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Mercoledì, 2 aprile 2014

L’anagrafe s’abbassa, ma la politica quando s’alza?

Londra, Renzi incontra Cameron a Downing Street

«Ne incontro ogni anno uno più giovane», ha fatto sapere ai giornalisti David Cameron, primo ministro del Regno Unito, dopo aver fatto a Londra la conoscenza di Matteo Renzi. Cameron è il capo dei conservatori britannici e nei quattro anni da che è alla guida del governo ha incontrato, appunto uno all’anno, quattro diversi presidenti del consiglio italiani: prima Berlusconi, poi Monti, appresso Letta e infine Renzi. Stando alle intenzioni di quest’ultimo per i prossimi quattro anni il premier inglese non dovrebbe fare conoscenze nuove, ma l’imprevedibilità italiana è da sempre speculare alla rigida fissità programmatoria anglosassone e dunque questo lo vedremo in corso d’opera.

luna

Usiamo adesso due categorie politiche classiche, le stesse che Cameron continua a ritenere valide mentre Renzi le considera già rottamate: le categorie di “destra” da una parte e di “sinistra” dall’altra. Secondo queste categorie, dunque, in quattro anni Cameron ha incontrato, nell’ordine, un presidente del consiglio italiano di destra, uno di centro e due di sinistra. Da perfetto inglese con quella frase – «Ne incontro ogni anno uno più giovane» – ha colto la vera differenza tra i quattro. Che non è politica, ma anagrafica. Non avrebbe potuto dire infatti, neppure per galanteria diplomatica, “ne incontro ogni anno uno con un’idea diversa”.

Quattro presidenti in quattro anni, di tre campi politici differenti, ma gli è toccato ogni volta sentire lo stesso identico discorso. Lo stesso identico discorso sull’Europa del rigore e dei vincoli da rispettare. Lo stesso identico discorso sul lavoro che si crea con la flessibilità. Lo stesso identico discorso sulle “riforme” che azzerano diritti, a partire dal welfare. E così, anche a Renzi come a Letta, a Monti e a Berlusconi, il premier inglese ha finito per dire la medesima cosa: “La pensiamo allo stesso modo”.

Passiamo adesso la Manica e andiamo a Parigi. Francois Hollande si rivolge alla nazione subito dopo aver preso atto della catastrofe elettorale del suo partito, il partito socialista francese, e del trionfo delle due destre, quella tradizionale e quella lepenista. “Messaggio ricevuto” è il senso del suo breve discorso. E ha talmente ricevuto quel messaggio di delusione e di malcontento dei francesi che, dopo due anni nei quali ha disatteso del tutto il programma di sinistra con cui vinse la corsa all’Eliseo per impaludarsi nelle politiche economiche e sociali di compatibilità con la filosofia della Troika, nomina un nuovo primo ministro che pare fatto su misura per inseguire la destra sul suo terreno preferito.

Parigi con Hollande e Roma con Renzi proiettano il remake di un lungometraggio che abbiamo già visto negli anni scorsi e il cui protagonista è un inglese, ma non Cameron che comunque è l’unico che vince alla fine. Si chiama Tony Blair, ha vinto alla grande come Renzi la battaglia interna per la guida del suo partito, il Labour; ha in pratica proseguito la politica sociale di Lady Thatcher, farcendola di una abilità comunicativa straordinaria; ha trovato a sinistra imitatori quasi ovunque e specialmente in Italia; e ha chiamato tutto questo con uno slogan tanto suggestivo quanto ingannevole: “terza via”.

Forse senza mai averlo conosciuto Tony Blair ha realizzato in pieno la profezia dell’avvocato Agnelli: “Per fare le cose di destra ci vuole un governo di sinistra”, e quasi tutti in Europa gli sono andati dietro. A poche settimane da un voto europeo che può segnare il destino del nostro Continente, assistiamo dunque al ripetersi di un fatto politico che cominciamo a percepire come un incubo: si comincia col dire che destra e sinistra non esistono più, sono sorpassate. Poi, al dunque, la destra fa la destra e la sinistra la insegue sul suo terreno anziché essere sé stessa. Laddove l’essere sé stessa non equivale né ad essere “riformista” o “radicale” com’è stata ultimamente, e toccherebbe dire anche inutilmente, fin qui.

La sinistra è sé stessa quando sa produrre, nelle idee e nel senso comune come nelle pratiche di governo, un modello sociale europeo alternativo a quello imposto dalle politiche di austerità. Tanto per dire, Renzi a Londra e Hollande a Parigi, avrebbero dovuto pronunciare, con lo stesso garbo e la stessa fermezza con cui lo sta affermando Alexix Tsipras, le seguenti semplici parole: “Sul lavoro faremo politiche che cambieranno la logica della precarietà; sul rigore modificheremo il fiscal compact; sui Trattati toglieremo la potestà della Troika e la daremo ai cittadini”. Cameron, che a differenza del partito di Renzi col fischio che il fiscal compact l’ha messo nella Costituzione del suo paese, non sarebbe colpito dall’età che si abbassa, ma dalla politica che si alza finalmente in piedi.

 

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