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Lunedì, 28 settembre 2015

Lo sciopero di cui nessuno parla tantomeno a sinistra

Brazil v Italy: Group B - FIFA U-20 Women's World Cup Japan 2012

Nel 1933 a Milano in via Stoppani 12 prese vita il Gruppo Femminile Calcistico. Le donne per la prima volta in Italia scendevano ufficialmente in campo giocando con delle sottane. La rapida diffusione di club femminili venne stroncata poco dopo dal CONI che vietò il calcio alle donne e dirottò le atlete su altri sport.

Sembra – ed è – un secolo fa ma il mondo del calcio, soprattutto quello giocato, rimane un santuario maschile e le istituzioni che dovrebbero favorire la partecipazione anche delle donne sono spesso inutili e talvolta dannose oggi come allora.

Sono passati solo pochi mesi dalle esternazioni omofobe di Belloli. “Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche” una frase becera ma al contempo una fotografia fedele della cronica assenza di investimenti economici e progettuali per questo settore sportivo. Ed infatti alla vigilia dell’inizio del campionato di SERIE A è concreta la minaccia di uno sciopero dal sindacato delle calciatrici.

Peccato non se ne sia praticamente accorto nessuno, la notizia è di giovedì ma non ha trovato nessuno spazio sui quotidiani cartacei ed ha avuto qualche eco solo sui siti di informazione online.

Del resto basta ricordare che sono circa 20.000 (compreso il settore giovanile) su oltre 1 milione le tesserate alla FIGC.

Del resto il calcio femminile è spesso una parentesi nella vita delle bambine che dura meno delle scuole elementari, perché trascorso il periodo dei cosiddetti “pulcini” in cui le squadre sono miste poi sono spesso costrette a cambiare sport.

Del resto per le calciatrici (come del resto per tutte le sportive italiane) non esiste il professionismo.

Del resto il calcio femminile è un’appendice di quello maschile ed è stato anche complicato completare il calendario della serie A vista la cronica mancanza di risorse.

Del resto i risultati in campo internazionale (e chi l’avrebbe mai detto con queste premesse) non arrivano e solo occasionalmente le nostre migliori calciatrici riescono ad avere una qualche visibilità.

Ci sono tante ragioni per cui la minaccia dello sciopero non ha fatto quasi nessuna breccia nell’opinione pubblica ma penso che siano quelle stesse ragioni a doverci spronare ad interessarci di quello sciopero e di quanto sottende.

Siamo e saremo solidali con le decisioni e le iniziative delle calciatrici non per amore degli sport minori o di nicchia ma perché è tempo che la politica e la sinistra tornino ad occuparsi a tutto tondo e per davvero dello sport, di tutti gli sport, inteso come grande occasione di socialità ed educazione. Una straordinaria leva di inclusione sociale che serve a scardinare muri e pregiudizi più e meglio di molti convegni per addetti ai lavori. Pensiamo all’educazione di genere ad esempio. Lo sport in genere e il calcio in particolare possono sovvertire gli stereotipi tradizionali e insegnare ai bambini e alle bambine che le opportunità nello sport e nella vita sono plurali e variegate.

Sarà anche perché, per qualche mese, sarò costretta a stare lontana dai pali della porta (che per altro e a differenza di tanti altri sport sono grandi come quelle del calcio maschile) ma questa notizia del possibile sciopero delle calciatrici mi ha ricordato che non esiste sinistra se non si occupa delle cose che coinvolgono le persone in carne ed ossa. Se la sinistra tornasse ad occuparsi del calcio potrebbe essere un gran bene per il calcio e pure per la sinistra. Chissà mai che tornino entrambi ad essere fatto di popolo e non mera questione da talk show e da pay tv.

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