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Martedì, 28 gennaio 2014

Electrolux, Airaudo: «I salari e i diritti dei lavoratori non possono essere usati per “comprarsi” il posto di lavoro»

«Condividiamo la rabbia e la lotta dei lavoratori dell’Electrolux. Quello presentato dall’azienda non è un piano industriale ma un ricatto al Paese. Non si può chiedere alle lavoratrici e ai lavoratori di fare con la riduzione dei loro salari, con la loro fatica, quelle politiche industriali cui i governi rinunciano lasciando soli i lavoratori a “pagarsi” il mantenimento del posto di lavoro e a garantire gli stipendi». Lo afferma il capogruppo di Sel in commissione Lavoro on. Giorgio Airaudo che da tempo segue le vicende dei tre stabilimenti del gruppo.

«La multinazionale svedese sta usando la crisi per riposizionarsi sul mercato globale, prosegue il capogruppo di Sel in Commissione Lavoro, e propone un piano che prevede la messa in discussione degli stabilimenti italiani, con la chiusura immediata di quello di Porcia, un drastico taglio dei salari, in tutti gli altri stabilimenti, portando gli stipendi, oggi calcolati in circa 1.400 euro al mese a circa 700-800 euro, un taglio dell’80% dei 2.700 euro di premi aziendali, la riduzione delle ore lavorate a 6 con contestuale aumento dei ritmi produttivi, il blocco dei pagamenti delle festività, la riduzione di pause e lo stop agli scatti di anzianità con effetti che si estenderanno al vasto indotto con il rischio di ulteriori perdite di posti di lavoro, che si aggiungeranno ai 1600 annunciati dall’Electrolux».

Sinistra Ecologia Libertà, che in questi mesi ha seguito le alterne vicende dell’Electrolux e incontrato i sindacati e i lavoratori in tutti gli stabilimenti, ha chiesto, e convenuto con tutti i gruppi parlamentari, che il prossimo 17 Febbraio la Commissione Lavoro della Camera si rechi in missione straordinaria in Friuli per ascoltare i lavoratori e le parti sociali.

Sel, conclude l’on. Airaudo, chiede al Governo l’immediata convocazione di un tavolo alla Presidenza del Consiglio per ottenere dalla multinazionale svedese garanzie sugli stabilimenti, sulle produzioni in Italia e sulla salvaguardia degli attuali livelli occupazionali respingendo come Paese, senza abbandonare le lavoratrici e i lavoratori, il taglio dei diritti e dei salari.

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