Sei in: Home › Attualità › Notizie › Libia, l’ennesimo fallimento della dottrina dell’ingerenza umanitaria
Lunedì, 16 febbraio 2015

Libia, l’ennesimo fallimento della dottrina dell’ingerenza umanitaria

Libia: su sito jihadista foto "Stato islamico di Barqa"

Equiparare la missione UNIFIL in Libano ad un’eventuale intervento militare in Libia come ha fatto in un’intervista al Messaggero Roberta Pinotti confonde i livelli. In Libano UNIFIL II è una missione di peacekeeping e interposizione, su una linea di confine ben definita, che separa Israele dalle forze di Hezbollah. Una missione con regole di ingaggio chiare, non di coinvolgimento “attivo”; infatti ricordo la discussione serrata rispetto alla richiesta pressante di Israele di attribuire a UNIFIL un mandato “duro” ossia andare a cercare e disarmare Hezbollah. Così non fu e proprio questa terzietà è la garanzia del suo successo, seppur relativo, visto che alla missione militare non seguì mai la fase “2” ossia quella della soluzione politica.

Allora prima di inoltrarci in possibili soluzioni, ipotesi di lavoro, ruolo delle Nazioni Unite (anche nel caso Iraq, vale la pena di ricordare che la legittimazione ONU venne ben dopo l’intervento militare al di fuori del quadro multilaterale) è bene provare a ricostruire le cause della crisi libica e fare chiarezza . Ora ci troviamo di fonte all’ennesimo fallimento della teoria e dottrina dell’ingerenza umanitaria con la Libia in mano a bande armate, spinte secessionistiche, controllo di risorse petrolifere, golpe e controgolpe, una guerra civile per procura ancora una volta, tra Qatar che foraggia le milizie islamiche da una parte e Arabia Saudita e Emirati che sostengono il generale Haftar, che si è proclamato difensore della laicitià e dello stato. All’interno di questo conflitto che si è alimentato anche grazie all’assenza di un assetto “statuale” o corpi intermedi, anche conseguente alla defenestrazione di tutti i quadri di governo e ammiistrativi dell’era Gheddafi, si è inserito il Daesh. Sia chiaro qua non si tratta di rimpiangere un criminale, ma ammettere che non si può ricostruire in vitro e in maniera eterodiretta un paese attraverso un “tabula rasa”, questo forse è in caso di farlo.

Quelli che oggi combattono per il Califfato in Libia sono ex combattenti libici che andarono in Siria e Iraq e poi rientrati addestrati e imbevuti di follia. Per rendere più complesse le cose, le centinaia di intermi, profughi,che cercano di arrivare in Europa, e sono alla mercé di chiunque in Libia .Quindi una situazione complessa, che va necessariamente “spacchettata” nelle tre questioni. La prima la ricostruzione di un assetto “statuale” in Libia, sostenendo l’iniziativa dell’inviato ONU Bernardino Leon, per un accordo tra le due parti in conflitto . Un accordo che però necessita di un approccio macroregionale, ossia un negoziato che metta alle strette Qatar, Arabia Saudita e altri player per interposta persona. La missione di “peacekeeping” ha senso se c’è un accordo di “peace” ma mantenere e su cui vigilare. Nulla a che vedere con la coalizione dei volenterosi alla quale paiono far riferimento i ministri Pinotti e Gentiloni. Peacekeeping quindi per contribuire alla ricostruzione di una cornice di “governo” del paese, magari lavorando ad un assetto federale, attraverso un processo di consultazione largo, aperto, e poltiche di equa redistribuzione delle royaties petrolifere. Su questa ipotesi credo si possa ragionare anche rispetto ad un eventuale partecipazione “indiretta” italiana. Non credo – visto il passato coloniale mai in realtà rielaborato a casa nostra – che sia possibile l’invio di “boots on the ground” italiani, ma una sorta di supporto tecnico logistico o con mezzi per una forza ONU di peacekeeping, quello forse si. Tutt’altra cosa è il contrasto anche militare del Daesh. In questo senso sono condivisibili le parole di Romano Prodi che si schiera nettamente contro l’eventualità che l’Italia si metta in un’avventura militare di quel tipo, Il Daesh è altra cosa rispetto al Libano, eppoi è fondamentale evitare confusione di ruoli e funzioni tra chi parteciperà ad operazioni di “peacekeeping” e chi in azioni di polizia internazionale contro il Daesh . Anche in questo caso andrà ben ponderata l’ipotesi di una missione ONU ibrida, basti guardar ai casi di Mali e Repubblica Democratica del Congo, dove a operazioni classiche di “peacekeeping” dei caschi blu sono stati affiancati assetti e truppe con vocazione più offensiva.

