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Giovedì, 17 aprile 2014

Scommettiamo che anche stavolta nel Consiglio dei Ministri non succede niente?

“Tagli agli stipendi di toghe e docenti”, “Taglio detrazioni sopra i 55 mila euro”, “Tagli sul Colle, Camera e Consulta”, “Tassa sugli stipendi”, “Coperture col canone della Rai”. Fermiamoci qui. I titoli dei diversi giornali si riferiscono, l’avrete capito, allo stesso soggetto: gli 80 euro che Renzi ha annunciato nelle buste paga di fine maggio. E’ vero che non è stato specificato l’anno, ma si suppone che lo stilnovista fiorentino avesse in mente il maggio di quest’anno in corso, dunque tra un mese.

Facciamo un breve riassunto della questione che è nota (nelle famiglie, nei bar, nelle televisioni non si parla d’altro da settimane) e al tempo stesso oscura, oscurissima. Così tremendamente oscura da gettare luce, cioè da essere rivelatrice, del nuovo corso del governo italico. Tutto comincia poco più di un mese fa. Finisce il Consiglio dei Ministri e si passa alla conferenza stampa. Di fronte ai giornalisti il Presidente del Consiglio, il suo sottosegretario Del Rio, il ministro dell’Economia Paodan. Il primo parla e illustra, il secondo guarda fisso nel vuoto, il terzo se ne sta in un angolo intristito.

Oggi, a posteriori, si può dire che questa vicenda è già tutta chiara in quell’istantanea che fissa i caratteri e gli stili dei tre personaggi. Se fossimo vignettisti metteremmo sopra le tre testoline un cerchio con dentro una frase e dei puntini di sospensione a indicare, come nei fumetti di Tex Willer, non quello che dicono bensì quello che pensano intimamente. Sopra la testolina di Renzi la frase sarebbe: “Gente, qui adesso me la devo giocare tutta, io ballo con le europee”. Su quella di Del Rio andrebbe scritto: ” Ragassòlo, va bè correre veloce, ma qui ci sta che prima o poi si deraglia”. Quella di Padoan invece farebbe così: “Pensare che ho passato notti a studiare Kalecki e da giovane ho lasciato una fidanzata per rovistare da cima a fondo il pensiero di Keynes. Che ci faccio io qui?”.

A microfoni aperti il premier cala la sua carta vincente: nella busta paga di maggio 10 milioni di italiani, quelli che hanno un reddito lordo fino a 25 mila euro annui (cioè 1500 euro al mese) si ritroveranno 80 euro al mese in più. Significa mille euro l’anno. Il premier condisce il suo piatto con due ingredienti. Il primo è economico, va da sé: bisogna far ripartire la domanda, puntare sui consumi e per farlo si deve agire sul reddito. Il secondo politico: stavolta incassano i cittadini, è una misura di equità sociale che non si vedeva da anni. Direte voi quello che diciamo noi: come dargli torto, ben venga, è un primo passo. Certo lascia fuori i pensionati, chi non ha reddito; ma è un segnale nuovo, incoraggiamolo. Poi un giornalista (della stampa estera?) chiede: e i soldi dove li trovate? Già, stavamo giusto facendo qualche conticino di quante bollette arretrate potevamo onorare a giugno che questo particolare non l’avevamo colto. Ma il Renzi è pronto, è veloce, è sicuro: lo diremo quando presenteremo il Def (documento di Economia e Finanza) che Padoan sta preparando, è la risposta. La testolina del ministro dell’Economia si reclina ancor di più fino al punto di uscire del tutto dagli schermi. Del Rio abbassa lo sguardo ritroso.

Nei giorni successivi la mossa si dimostra mediaticamente, e dunque sondaggisticamente, vincente. Non si parla d’altro e il PD sale nei consensi. Poi qualche sera dopo Renzi va a Ballarò, illustra con la sua invisibile bacchetta magica gli effetti della sua imprevedibile mossa e quando, dopo averlo lasciato parlare alla maniera dell’Ulisse di Joyce (metodo del flusso ininterrotto di coscienza), gli viene posta la domanda vera risponde testualmente: «Nessun problema per le coperture, sono già più del doppio di quelle che servirebbero, quindi non è un problema, va solo scelto dove metterle, come e quando». Avevamo avuto fino a lì qualche titubanza, ma dopo questa sicurezza del primo degli italiani, siamo tornati fiduciosi ai nostri conti circa le bollette arretrate.

Passa qualche giorno ancora ed ecco che Padoan ha pronto il Def. Si legge il testo, lo si riguarda: ohibò, e le coperture dei miei 80 euro? Nel Consiglio dei Ministri di Pasqua, ritranquillizza il premier. Chi non manda messaggi rassicuranti è invece il presidente dell’Istat e con lui i vertici della Banca d’Italia e della Corte dei Conti che vanno non dai giornalisti ma in Parlamento a dire che quella delle coperture è una questione seria. E irrisolta. Forse anche, dati i barili da cui si sta raschiando, irrisolvibile. Questo spiega, a ragione, i titoli dei giornali riportati all’inizio di questo raccontino italiano. Se due più due fa ancora quattro ciò vuol dire una cosa semplice e grave: che si è fatto un annuncio di tipo elettorale su una materia sensibile che intacca il dolore sociale di chi ha l’incubo della spesa quotidiana per campare.

A poche ore dal primo decreto finalmente scritto, nero su bianco, le più svariate ipotesi sulle coperture sono ancora tutte aperte ed è probabile che quelle indicate risulteranno, diciamo così per intenderci, finte: ridurre ancora gli stipendi ai manager (aumentandone al contempo le buonuscite per recuperare il maltolto a questi nostri salvatori della patria), sforbiciare quà e là la sanità, qualche detrazione IRPEF al ceto medio, cose così. La verifica ci sarà, esattamente con le buste paga del 27 maggio, lì vedremo. Intanto da 80 gli euro sono 60, forse di meno. Ma il 27 maggio, cade due giorni dopo il 25 maggio, giorno delle elezioni. E la memoria degli italiani, si sa, è corta, sempre più corta. Tranne quella, di qualità svizzera, degli esattori delle nostre bollette.

 

Commenti

  • Dario

    Ottimo articolo. Soprattutto la fine deve indurre a riflettere: indipendentemente dalle proposte (che, a meno di eventuali imbrogli che potremmo realisticamente scoprire, seppur lacunose per una volta non fanno danni), non abbiamo alcuna garanzia sulla loro effettiva realizzazione o stravolgimento. Tanto, gli Italiani voteranno Renzi alle europee stravincerà: su quello che sta facendo e che ha intenzione di fare, beh nessuno riflette (ma poi a protestare ci vanno anche quegli italiani, quasi tutti, che son maestri dell’autodisinformazione).
    Se tutti si lamentano, i giovani in particolare, perché poi li votano?