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Venerdì, 11 settembre 2015

Ripartiamo da valori e contenuti per aprire presto e bene la Costituente del nuovo soggetto a sinistra

Il processo di creazione di una nuova soggettività organizzata di sinistra ci pare purtroppo stia segnando pesantemente il passo. L’impressione che sta prendendo campo nella nostra comunità politica e nell’opinione esterna di settori a noi vicini e con cui abbiamo relazioni politiche consolidate  è  che l’obiettivo che sembrava a portata di mano all’inizio dell’estate rischia di diventare una ennesima occasione perduta.
In questo ultimo periodo ciascuno dei soggetti potenzialmente interessati  sembra essersi rinchiuso in se stesso a coltivare le proprie specificità e peculiarità. La visione di un’area a sinistra del Pd composta da soggetti frammentati e perfino litigiosi, spesso per motivi non facilmente comprensibili ai non addetti ai lavori, rischia di essere molto concreta. Questo vale  al di là di quello che sui media viene rappresentato, in modo magari malevolo da chi ci vorrebbe fare sparire o rendere marginali nello scenario politico italiano.
Secondo noi occorre contrastare questa deriva, tornando nella discussione fra noi, anche nelle forme pubbliche,  a quando avevamo approvato in modo unanime all’Assemblea Nazionale dell’11 luglio scorso.
Sel si è messa in gioco, e non è assolutamente realistico pensare che possa tornare al punto di partenza, accontentandosi di qualche cambiamento di immagine o puramente simbolica.
La partita è cominciata e dobbiamo giocarla fino in fondo, anche se si sono fatte più difficili le condizioni del campo.
Fra queste non ci sono solo le difficoltà di rapporto nella sinistra italiana, ma questioni di fondo che riguardano ciò che è accaduto in Grecia dopo il referendum, con il relativo travaglio di Syriza e le difficili scelte affrontate da Tsipras, piuttosto che le difficoltà di tutta la sinistra in Europa rispetto a come rapportarsi ai cambiamenti non semplici portati dalle epocali ondate migratorie di queste settimane, che ci imporrebbero come minimo di aggiornare la nostra analisi.
La prima condizione per tornare a dettare un’agenda in positivo secondo noi è quella di disincagliare il dibattito attuale da due elementi critici che lo appesantiscono e gli impediscono di fare passi avanti.
Ci riferiamo alla raccolta firme dei referendum organizzata da Civati con il nuovo movimento Possibile, che è divenuta fonte di polemica e di incomprensione oltre forse le previsioni, e soprattutto alla questione della modalità di presentazione alle elezioni amministrative, che si dibatte peraltro tutta e soltanto dentro Sel
E’ chiaro che questi problemi non sono nati a caso, e non siamo così ingenui da non sapere dove affondano le loro radici: tuttavia riteniamo comunque che non debbano essere considerati centrali né prioritari, come è stato in questo recente periodo, perché rischiano di compromettere o comunque danneggiare il progetto nuovo e unitario a cui teniamo.

1)    Referendum.

La critica al metodo e, per alcuni quesiti, anche al merito dei referendum da parte del gruppo dirigente nazionale di SEL era pienamente fondata,  e noi l’abbiamo condivisa a suo tempo. Oggi però avvertiamo la necessità, anche sollecitati in questo dai segnali dal territorio che ci pervengono e a cui riteniamo giusto dare risposta, che si faccia da parte di Sel qualche gesto di apertura, senza sconfessare la nostra posizione originaria, ma  togliendo alibi ad una contrapposizione sterile.

Pensiamo  sarebbe importante una presa di posizione di Sel  che, nel confermare le nostre motivazioni a favore di un iter referendario che avrebbe dovuto essere a suo tempo più condiviso, in particolare coi soggetti sociali, e con tempi più realistici per la raccolta delle firme, nello stesso tempo, per solidarietà politica e anche simbolica, porti alla firma di tutti o almeno alcuni quesiti (ad.es. quelli ambientali) da parte del gruppo dirigente e dei nostri esponenti istituzionali più significativi, anche nei territori.

2)    Elezioni amministrative

Siamo convinti che le alleanze nelle amministrative non possano costituire la cartina al tornasole del profilo del nuovo soggetto politico, e che sia frutto di una fragilità della nostra fisionomia considerarle tali. Non è questo il punto dirimente su cui dobbiamo misurare la nuova formazione politica e su cui dobbiamo aprire il dibattito in autunno.

