Sei in: Home › Attualità › Notizie › Liguria, quando il petrolio non fa rima con sicurezza. E’ ora di cambiare modello di sviluppo
Mercoledì, 27 aprile 2016

Liguria, quando il petrolio non fa rima con sicurezza. E’ ora di cambiare modello di sviluppo

genova-sversamento-petrolio-2

Ci dicono che tutto è sempre in sicurezza. Ci dicono che siamo all’avanguardia nel settore dell’estrazione petrolifera, eppure la realtà dimostra quanto certe rassicurazioni, a volte, non siano sufficienti. A poche ore dalla chiusura delle urne del Referendum contro le trivelle (che il 17 aprile scorso non ha raggiunto il quorum sperato) arriva la notizia dai media nazionali che in Liguria, da un condotto dell’oleodotto Iplom di Busalla (Genova), è in corso uno sversamento di petrolio. L’attimo dopo scatta l’emergenza.

Dopo quello del 2012 quello avvenuto in questi giorni è il secondo sversamento di petrolio che si registra nell’area ligure genovese e il greggio, 550 tonnellate totali circa, ha macchiato di nero non solo i letti dei torrenti coinvolti ma, raggiungendo il mare alla foce del Polcevera davanti al molo Architetti, con 50 tonnellate ha messo in forte pericolo un raggio calcolato di circa 28 chilometri di costa scatenando molte preoccupazioni. L’esplosione del condotto sarebbe accaduta nella parte alta del rio Penego, che poi confluisce nel rio Fegino e fino al Polcevera che è il corso d’acqua tra i più importanti di Genova, ma ulteriori accertamenti cercheranno di far luce sulla vicenda.

L’impianto adesso è sotto sequestro della magistratura che si occuperà di stabilire l’accaduto e Alberto Landolfi, sostituto procuratore di Genova, ha aperto un’indagine a carico di ignoti per disastro colposo. Nel frattempo la produzione si interrompe e dal 6 maggio 240 lavoratori su 252 andranno in Cassa Integrazione a rotazione.

I tecnici sono stati operativi sin da subito per cercare di arginare la fuoriuscita del petrolio, e controllarne l’impatto, con ruspe, autospurgo, panne di assorbimento e il tutto sembra ad oggi sotto controllo, dopo una settimana di intense operazioni, con la Capitaneria di Porto che revoca lo stato di emergenza locale. In attesa del completamento del lavoro di bonifica che si rivelerà di certo lungo e complicato (la mancanza d’acqua nel letto nel rio Penego e in parte del Fegino ha fatto si che il petrolio potesse penetrare nel sottosuolo e gli alvei si imbevessero di greggio) in tanti si stanno interrogando sull’accaduto.

Rossella Muroni Presidentessa nazionale di Legambiente riferendosi al referendum dal Manifesto dichiara: “È quanto in queste settimane abbiamo cercato di spiegare agli italiani confusi da una martellante campagna di disinformazione che puntava sulla difesa dei posti di lavoro (centinaia) legati alle estrazioni petrolifere. Gli Ottimisti e Razionali (il comitato che invitava a votare no o ad astenersi) sin dal loro nome irridevano le preoccupazioni legate all’inquinamento e all’impatto delle estrazioni petrolifere. Ora tacciono. Estrazioni, trasporto, raffinazione sono tutte attività rischiose e che a questo punto della storia comportano più costi che benefici.”

Ad essere fortemente preoccupati sono infatti moltissimi sindaci e imprenditori balneari che data la forte attenzione mediatica dedicata all’accaduto temono ad oggi di perdere turisti magari spaventati dalle immagini delle chiazze oleose in mare. In pericolo, ricordano, è il lavoro che ha condotto le coste liguri ad ottenere negli anni 23 bandiere blu.

Ieri il ministro dell’ambiente Galletti sul luogo in Liguria e ha dichiarato: “Applicheremo la norma di disastro ambientale, chi inquina deve pagare”. Inoltre il ministro ha lanciato una riflessione sulle fonti fossili che il vice-presidente dell’Enpa (Ente nazionale protezione animali), e responsabile Enpa di Genova, Massimo Pigoni, ha subito commentato: “Prendiamo atto dell’esigenza avvertita dal ministro Galletti di aprire ‘una riflessione sulle fonti fossili’. Riteniamo tuttavia bizzarro che tale riflessione venga suggerita all’indomani del disastro del Polcevera e non sia stata invece proposta qualche settimana fa nel corso della campagna referendaria, quando avrebbe veramente potuto incidere sulle politiche energetiche del nostro Paese”

Marco Furfaro del Gruppo Operativo di Sinistra Italiana commenta: “A poche ore dalla fine del Referendum contro le trivelle abbiamo avuto una ulteriore dimostrazione di come quando si tenta di conciliare la parola “ambiente” a quella “petrolio” la parola “sicurezza” non è mai il collante giusto. Il referendum era l’occasione per cercare di dare un segnale di discontinuità rispetto ad un modello di sviluppo che non funziona più e 13 milioni di cittadini sono stati con noi alle urne e hanno espresso la loro volontà di cambiare. Certo adesso ovviamente dinnanzi la crisi di Genova anche il Ministro Galletti ha sentito l’esigenza di chiamare in causa le fonti fossili.  Ma mi domando se l’ipocrisia di questo Governo rispetto alla logica del petrolio e alla problematica dei cambiamenti climatici dopo tali dichiarazioni non risalti ancora di più agli occhi di tutti.”

 

Commenti