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Giovedì, 8 ottobre 2015

La guerra in Siria e l’attrazione fatale italiana

pinotti

I bom­bar­da­menti ita­liani in Iraq sono dun­que sul tavolo. La mini­stra della difesa Pinotti — ascol­tata in Par­la­mento insieme a Gen­ti­loni mar­tedì scorso — ha dichia­rato: «Valu­te­remo nuovi ruoli» e poi: «Quando il governo avrà sta­bi­lito un suo orien­ta­mento, rife­rirà in Par­la­mento». Cioè, tra­dotto in ita­liano: stiamo valu­tando se bom­bar­dare e quando il governo deci­derà, lo farà sapere al Par­la­mento. Bontà sua. Ma le valu­ta­zioni (e le deli­be­ra­zioni) le deve fare il Par­la­mento, non la Pinotti.

La noti­zia di un pos­si­bile inter­vento mili­tare ita­liano in Iraq l’aveva data l’altro ieri il Cor­riere della Sera. Infor­mato, pare, da fonti interne (assai auto­re­voli) del mini­stero della Difesa, sulle cui gerar­chie mili­tari la mini­stra Pinotti sta per­dendo pro­gres­si­va­mente il con­trollo. La richie­sta — più o meno espli­cita — di una par­te­ci­pa­zione ita­liana ai bom­bar­da­menti viene dal governo ame­ri­cano (anche per con­tro­bi­lan­ciare il pro­ta­go­ni­smo russo in Siria) e da quello ira­cheno.

Ma c’è anche la pre­oc­cu­pa­zione delle gerar­chie mili­tari di un pos­si­bile taglio (pre­fi­gu­rato nella legge di sta­bi­lità) del 3% delle spese per la difesa: l’intervento mili­tare usato come pre­te­sto di bot­tega per scon­giu­rare i tagli.

Fin­ché c’è guerra, c’è spe­ranza, reci­tava il titolo di un film con Alberto Sordi.

In Iraq, nella coa­li­zione anti-Isis, l’Italia c’è già con una mis­sione di sor­ve­glianza e di adde­stra­mento. Abbiamo quat­tro Tor­nado che hanno com­piti di pat­tu­glia­mento. La loro influenza (qua­lora doves­sero anche bom­bar­dare) sul corso della lotta anti-Isis è inin­fluente. Ma è la clas­sica ban­die­rina che serve per rita­gliarsi un ruolo nella coa­li­zione (come ai tempi di Cavour con i sol­dati man­dati in Cri­mea) ed impe­dire che la spen­ding review riguardi anche le armi (e non solo gli ospedali).

In audi­zione al Par­la­mento, il mini­stro degli esteri Paolo Gen­ti­loni ha fatto un inter­vento cauto e sobrio, esclu­dendo l’intervento mili­tare, men­tre la mini­stra Pinotti — «la mini­stra con l’elmetto», l’ha defi­nita il vice pre­si­dente della Com­mis­sione Esteri, Era­smo Palaz­zotto nel corso dell’audizione — è stata ambi­gua ed opaca, facendo un mezzo sci­vo­lone. Non è la prima volta: già di fronte al disa­stro della guerra in Libia, alcuni mesi fa, la Pinotti evocò la pos­si­bi­lità di inviare 5mila sol­dati — sti­vali sul ter­reno — salvo poi essere smen­tita il giorno dopo da Mat­teo Renzi alla dire­zione del Pd, che escluse ogni inter­vento militare.

L’«attrazione fatale» verso la guerra è il segno dell’assenza di una stra­te­gia poli­tica verso la lotta all’Isis (che deve essere una stra­te­gia per la solu­zione dei pro­blemi di quell’area geo­gra­fica) e delle dina­mi­che geo­po­li­ti­che dove ogni potenza, grande o media o pic­cola (dalla Rus­sia agli Usa, dalla Fran­cia all’Italia), cerca di rita­gliarsi un pro­prio spa­zio. Il tutto senza fare i conti con l’enorme com­ples­sità dei con­flitti in quell’area, con le con­se­guenze dei flussi migra­tori, con le dina­mi­che poli­ti­che e reli­giose degli attori in campo.

Abbiamo già visto cosa è suc­cesso con l’intervento mili­tare in Libia, che molti con­si­de­ra­vano come riso­lu­tore oltre che per la fine del regime di Ghed­dafi anche per l’avvio di una nuova fase demo­cra­tica nel paese. Invece si è aperto il «vaso di Pan­dora» e l’Isis spa­dro­neg­gia ora anche in quell’area. La guerra è una scor­cia­toia e per para­fra­sare il vec­chio ada­gio non è la con­ti­nua­zione, ma il fal­li­mento della poli­tica con altri mezzi.

Non c’è, non ci sarà alcuna solu­zione mili­tare, nes­suna azione bel­lica, nes­sun bom­bar­da­mento capace di sra­di­care il ter­ro­ri­smo e risol­vere i con­flitti in quell’area, come d’altronde 20 anni di inter­venti mili­tari nel Medio Oriente ci hanno mostrato. Quello che carat­te­rizza que­sto governo è la man­canza di visione, la subal­ter­nità ai rap­porti di forza e di potere inter­na­zio­nali, l’assenza di auto­no­mia e di dise­gno stra­te­gico e l’inconfessato per­se­gui­mento di alcuni inte­ressi eco­no­mici e geo­po­li­tici nazio­nali. Così non si va da nes­suna parte. Anzi, si va dalla parte sba­gliata: quella della guerra.

Fonte Il Manifesto

Commenti

  • francesco

    Caro Marcon, questo Parlamento è ormai un comitato d’affari nelle mani della grande finanza e dei gendarmi guerrafondai che dominano il Pianeta. Prima ne uscirete, prima salverete almeno la dignità personale. Non resta che organizzare la ribellione nella società, rivitalizzando il movimento contro tutte le guerre di aggressione a danno dei popoli, rivendicando l’uscita dell’Italia dalla NATO.

    francesco, il primo.

  • Edoardo Trotta

    A Genova, quando l’On. Pinotti fu battuta da Doria nelle primarie per l’elezione a Sindaco , uno dei miei cavalli di battaglia fu la necessità di utilizzare i fondi degli F35 per difendere e potenziare i servizi ai cittadini che .
    Il “Corrierone” anticipa gli scenari futuri ed inizia una campagna a favore di GUERRE concepite in maniera assurda. Vedremo, ma se il buongiorno si vede dal mattino (la campagna di stampa a favore degli interventisti della prima guerra mondiale fu determinante), ma aspettiamoci nuove nefandezze nel “dibattito parlamentare.
    Guerre folli, spacciate per difensive, ma che, come a Kuduz colpiscono anche civili ed ospedali.
    Io, credo che la guerra, qualche volta possa essere necessaria, ma concepita nel rispetto dei popoli e dei loro diritti. Questo aspetto non viene mai preso in considerazione perché le guerre vengono dichiarate considerando solo gli interessi economici.
    Tutte le altre considerazioni vengono fatte solo per gettare fumo negli occhi.
    Così ci prepariamo a FUTURI DISASTRI nonostante le dichiarazioni OTTIMISTICHE di Pinotti e Renzi entrambi pinocchi.