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Martedì, 13 gennaio 2015

No alle preferenze: con i collegi uninominali più trasparenza per gli elettori e controllo degli eletti

urna

Legge elettorale: no ai nominati e al mercato delle preferenze. Non dimentichiamo che cosa ha comportato questo sistema in termini di scandali e cattiva gestione, come dimostra il caso di mafia capitale.
E’ quanto ho sostenuto nel mio intervento nella discussione generale sul ddl Riforme in corso al Senato.
Con le opportune modifiche il sistema dei collegi uninominali garantirebbe maggiore trasparenza per gli elettori, agevolerebbe forme di controllo permanente degli eletti rispetto al loro mandato e consentirebbe di analizzare i loro comportamenti e relazioni con i cittadini e con il tessuto civile, economico e sociale di un territorio.
Su un tema tanto delicato non possiamo tuttavia pensare di condurre un dibattito veloce, astratto e disarticolato dalle condizioni di gravissimo disagio in cui si trova il Paese. Dobbiamo rimettere al centro la questione morale, come sosteneva Berlinguer: non con taglio moralistico o a colpi di twitter, ma ponendo la capacità del sistema di rinnovarsi alla base della politica futura. Solo da questa catarsi potranno emergere figure politiche degne dell’autorevolezza necessaria a vincere la disaffezione dei cittadini verso la politica, capaci di riconnettere il tessuto sociale ed economico dell’Italia.

Commenti

  • Nicola

    Per niente d’accordo perché sono i collegi uninominali a comporre un parlamento di nominati. Sta ai partiti selezionare i candidati che li devono rappresentare come pensiero e idee politiche e non di interesse. Dunque è più logico, libero e democratico che siano gli elettori a scegliere da quale persona vogliono essere rappresentati.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Questa retorica dei collegi uninominali si basa sul nulla, e mi stupisce che anche Sel ci caschi. I collegi uninominali non permettono di scegliere un bel niente, ma anzi impongono un candidato unico per un dato collegio. Non ti va quel candidato? O te lo fai piacere, oppure voti per un altro partito che non è il tuo.
    Che è la stessa identica situazione delle liste bloccate, solo le preferenze garantiscono scelta al cittadino.
    L’obiezione che i sostenitori dell’uninominale fanno a questo discorso è che il candidato proposto nel collegio dovrebbe essere eletto dalle primarie, ma questo non fa che confermare la tesi, visto che semplicemente si spostano le preferenze dalla legge elettorale alle primarie. Con la differenza che la legge elettorale è legge dello Stato, il regolamento delle primarie è stabilito da un partito (sempre che quel partito le voglia fare), e sappiamo come è andata finire in molte occasioni.
    Allora, visto che da qualche parte ci vogliono, non sarebbe più logico e sensato includere le preferenze nella legge dello Stato invece che nel regolamento di fantomatiche primarie?

  • John Rawla Fan

    Oltre a sottoscrivere quanto nei due commenti precedenti, chiedo a Cervellini dov’era nel ’94, ’96 e 2001, quando si è votato con l’uninominale e si è assistito allo scandalo dei “collegi sicuri”, all’appiattimento sulle posizioni di un partito dominante e, soprattutto, alla limitata libertà di scelta per gli elettori. I modelli di riferimento di questo sistema sono i vituperati USA (caratterizzati da un endemico astensionismo, dovuto anche allo scarso assortimento) e UK (dove i liberaldemocratici sono stati ingiustamente penalizzati), complimenti (in senso ironico)! Certo, i difetti delle preferenze citati ci sono tutti, ma l’uninominale è anche peggio, perché con esso “gli scandali e la cattiva gestione” non sono certo cessati, ed in più è mancata la responsabilizzazione degli eletti nei confronti del corpo elettorale. Cosa che forse preoccupa Cervellini, visto che esprimendo simili posizioni, con le preferenze, certo non sarebbe rieletto in SEL. Questa linea, che spero non sia quella ufficiale di SEL, mi fa sospettare una strategia verticistica da parte dei suoi dirigenti, perché è in tale ottica che si inquadra l’uninominale, visto che comporta la caccia al “collegio sicuro” presso i vertici e non la ricerca del consenso presso la base; e per fugare o confermare questo mio sospetto, chiedo da quale dibattito interno sia scaturita la posizione riportata in questo articolo e come sia maturato il posizionamento di Cervellini nelle parti alte di una qualche lista.