Terzo punto i migranti. Anche qua non fare confusione: I flussi di migranti dalla Libia non sono questione recente, e quindi ricollegabile all’ISIS o da mettere in connessione con un’eventuale operazione militare nel paese. Ora e subito invece di spostare l’enfasi sull’ipotesi di intervento militare, (contro chi? Accanto a chi? con quali obiettivi finali? Che quando si entra in un teatro di guerra è assai facile decidere di entrare, meno facile aver chiaro quando e come uscire) si metta subito in campo un’operazione internazionale di salvataggio in mare, non Triton, ma magari una Mare Nostrum II, internazionalizzata, con mandato di salvataggio non di securitizzazione delle frontiere. Giovedì il Ministro Gentiloni andrà alla Camera a riferire sulla Libia. Si vuole fare in fretta, ma spesso e volentieri la fretta è cattiva consigliera.

Commenti

  • Claudio Nesti

    Un
    contributo approfondito ma molto “tecnico” che peralto cade in sofismi
    quali quello di chiamare l’isis con la sua traduzione in arabo ovvero
    dash ma che nulla cambia ne nella forma ne nella sostanza. Ma il punto
    chiave dell’articolo, che però passa come un inciso e su cui
    l’attenzione del lettore poco si sofferma, è tutto nelle parole: “Che
    quando si entra in un teatro di guerra è assai facile decidere di
    entrare, meno facile aver chiaro quando e come uscire” Ecco credo che il
    punto chiave e dirimente e sul quale noi di sel ci dovremmo esprimere
    con parole chiare e senza farraginosità sia proprio questo: come
    vogliamo che finisca una guerra che seppur causata da secoli
    di colonialismo ed imperialismo militare ed economico è tuttavia
    diventuta inevitabilele per fermare le
    devastazioni di chi utilizza le categorie razza, religione, genere,
    fisiognomica, diversità di ogni tipo per giustificare l’assassinio il
    genocidio e lo sterminio,. Siamo consapevoli del fatto che secoli di
    colonialismo e di imperialismo militare e sopratutto economico hanno
    devastato una parte di mondo che contiene miliardi di persone. Occorre
    pensare ad un “piano marshall” planetario in cui il “vittorioso
    occidente” anzichè chiedere i danni della guerra attuale paghi i danni
    della guerra di aggressione perpetua che dura da secoli, modificando
    radicalmente la dipendenza economica dei paesi interessati, che
    restituisca dignità, libertà, scolarizzazione, salute e tutto quello
    che rende la vita degna di essere vissuta. I sacchi di latte in polvere
    ed antibiotici, prodotti con i nostri scarti industriali, non servono.
    Occorre, prima di cadere in un medioevo dove invece delle balestre e
    delle catapulte ci sono i missili intercontinentali, cambiare registro,
    cambiare la storia, fare in modo che questa guerra faccia guerra ai
    motivi per cui la guerra esiste: povertà e disugualianza sociale.

  • Diego Verdegiglio

    C’era una famosa storiella di Totò. Raccontava di un estraneo che gli si era avvicinato per la strada chiamandolo Pasquale, insultandolo e coprendolo di schiaffi. E Totò rideva, pensando. “Voglio proprio vedere dove vuole arrivare questo idiota”. Quello lo colpiva e lui rideva. L’amico al quale raccontava la storiella gli chiese allora come mai non avesse reagito agli insulti e agli schiaffi e Totò rispose. “E che, so’ forse Pasquale io?”. Gli Italiani (soprattutto i 5 Stelle e Sel) mi sembrano tanti Totò. Gli islamisti ci insultano e ci minacciano e loro pensano “Voglio proprio vedere dove vogliono arrivare questi idioti”. Tanto – in attesa dei morti in Italia – si chiamiano forse Pasquale loro?

  • Guido Conti

    Verdegiglio mi pare uno che della serie armiamoci e partite…..parta lei e poi ci racconti come le sembra la guerra e cosa lascia dopo anche a tanti anni di distanza…..la aspetto qui mentre lei farà l’eroe alla magari Latorre e Girone….
    Buon viaggio!!!

  • massimo gaspari

    questo partito va fondato. io non condivido niente di come vendola con la sua aristocrazia gestisce questo partito. l’omosessualita’ e’ frutto del piu’ becero clericalismo. io non condivido qui ne l’estetica ne la falsa morale. io esigo un luogo della politica.non mi piace la dirigenza di siriza che osservo anarcoide e filoamericana quanto le altre dirigenze europee con cui gareggiano allo sfascio di una idea che fu. questi di isis sono squadroni della morte finanziati dagli americani. putin e’ un monarca ridicolo incapace di ogni comunismo. xi jimping e’ un craxiano a capo di una aristocrazia marcescente. il mondo e’ unipolare. l’america divide e impera e garantisce voce politica ai piu’ nefandi soggetti