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Lunedì, 11 luglio 2016

Smoking gun per fare la guerra: le menzogne di Tony Blair

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Nei giorni scorsi, nel Regno Unito, è stato reso pubblico il rapporto che la commissione d’inchiesta della House of Commons, presieduta da John Chilcot, ha stilato sulla partecipazione britannica alla guerra in Iraq del 2003. Il lavoro d’indagine è durato ben sette anni, e, alla fine, le cose messe nere su bianco dalla commissione confermano quanto già si sapeva, quanto già era emerso in quei mesi cruciali e quanto molti di noi denunciarono nelle aule del Parlamento e gridarono nelle piazze. Una sterminata manifestazione contro la guerra – e contro la partecipazione italiana voluta dal governo Berlusconi – si svolse a Roma, al punto che si parlò allora del movimento pacifista come della seconda grande potenza.  Anche in Gran Bretagna l’opposizione all’avventurismo bellico del premier laburista Tony Blair fu forte e l’istituzione di una commissione parlamentare è stata anche il frutto di quell’ostilità popolare alla guerra.

Fu una decisione di estrema gravità, ha spiegato Chilcot presentando il rapporto, non giustificata da prove convincenti sul reale pericolo che Saddam Hussein avesse intenzione di ricorrere alle famigerate “armi di distruzione di massa”, né, soprattutto, che il regime ne fosse dotato o avesse avviato piani in tal senso. Il pericolo incombente delle armi di distruzione di massa fu la gigantesca bugia intorno a cui George W. Bush e Tony Blair costruirono la propaganda a sostegno e ricerca di legittimazione della loro avventura. Vale la pena oggi, alla luce del lavoro d’inchiesta  parlamentare, che finalmente ha veduto la luce in Gran Bretagna, ricordare che in primis la Casa Bianca si era esercita da tempo a costruire false piste e false documentazioni, intorno ai supposti arsenali bellici dell’Iraq. Tutto pur di giustificare l’intervento militare, tutto pur di trovare la famosa smoking gun – la pistola fumante- che avrebbe inchiodato il rais di Bagdad e persuaso le Nazioni Unite che le cose stavano come loro dicevano. Un castello di menzogne per giustificare una guerra, che nella strategia del presidente Bush, avrebbe dovuto far avanzare, nel mondo globalizzato, un nuovo ordine mondiale a guida americana e che in Tony Blair trovò un alleato all’altezza delle sue menzogne.

Sembra oggi un’altra epoca, ma, nonostante il tempo trascorso, il rapporto della House of Commons, per l’autorevolezza dell’istituzione che l’ha prodotta e perché viene da un Paese che ebbe grandi responsabilità nella vicenda, assume un forte significato di attualità politica.  Sull’epoca che viviamo, pesano ancora enormemente le conseguenze delle guerre di Bush, a partire dalla diffusione e dal salto di qualità del terrorismo jiahdista, e per il disastro umano che ha investito le popolazioni di quei territori e di cui continuamente parlano i feroci attentati terroristici contro i civili, soprattutto donne e bambini, spesso in luoghi di domestica socialità come i mercati.

Chilcot non ha fatto sconti all’ex premier britannico. Delle armi non c’era nessuna certezza, ma neanche indizi, come la Commissione dell’Onu inviata in Iraq prima dell’attacco a Bagdad appurò e scrisse nella relazione finale a rendiconto dei suoi lavori. E come i fatti poi dimostrarono, perché quelle armi non furono mai trovate. Inoltre Chilcot  ha messo in luce il punto essenziale del dopo Saddam. Anche da parte del governo britannico, oltre che della Casa Bianca, non ci fu consapevolezza alcuna delle conseguenze nefaste che la guerra avrebbe provocato. I fautori della guerra  non pianificarono in nessun modo il dopo Saddam e tutto fu lasciato nelle mani di una inconsistente repubblica, subentrata, come protettorato statunitense, nelle mani della parte sciita del Paese, che Saddam Hussein aveva represso spesso in modo brutale. Furono rovesciati i rapporti di forza con i sunniti, vera e propria colonna portante del regime di Saddam Hussein, e buttato fuori da ogni ruolo pubblico, a partire dalle forze armate, il partito Baath, che quel regime aveva costruito rappresentato ed espresso. Il dopo Saddam andò così a parti rovesciate, rispetto alla prima, con l’estromissione e ghettizzazione delle antiche élites sunnite e la conseguente totale ingovernabilità del cosiddetto “triangolo sunnita”, cioè di quelle città del nord dell’Iraq – Ramadi Falluja Mosul – dove – ed è l’attualità – ha trovato radici Daesh, lo Stato islamico, sull’onda del contiguo disastro in Siria. Per Chilcot era possibile prevedere il caos che sarebbe seguito alla guerra e che tutti gli obiettivi di sicurezza propagandati sarebbero falliti.

La missione di “liberare” l’Iraq dal dittatore si è rivelata un disastro umano – tra 600 mila e un milione di morti iracheni – e geopolitico,  con gli effetti di un terrorismo globale che arrivano fin nel cuore dell’Europa. Questa la realtà che ci coinvolge direttamente, come gli attentati terroristici in Europa dimostrano.

L’esito del rapporto ha inchiodato Tony Blair alle sue responsabilità. Aveva promesso a Bush, molto prima che prendesse consistenza il piano di guerra, che lo avrebbe seguito “ a tutti i costi”. Lui si è detto pentito, giustificandosi con la spiegazione di aver fatto le sue scelte senza immaginare come sarebbe ad andata a finire. Ennesima dimostrazione della crisi delle élites politiche europee, della loro insipienza e incapacità di assumersi le responsabilità di quello che fanno. Brexit conferma e amplifica la portata della crisi. Che è soprattutto della politica maschile, mi piace sottolineare, visto che sono soprattutto a occupare gran parte dei luoghi decisivi del potere pubblico.

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