  • ex/fatica/nemo

    sono d’accordo con te.
    l’uninominale era il cavallo di battaglia di Pannella, l’ho sempre combattuto e ritenuto poco democratico e il problema non riguarda l’oggi e sel, ma è strutturale: la difficoltà di permettere l’ingresso in parlamento di minoranze e di forze nuove (dato che l’elettorato tende sempre al “voto utile”) con conseguente ingessamento e slittamento forzoso al centro delle forze politiche dominanti.
    in più vedo anche ulteriori difetti, come il determinarsi di potentati personali uniti alla retorica della maggiore vicinanza fra elettore ed eletto – come poi possa determinarsi tale vicinanza in collegi di dimensioni medio grandi e in assenza di corpi intermedi capaci di veicolarla nessuno ce lo spiega, in perfetto stile “nazional popolare”.
    l’unico modo per avvicinare elettori ed eletti è avvicinare i partiti al territorio, creare sedi (sezioni…) e catene decisionali che coinvolgano realmente gli iscritti rendendo anche possibile uno scambio diretto o relativamente mediato fra le istanze della base e quelle dei vertici (nel PCI, per esempio, a livello territoriale, c’era la catena sezione-segretario-federazione che è relativamente breve e che permette – in assenza di distorsioni stalinistiche naturalmente…- un certo livello di interazione fra base e vertici, per tacere del fatto che i vertici erano eletti in congressi organizzati etc – in un sistema analogo le primarie sarebbero ridicole e superflue perchè i candidati potrebbero essere scelti direttamente dai territori con elezioni interni e congressi non con campagne elettorali…ma vabbe’)

    l’unico difetto del proporzionale è che non garantisce la governabilità (solo in determinate situazioni però… ) capisco che nella contingenza di certi passaggi storici si possano cercare dei correttivi, ma l’uninominale è la peggiore delle soluzioni (accetterei un doppio turno).

    c’è poi da dire che, per lo più, la questione della governabilità si risolve con dei governi di coalizione (che è quello cui stiamo assistendo, tra l’altro) – capisco che non sia la situazione ideale e che si voglia evitare un sistema che condanni a una coalizione centrodestra/centrosinistra perpetua, ma non credo che la soluzione sia nel sistema elettorale, sicuramente non nell’uninominale.

    anch’io sono sorpreso che a sinistra del PD e nella sinistra del PD vada per la maggiore questa ipotesi.
    ma c’è poco da fare, i tempi sono questi e per modificare certe cose ci vogliono decenni.

  • John Rawls Fan

    D’accordo su tutto salvo una precisazione: nemmeno l’uninominale garantisce la governabilità, come dimostrato dalle elezioni in UK nel 2010 in cui i liberaldemocratici sono riusciti a vincere in vari collegi, facendo in modo che ci fossero tre partiti alla Camera dei Comuni di cui nessuno con la maggioranza assoluta

  • lori massimo

    Il sistema uninominale è il meno democratico che esista.

    1) Non è vero che permette all’elettorato di scegliere il candidato, essendo quest’ultimo scelto dalle segreterie dei partiti in base a criteri di rispetto di equilibri interni fra correnti, clientele e potentati locali. Sulle primarie è meglio stendere un velo pietoso.
    Insomma l’elettore che si trova costretto a votare per un candidato imposto potrebbe, nel caso non sia di suo gradimento, votare per un altro partito, ma, diciamoci la verità, chi, ad esempio, volendo votare PD non lo fa per votare Forza Italia o Lega perché presentano candidati ai suoi occhi migliori?

    2) L’uninominale è l’unico sistema che in teoria può portare alla vittoria di una lista che a livello nazionale riporta meno voti rispetto ad un’altra (tutto dipende da quanti sono gli eletti nei singoli collegi e non dai voti complessivi su scala nazionale). In Gran Bretagna è accaduto nel passato che i laburisti, pur avendo complessivamente più voti dei conservatori uscissero sconfitti a causa dei criteri di ripartizione del collegi elettorali.

    3) L’uninominale avrebbe, forse, un senso in un sistema rigorosamente bipartitico o bipolare, ma questa ormai non è la realtà del nostro paese (per il quale, a stento, si può parlare di tripartitismo). Ne consegue che in teoria (ma poi nemmeno tanto) potrebbe verificarsi un risultato elettorale di questo tipo: 30% PD, 30% FI e 30% M5S,con buona pace della governabilità che l’uninominale garantirebbe.

    4) Con l’uninominale i partiti minori che non si coalizzano (ed allo stato attuale mi sembra sia il caso di SEL) rischiano di rimanere totalmente fuori dalla rappresentanza parlamentare.

  • Andrea Raggi

    L’uninominale è l’unico sistema che permetta di eleggere il tuo deputato e sapere il nome e cognome del rappresentante nel tuo collegio e sapere cosa fa e come si comporta. In tutti gli altri sistemi non si sa chi ci rappresenta e cosa combina, oltre al fatto che può cambiare partito e nessuno lo controlla.. Con l’uninominale il ricambio di elezione in elezione c’è. Se volete ancora le persone scelte dai partiti, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti

  • http://cat-so-infelix.blogspot.com/ Cat zu Felics

    Collegi uninominali?
    Che notoriamente distruggono le piccole liste a vantaggio delle maggiori?
    Un partito da 3% che vuole l’Uninominale è davvero la vacca che vota per il macellaio!