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Giovedì, 13 novembre 2014

Eppur si muove: #scioperosociale

sciopero sociale

La precarietà è il braccio armato del neoliberismo. È lo strumento con cui più agevolmente si costringono gli “individui” all’isolamento e alla frammentazione che impediscono loro di organizzarsi e ribellarsi al continuo impoverimento e sfruttamento su cui il sistema si basa. La contropartita di tal sistema sono solo i privilegi per l’uno su mille che ce la fa. Ma grazie ad una narrazione molto permeante il punto diventa la frustrazione in cui è confinato chi non ce la fa, addossando ancora una volta anche le colpe sugli individui stessi e preservando un sistema che si auto alimenta proprio a partire da questa organizzazione o meglio non-organizzazione della società.

Fatta queste premessa, è chiaro che viviamo tempi bui per la democrazia, la pace, l’Europa. Ma è anche vero che la velocità con cui questo sistema sta svelando le sue falle e disvelando i meccanismi su cui si basa, può aiutarci a dare voce a tutto ciò che negli anni o negli ultimi mesi sta opponendo una dura resistenza e sta provando a delineare o pensare l’alternativa. Con difficoltà e con la consapevolezza dei limiti e delle differenze che caratterizzano un mondo di per sè magmatico e plurale. Ma prezioso.

Per questo, alla vigilia dello sciopero sociale e, ci auguriamo, anche il giorno dopo, non possiamo che guardare allo sforzo della Fiom di relazione con questo mondo come un segnale incoraggiante. Ma, e soprattutto sottolinerei, dobbiamo guardare, parlare e partecipare allo sforzo di quelle realtà di base, quei movimenti, quei singoli che domani scenderanno nelle strade, la mattina nei cortei, la sera nelle street parade (evidenziando il problema dei tempi precari), nonostante lo sciopero appunto non sia affatto un diritto riconosciuto per molti tra quegli stessi soggetti. E anzi spesso lo stesso si trasforma nella causa di un mancato rinnovo contrattuale.

Ma nonostante tutto, qualcosa c’è e si muove. La strada da fare è tanta e gli ostacoli impervi, perché vengono anche da chi questo variegato mondo avrebbe dovuto cercare di comprendere e rappresentare. Domani sarà una tappa, importante ma non unica di un lavoro che non può che cercare di costruire sempre più e sempre meglio una rete forte e solida che dia voce e speranza alla “maggioranza invisibile”, indispensabile per uscire da una crisi così bastarda.

 

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