E’ legittimo che SEL si interroghi ed abbia una dialettica ed una posizione su questo punto, ma se resta fermo l’obiettivo di presentarsi con un simbolo unico è evidente che andrebbero costruite anche le sedi unitarie a sinistra in cui confrontarsi, e dovrebbero nascere prima di tutto a livello nazionale per potersi a cascata riprodurre anche in sede locale, oltre che per definire una almeno tendenziale linea politica su cui ragionare. In particolare il voto nelle grandi città ha senza dubbio anche una forte valenza politica nazionale, oltre a quella di governo locale.

Fra qualche elemento critico nella discussione  apparsa sui giornali, che ci è apparsa a tratti molto politicista a dire il vero, ne identifichiamo alcuni:

–    Il minore radicamento di Sel porta in questa fase in parte alla sua identificazione, anche nell’immaginario, con le sue posizioni di governo locale, certamente da valorizzare per la cultura di “sinistra di governo” prodotte, ma che non possono sostituire il ruolo autonomo di un partito, come abbiamo imparato anche duramente dalle esperienze del passato.

–    Ricorrere da parte di alcuni  al vecchio apparato concettuale dei tempi del centrosinistra di Italia Bene Comune non è sostenibile. Siamo in una fase completamente diversa da tempo. Il centrosinistra a livello nazionale  non esiste più, il Pd si colloca sempre più al centro dello schieramento politico, noi veniamo da più di un anno di opposizione netta al governo Renzi. Pensare che tutto questo non influisca in qualche modo sulle amministrative non è realistico.

–    D’altra parte ritenere che basti misurare la nostra distanza dal PD per occupare uno “spazio politico” porta, come nel caso di Civati ma non solo, a posizioni schematiche che sembrano a volte prescindere da valutazioni di merito e non a lavorare in ogni caso prioritariamente alla costruzione di una piattaforma programmatica credibile di alternativa, su cui lanciare la sfida e ricercare il consenso degli elettori.

A livello nazionale ci sembrano più forti due opzioni possibili, su cui si dovrebbe ragionare a tempo debito e, ribadiamo, non solo all’interno di SEL:

–     Indicare la scelta “del caso per caso” sulle alleanze locali, secondo ragionamenti di merito rispetto alle amministrazioni, ai candidati sindaci, ai rapporti con il PD e le altre forze politiche. In ogni caso presentandosi egualmente con un unico simbolo comune in tutta Italia, almeno per le grandi città.
–    Oppure sostenere una tendenziale presentazione autonoma dal PD del nuovo soggetto politico “in costruzione”,  salvo eccezioni (ad.es. Milano e Cagliari), fondate su condizioni in cui si possa riproporre un centrosinistra “avanzato”, cioè in cui la sinistra e il civismo/cittadinanza attiva possano avere un ruolo significativo e non ancillare al PD.

Una presentazione generalizzata con il Pd come prima opzione in campo non è comunque coerente con le nostre scelte politiche attuali, determinate dal giudizio fortemente negativo sull’operato di Renzi.

Detto questo,  dobbiamo invece fare  con urgenza quello che ci eravamo ripromessi: un manifesto programmatico che a partire dalle urgenze del presente (l’Europa, le guerre, l’esodo dei profughi, il lavoro, l’ambiente, la scuola) faccia proposte che rendano evidente che una politica di sinistra non solo è possibile,  ma è la sola che possa portare più giustizia ed uguaglianza nel continente europeo.

E’ dai contenuti che nasce il senso e la funzione del partito della sinistra italiana che vogliamo fare.
Dobbiamo coinvolgere al massimo, con i metodi e gli strumenti tradizionali e con quelli offerti dalle nuove tecnologie digitali, la grande platea della sinistra diffusa, oggi delusa e demotivata.

Per farlo sarebbe molto importante avere il sostegno di quegli intellettuali che hanno sempre accompagnato la sinistra nei momenti cruciali della storia del nostro Paese e da tempo si sono allontanati dalla politica e dall’impegno civile, perché ormai pensano di essere di fronte a una battaglia persa.

