E’ la relazione corporea e umana indispensabile per venire al mondo non riportabile alla logica dei diritti che prevede individui separati, neutri, equidistanti. Una logica che può dare la giustificazione all’idea del riconoscimento giuridico dell’embrione come se questo fosse separato o addirittura in conflitto con la donna. Una logica di diritti paritari contrapposti che divide ciò che nel grembo materno è legame che solo la donna può scegliere di portare avanti. Nessuno fuori di lei. Non a caso la Corte costituzionale del 1975 (n. 27, 18 febbraio 1975) ha riconosciuto la non equivalenza tra il diritto alla vita e alla salute di chi è già persona e quello di chi ancora lo deve diventare. E’ sulla base di questa non equivalenza che la 194 del 1978 riconosce la decisione finale alle donne pur prendendosi la competenza di determinare modi e tempi per interrompere una gravidanza.
Tuttavia, le donne sono andate oltre hanno saputo affermare il principio di autodeterminazione nella società parlando di corpo, sessualità, relazioni, della maternità come scelta e non più come destino quella di abortire.
E’ l’ora che l’autodeterminazione femminile sia principio della cittadinanza europea. E’ questa l’idea che muove la mobilitazione delle donne europee il prossimo 1 febbraio. E’ da qui che riparte l’Europa della libertà. Con fermezza porteremo questa idea in Parlamento, saremo con una delegazione a Madrid alla manifestazione delle donne spagnole e in tutte quelle che si svolgeranno in Italia.

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