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Giovedì, 25 settembre 2014

Nunzio D’Erme, un arresto sopratutto preventivo o dissuasivo?

nunzio d'erme

L’arresto di Nunzio D’Erme, popolare figura di attivista della sinistra romana, costituisce un fatto allarmante da molti punti di vista, a cominciare dal sotteso profilo giuridico del provvedimento. L’accusa a D’Erme (e a Marco Bucci, esponente del centro sociale Spartaco, giovane neo laureato incensurato, “colpevole” di “resistenza passiva”) è di aver partecipato nel maggio scorso a uno scontro con esponenti di Militia Christi (gruppo di attivisti di estrema destra), nel quartiere romano di Cinecittà. I fatti sono avvenuti in occasione di un’iniziativa del X Municipio – cioè di una sede istituzionale, preposta in quanto tale anche al libero confronto delle idee e delle proposte – sui temi dell’omofobia. Contro l’appuntamento Militia Christi, aveva annunciato via Internet un presidio. Non proprio un atto di gradimento dell’iniziativa del Municipio.

Non è chiaro né è stato chiarito formalmente alcunché delle dinamiche, dei tafferugli, dei fatti concreti e delle responsabilità dirette di chi e per che cosa i tafferugli siano avvenuti. In ogni caso si è trattato di un episodio che non ha avuto effetti traumatici sulla capitale, che possiamo definire “minore”, ormai abbastanza lontano nel tempo, tirato fuori all’apparenza inopinatamente ma forse invece non inopinatamente.

Spesso le dinamiche che più pesano nelle trasformazioni politiche e culturali negative di un Paese o di una fase storica sono quelle della quotidianità, le routine burocratiche che all’apparenza vanno avanti in automatico e invece non è così, l’adempimento di atti dovuti che dal dovuto scivolano nell’arbitrario e nessuno se ne accorge o finge di non accorgersene.

L’arresto di Nunzio D’Erme sembra rientrare in questa logica perversa, che in verità in Italia in vari periodi e in vari gradi di intensità, ha avuto modo di manifestarsi, ma oggi è particolarmente insidiosa, per il clima che viviamo, per il diffuso soggiacere dell’opinione pubblica al grande clamore mediatico, che tende a far accettare come normale ciò che non è affatto normale.

La gestione della crisi ha le sue regole – preoccupanti – e i suoi costi – pesanti – in termini di democrazia.

Un arresto allestito e messo in atto nei modi in cui è stato eseguito quello di Nunzio D’Erme non può essere accettato come prassi ordinaria e legittima. Lo si avvisi che è indagato, se così devono stare le cose, gli si renda noto per che cosa, e si proceda, se si ritiene necessario procedere, per chiarire fatti e contestazioni. Ma il ricorso all’arresto non può essere accettato. L’arresto deve rimanere sempre misura estrema e eccezionale, strettamente circoscritta, almeno come la legge prescrive. E come purtroppo non avviene da noi, e sul piano giuridico questo aspetto è già un’angolazione da cui considerare molto negativamente la vicenda di Nunzio D’Erme e di Marco Bucci (quest’ultimo agli arresti domiciliari).

In un momento come l’attuale, in cui nel nostro Paese si è riaperto il dibattito sulla giustizia e tutti si scoprono garantisti e invocano grandi svolte in questa direzione, le ragioni e le modalità dell’arresto di Nunzio D’Erme, dovrebbero allarmare tutti quelli che pensano che le cose debbano andare secondo una misura giusta e di buon senso della giustizia. Perché – dovrebbe essere chiarito come primo punto nel dibattito sulla giustizia penale – il garantismo non è somministrabile a dosi. A te sì perché sei della mia parrocchia, a te no perché sei di un’altra o non ti conosco proprio. Oppure a te sì perché sei ricco e protetto, a te no perché sei un poveraccio allo sbaraglio. Esiste il rischio che sulla sacrosanta battaglia del garantismo si possa consolidare il doppio binario, a vari livelli, del chi è garantito – per soldi, amici potenti, potere, politica – e chi no – per non godere di quei benefici. E’ nelle cose, basti guardare lo stato delle carceri italiane. E basti guardare anche come i grandi temi della corruzione – su cui da tutte le parti è stato costruito uno dei più poderosi mantra salvifici del Paese – continuano a essere trattati, a cominciare dal depotenziamento del provvedimento contro dell’auto-riciclaggio che è di questi giorni. Al contrario di quanto il Guardasigilli Andrea Orlando, dalla tribuna delle Camere penali, riunite in congresso pochi giorni fa, aveva assicurato, la solita, purtroppo prvedibile marcia indietro è avvenuta. Le pressioni di Ncd, Forza Italia, lobbies e interessi di ogni tipo hanno avuto la meglio, con ridimensionamenti di ogni tipo del reato.

E il doppio binario si alimenta anche lasciando passare in cavalleria fatti come l’arresto di un attivista politico “scomodo”, come da molti è considerato Nunzio D’Erme, e per fatti che appaiono minori e lontani da ciò che di più pesa sulla vita “degli italiani”, secondo la sgradevole formula populista che impazza, e che non destano interesse.

D’Erme è un esponente della sinistra antagonista romana, protagonista di mille iniziative con al centro le questioni sociali, il diritto all’abitare, la solidarietà con i migranti. Viene da una sinistra dura e combattiva, che non ha mai fatto sconti a nessuno, ma si è misurato seriamente anche con le istituzioni, negli anni in cui è stato consigliere comunale come indipendente per il Prc al Campidoglio, dove ha portato gli stessi temi e la stessa determinazione delle sue battaglie quotidiane. L’arresto per fatti risalenti a cinque mesi fa, e soprattutto in ragione del fatto che, come si legge nel comunicato della Questura, Nunzio D’Erme “per la sua notorietà e la capacità dimostrata di mobilitare le persone”, potrebbe, secondo il Gip, “inquinare le prove”, è fuori da ogni logica giuridica. Assomiglia a un giudizio di negatività etica: il carisma a servizio del male, dell’illegalità. Ci sarebbe di ridere, se i tempi non fossero quelli che sono. La formula è invece solo allarmante.

Le prove di che cosa possono essere inquinate? E se esisteva questo assillo, perché lasciare passare tanto tempo? D’Erme ha un indirizzo, è noto, reperibile.

Ma forse più che un’abilità a manomettere le prove, si teme la sua capacità a organizzare il conflitto e la mobilitazione. In vista di temute nuove tensioni, che l’inasprimento delle politiche sociali da parte del governo o le ristrettezze di quelle dell’amministrazione capitolina possono provocare e che in Nunzio D’Erme possono trovare un riferimento, si ricorre alla deterrenza del penale. Un arresto soprattutto preventivo o dissuasivo? Non ci sarebbe proprio nulla di nuovo. Ma anche per questo un arresto connotato politicamente e socialmente, quindi da far decadere al più presto, anzi subito.

 

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