Dobbiamo coinvolgere i soggetti politici e sociali a noi vicini, inclusa la Coalizione Sociale di Landini,  con un processo “dall’alto e dal basso”, cercando di sgomberare il campo dalle diffidenze e asperità reciproche e dai personalismi presenti a volte nei gruppi dirigenti. Bisogna chiedere a tutti, partendo da noi di SEL a ogni livello, atti di apertura e di generosità, nonché la disponibilità effettiva ad abbandonare sicure retrovie e vecchie (o nuove) rendite di posizione.

Sappiamo benissimo che tutto ciò è più facile a dirsi che a realizzarsi in pratica, per mille motivi anche umani e comprensibili, ma chiediamo, per evitare il rischio di un nostro possibile e progressivo “sfarinamento”, che il gruppo dirigente nazionale si impegni a definire un percorso realistico, al di là della definizione dell’evento nazionale previsto per la prima settimana di novembre, di cui ci piacerebbe in ogni caso condividere l’impostazione fin da subito. Se gli ostacoli sono tanti si possono prevedere tappe parziali e intermedie. L’importante è che ci si metta subito in cammino verso una meta condivisa.

La Liguria può dare un contributo a questo percorso attraverso Rete a Sinistra, il soggetto con cui ci siamo presentati alle regionali, che oggi ha un suo gruppo in Regione e che vogliamo allargare e radicare nel nostro territorio. Lo consideriamo una possibile forma di anticipazione locale del futuro partito. Lo mettiamo a disposizione del dibattito nazionale per affrontare temi programmatici di portata generale e per facilitare il confronto. Rete a Sinistra è nata oltre un anno fa per mettere in connessione in un laboratorio politico pratiche di confronto e di elaborazione concreta di temi e campagne fra soggetti della sinistra politica sociale e associativa, fra cui l’allora Area Civati nel Pd, PRC, SEL, LeftLab, ARCI, Comunità di San Benedetto ed altre soggettività e competenze che si sono aggiunte nella fase elettorale. A dimostrazione che può non esserci la contrapposizione fra coalizioni sociali e soggettività politiche che ci viene riproposta spesso come un dato di fatto (e non lo è).

In questo noi come gruppo dirigente regionale di Sel siamo a disposizione, coi nostri limiti e potenzialità, per contribuire a promuovere nei nostri territori appuntamenti aperti e fortemente caratterizzati sui temi e i contenuti, promossi anche insieme a SEL Nazionale:ad esempio sulle grandi questioni dell’ambientalismo, cruciali per una nuova sinistra da costruire su una visione del mondo e di quale modello di sviluppo, oltre che per il nostro Paese e per la Liguria.

La nostra piccola comunità politica in questi anni ha messo via un patrimonio di esperienze ed elaborazione politica importante. Ma dobbiamo guardare avanti, senza rimpianti. Quel patrimonio lo dobbiamo portare nel futuro come un arricchimento di un progetto nuovo e più vasto, con una forte capacità di innovazione della sinistra.

Senza frenate o ripensamenti sulla direzione di marcia intrapresa con l’Assemblea dell’11 luglio.  Al di là delle possibili opinioni differenti al nostro interno su questa o quella scelta del passato rispetto all’organizzazione e al radicamento di SEL come partito, oggi proprio non sarebbero più comprensibili.

Senza frontiere, per davvero.

Coordinamento Regionale SEL Liguria

Commenti

  • spartaco innocenzi

    Documento condivisibile anche se:
    1) – E’ stato un madornale errore non partecipare fattivamente alla raccolta delle firme referendarie.Poteva essere un primo contatto di lavoro propedeutico alla fase costituente.Molti compagni oltre che firmare,invitano a farlo.
    2) – Dall’assemblea nazionale di Luglio sono state organizzate pochissime manifestazioni unitarie sul territorio nazionale senza considerare che la festa nazionale di Sel (o unitaria) non ha avuto luogo.
    3) – Credo che sia giunta l’ora di tagliare il cordone ombelicare dal PD.Lo abbiamo inseguito per quasi cinque anni il cui risultato è sotto gli occhi di tutti.La mancanza di autonomia politica l’abbiamo pagata a caro prezzo con la perdita di tesserati nonché con la disaffezione di molti compagni rifugiatesi nell’astensione o votando M5S.
    Mi auguro che la lezione sia servita.
    Cordialmente

  • Daniele

    Davvero una bella e articolata riflessione. Grazie compagni!