Sei in: Home › Attualità › Notizie › Lavoro autonomo professionale. Acta ecco i numeri
Lunedì, 17 novembre 2014

Lavoro autonomo professionale. Acta ecco i numeri

FiscoEquo3

Qualche dato per ricordare la numerosità e il ruolo del lavoro autonomo professionale in Italia, usando come fonte l’ISTAT, rilevazione forze lavoro.

Nel 2013 quasi ¼ dell’occupazione totale italiana è costituita da autonomi: su 22.420.000 occupati 5.542.000 sono autonomi. E quasi ¼ dell’occupazione autonoma è lavoro professionale (1.286.000).

vedi articolo su Acta

Commenti

  • claudio

    Solo una riflessione sul dato relativo al lavoro autonomo e la difesa dell’art. 18.
    Se oramai in Italia 1/4 dei lavoratori è autonomo (ed è una percentuale in crescita) in che modo anche l’impraticabile estensione dell’art. 18 alle imprese con meno di 15 dipendenti (impraticabile perchè in un’azienda di 4-5 o anche 10 dipendenti ogni lavoratore è essenziale e senza il suo pieno apporto, come in caso di contrasti forti con il datore di lavoro, l’intera azienda sarebbe a rischio) poterbbe assicurare a questa parte così importante di lavoratori (in maggioranza giovani) qualche ulteriore tutela?
    Un autonomo come può ricorrere all’art. 18 non licenziando se stesso?
    A parte la boutade, non essendoci risorse pubbliche sufficienti ad estendere le tutele all’interno del quadro attuale (dove per la presenza dell’art. 18 che obbliga le aziende a mantenere un dipendente nella quasi totalità dei casi lo Stato, è costretto – per non far fallire l’azienda – a finanziare massicciamente il ricorso alla cassa integrazione che assorbe quasi tutte le risorse disponibili per gli ammortizzatori sociali), siamo sicuri che la mera difesa dello status quo sia la soluzione più equa (o meo iniqua se preferiamo)?
    Siamo sicuri che così, lasciando completamente esclusi 1/4 dei lavoratori (Gi autonomi) tuteliamo i più deboli.
    La riforma proposta dal Governo ha molti limiti e dovrebbe essere profondamente modificata, ma il principio di passare dalla tutela del posto di lavoro (il sistema attuale che garantische solo i dipendenti delle grandi aziende e quelli pubblici) ad un sistema che aiuti il lavoratore (tutti indistintamente) a crecare o trovare un lavoro e lo sostenga (per un’arco temporale) in questo cammino non è più equo? Non è meglio comunque orientarsi su questo modello lottando perchè l’assistenza sia la più ampia possibile (sulla base delle risorse che lo stato avrà in quel determinato momento) anzichè manterene un sistema che di fatto è duale e che non potrà che restare sempre tale?
    Come giustamente da più parti si osserva restano profonde disparità anche nel settore autonomo essendo per ora intervenuti a favore (attraverso la detassazione) di solo alcune sottocategorie di questo vasto arcipelago, ma non sarebbe meglio lottare per ampliare le detassazioni (e per farlo occorre accettare che si spenda meno per la cassa integrazione ind eroga, dato che i conti pubblici sono quelli che sono) anzichè puntare tutto sull’ostruzionismo? Davvero siamo così sicuri che se in tema di lavoro non dovesse cambiare nulla alla fine avremo vinto? avranno vinto i lavoratori più esposti? io chedo di no.